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ITF Becker, in Lombardia nuovo approccio terapeutico alla distrofia di Becker
In Lombardia si sta facendo delle sperimentazione per trattare una malattia genetica rara e ancora poco conosciuta come la distrofia di Becker
ITF Becker, in Lombardia nuovo approccio terapeutico alla distrofia di Becker
Avete mai sentito parlare di distrofia di Becker? È una malattia rara caratterizzata da problemi motori, respiratori e cardiaci. Per darvi un ordine di idee, si parla di 200 persone colpite in Lombardia, di circa 1.400 in Italia e di 40 mila nel mondo. Pochi, ma non pochissimi. La distrofia di Becker (DMB), come la più nota distrofia di Duchenne, ha origini genetiche, è causata cioè dalla mutazione di un gene, quello che produce la distrofina, una proteina fondamentale per la stabilità del tessuto muscolare. Nella distrofia di Becker la muscolatura viene gradualmente sostituita da tessuto adiposo e connettivo, portando a problemi di deambulazione, ma anche respiratori e cardiaci, perché sia l’apparato respiratorio che cardiaco hanno un’importante componente muscolare. Questa malattia ha costi sociali elevatissimi: per ogni paziente con DMB si calcola infatti una spesa di 40 mila euro l’anno, cifra che comprende le spese sanitarie, quelle mediche dei servizi di riabilitazione e degli ausili medici, i costi indiretti causati dalla perdita di produttività e dall’assenteismo dei pazienti e di chi si prende cura di loro. Nella sola Lombardia la spesa è di 8 milioni l’anno, che raggiungono i 56 milioni a livello nazionale.
Per la distrofia di Becker attualmente non esiste una cura, né una terapia o un farmaco specifico. Gli studi e le ricerche si stanno concentrando sulla distrofia di Duchenne. La Becker sembra essere dimenticata. Non in Lombardia però. Nell’ambito di questa patologia, oggi la Lombardia, infatti, fa scuola in Europa, grazie al progetto ITF-BECKER, con capofila Italfarmaco e finanziato dall’Assessorato per la Ricerca, Innovazione, Università, Export e Internazionalizzazione della Regione con Fondi POR-FESR 2014-2020, grazie agli Accordi per la ricerca istituti dalla legge regionale 29/2016.
Italfarmaco ha deciso di sperimentare un suo farmaco per la distrofia muscolare di Duchenne (DMD), il Givinostat, in grado di attivare una rigenerazione cellulare, di contrastare la degenerazione muscolare e quindi potenzialmente di rallentare la progressione della malattia, evitando la sostituzione del tessuto muscolare con tessuto adiposo o connettivo su pazienti affetti da DMB. Partner del progetto sono la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, che conduce la sperimentazione clinica che vede coinvolti al momento 37 pazienti, e OPIS, società con sede a Desio (MB), che opera nella progettazione e gestione di studi clinici, la quale si avvelerà di due specialisti, un cardiologo e un esperto di distrofie muscolari, che si occuperanno dell’analisi e dell’interpretazione dei dati. Un team tutto lombardo, forte e coeso, da cui non possono che nascere grandi cose.
Ci siamo fatti raccontare da Sara Cazzaniga, responsabile del progetto e Clinical Leader di Italfarmaco, come è nato ITF Becker, come si sta sviluppando quali risultati sta ottenendo.
Per quale motivo avete deciso di dedicarvi alla distrofia di Becker, una malattia così rara?
Il farmaco che stiamo testando, il Givinostat, è un farmaco sperimentale da anni in sviluppo in Italfarmaco in altre indicazioni. Nel 2013 Italfarmaco ha iniziato a sperimentarlo nella distrofia muscolare di Duchenne, che è una malattia molto più devastante rispetto alla Becker, anche se le basi genetiche, mutazione del gene che codifica la distrofina sono le stesse. Quando sono arrivata in azienda abbiamo valutato l’opportunità di poter usare questo farmaco non solo in Duchenne ma anche in altre malattie rare. Le malattie rare in genere sono malattie dove le grandi multinazionali del farmaco preferiscono non investire perché il ritorno economico è minore e preferiscono puntare su prodotti che curano patologie croniche o molto più diffuse. Essendo la DMB una forma più lieve rispetto alla Duchenne, con un impatto sociale meno evidente, nessuno all’epoca stava sviluppando un farmaco per i pazienti di DMB, per cui con l’azienda abbiamo valutato la possibilità di espandere la sperimentazione di Givinostat anche in questa indicazione.
Poiché lo sviluppo di farmaci in malattie rare è molto oneroso sia in termini economici che di tempo, inizialmente l’azienda ha preferito continuare a sviluppare il farmaco in Duchenne. Nel 2016 è arriva la call di Regione Lombardia, abbiamo partecipato e siamo stati scelti tra i primi 12 progetti. In questo modo abbiamo potuto anticipare la sperimentazione di molti anni e se i risultati saranno buoni andremo sul mercato nel giorno di poco tempo. Per questo motivo il sostegno della Regione è per noi importante. Ridurre i tempi è fondamentale, se si pensa che portare sul mercato un nuovo farmaco richiede molti anni di ricerca e grossi investimenti.
Quali sono le caratteristiche principali di ITF Becker?
La parte principale del progetto è lo studio clinico, ovvero la sperimentazione di Givinostat su pazienti affetti da distrofia muscolare di Becker. Lo studio clinico è in corso, il centro del Policlinico di Milano ha arruolato ad oggi 37 pazienti, tra i 18 e i 65 anni, che stanno già prendendo il farmaco. Tra questi pazienti alcuni arrivano dall’estero. In particolare, abbiamo pazienti spagnoli che hanno aderito al nostro studio clinico. Probabilmente arriveranno anche pazienti serbi, quindi stiamo vedendo un buon riscontro anche a livello europeo. Questo è un aspetto molto positivo perché il fatto di essere l’unico studio clinico in Europa con un farmaco per questa patologia, dà al Policlinico la possibilità di diventare un punto di riferimento e un centro di eccellenza per il trattamento della distrofia di Becker a livello europeo. L’arrivo di pazienti dall’estero ci sta aiutando con l’arruolamento perché la DMB è una malattia molto eterogenea, varia da pazienti asintomatici, cioè che non hanno sintomi, con solamente aumento delle CK nel sangue, a quadri clinici severi caratterizzati da progressiva debolezza muscolare con conseguente perdita della deambulazione ad una età generalmente comprese tra i 15 e i 45 anni. Trovare pazienti con caratteristiche simili per lo studio non è semplice.
Il progetto prevede inoltre lo svolgimento di altri studi con utilizzo di Givinostat nei modelli preclinici su topi dove andremo a valutare in dettaglio quali possano essere gli effetti del farmaco a livello cardiaco, dal momento che questi pazienti hanno una problematica cardiaca molto importante. Questi sono gli studi in corso. Uno è già terminato e i dati sono positivi: il farmaco sembrerebbe avere un aspetto protettivo a livello del muscolo cardiaco murino. Nel frattempo, stiamo anche cercando una nuova molecola che possa sostituire in futuro Givinostat, questo perché tutti i farmaci hanno degli effetti collaterali. Il goal della ricerca è trovare un farmaco di back up che abbia la stessa o miglior efficacia e che riduca al minimo gli effetti collaterali.
Come si scopre di essere affetti da distrofia di Becker?
Nonostante sia una malattia genetica, non è tra le malattie per cui i bambini vengono sottoposti a screening neonatale. In genere essendo la Becker una malattia più lieve rispetto alla Duchenne i pazienti se ne accorgono “incidentalmente” perché ad esempio a seguito di un prelievo di sangue si evidenziano degli alti livelli di “CK”, uno specifico enzima riconducibile a malattie neuromuscolari in generale, che portano il medico a inviare il paziente per approfondimenti presso un centro specializzato per queste malattie. Oppure per progressiva debolezza muscolare che fa sospettare una malattia neuromuscolare. Ci sono anche casi lievi e asintomatici che si scoprono in tarda età.
Si tratta di persone che devono stare in cura per tutta la vita?
Al momento non ci sono farmaci che aiutano a curare o a bloccare la progressione della malattia. L’approccio terapeutico è multidisciplinare e principalmente finalizzato a ridurre o posticipare le possibili complicanze. Pertanto l’impatto economico derivante dall’utilizzo da parte dei pazienti dei
servizi sanitari è di grande entità, e questi pazienti devono essere visitati da un pool di specialisti per tutta la vita: si tratta infatti di persone, in alcuni casi costretti a stare su sedia a rotelle, che devono sottoporsi a continue visite specialistiche neurologiche, cardiologiche, pneumologiche, fisiatriche e ortopediche. Non ci si deve scordare dell’aspetto sociale; le complicanze legate alla malattia possono impedire lo svolgimento delle mansioni socio-lavorative, e la gestione dei pazienti comporta un importante carico fisico ed emotivo per le famiglie. Il Givinostat non sarà un farmaco che curerà la malattia ma che ne rallenterà la progressione e se avremo dei buoni risultati di efficacia e di sicurezza sarà un farmaco che i pazienti dovranno prendere per tutta la vita.
Si sono aperte delle opportunità occupazionali grazie a questo progetto?
Sì, in Italfarmaco abbiamo assunto una giovane ricercatrice. Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano hanno potuto dedicare un medico in esclusiva al progetto, un fisioterapista a tempo pieno per le prove funzionali previste dallo studio clinico, hanno inserito un medico e un biologo, che si occuperanno delle biopsie muscolari e hanno attivato una posizione in radiologia dove questi pazienti saranno sottoposti alla risonanza magnetica. Infatti questi pazienti effettueranno la risonanza magnetica agli arti inferiori all’inizio e alla fine della terapia per la valutazione della morfologia muscolare. Si tratta di un aspetto molto innovativo del progetto, al momento non ci sono molti dati sull’aspetto morfologico muscolare valutato con queste tecniche di risonanza magnetica. Quello introdotto in ITF BECKER è un nuovo filone di ricerca attraverso cui identificare un biomarcatore morfologico diagnostico e/o predittivo di progressione della malattia. Strumento da poter utilizzare in futuro per la valutazione dell’efficacia terapeutica di nuovi potenziali farmaci sperimentali con conseguente miglioramento dell’efficienza sia in termini diagnostici che di sviluppo di nuovi approcci terapeutici.