Milano

AlmavivA e Sky, Covisian e Fastweb. Diciamo bye bye ai Call Center

di Francesco Floris per Affaritaliani.it Milano

Il tramonto dei call center nei mesi dell'emergenza. Il nodo occupazione. Il futuro degli outsourcer? Dati, 5G, banche, assicurazioni e recupero crediti

AlmavivA e Sky, Covisian e Fastweb. Diciamo bye bye ai Call Center

Racconta Emilia Clarke, la principessa Daenerys di “Game of Thrones”, che dopo aver avuto successo nel provino per la serie cult ha detto: “Bye bye call center”. Riferimento al lavoro che fino a quel momento le ha permesso di mantenersi come attrice squattrinata. In una battuta aneddotica la sintesi di un intero mondo in trasformazione.

Andiamo con ordine. Partendo dalla cronaca. C'è agitazione a Milano fra i lavoratori del settore. I destini di alcune commesse di AlmavivA Contact a Segrate, ramo dell'omonima Spa dell'Information&Communication Technology da 45mila dipendenti nel mondo e 887 milioni di fatturato nel 2019, sono appesi a un filo. A inizio maggio è saltato l'Homepack Sky-Fastweb. Affidato a un altro big del settore outsourcing per le telecomunicazioni, Covisian. Su 146 lavoratori della commessa sono passati nella nuova azienda in 97. Attraverso il meccanismo delle clausole sociali che impone il riassorbimento della manodopera. Gli altri non hanno accettato. Perché Covisian ha offerto il mantenimento dei livelli d'inquadramento contrattuali, articolo 18 e anzianità di servizio, ma non dei “superminimi”. Cioè quel pezzo di retribuzione concordato direttamente fra datore e singolo lavoratore. Ad personam. E legato a condizioni speciali, in origine la “particolare laboriosità e diligenza del lavoratore”. Possono ammontare a cifre mensili importanti in busta paga. Il futuro, per la cinquantina di dipendenti AlmavivA che non hanno accettato, è incerto. C'è di più. La commessa Sky-Fastweb andrà comunque a morire. Di morte naturale. Perché la partnership tra i due colossi è finita. Sky sta diventando operatore a tutto tondo, vendendo i contenuti sulla propria banda, senza più necessità di appoggiarsi a Fastweb.

A Segrate però altri appalti preoccupano. A fine anno scade Trenitalia. Fino all'ultimo è in dubbio la commessa per il Backoffice amministrativo di Wind Tre Consumer, scadenza al 30 giugno. Il committente sembra ora intenzionato al rinnovo in extremis ad AlmavivA per un anno, ma la firma non c'è ancora. Alla stessa data chiude Sky Tecnica. È il servizio di “customer care inbound”, formula generica con cui indicare l'assistenza tecnica. Coinvolti 313 lavoratori fra Milano e Palermo. Alcuni attivi sul servizio clienti da 17 anni. “AlmavivA non commenta appalti in scadenza o in rinnovo e vicende ancora in corso” fa sapere ad Affaritaliani.it Milano la società. È stata invece presentata un'interrogazione parlamentare ai ministri del Lavoro e dello Sviluppo dai Cinque Stelle Adriano Varrica, Roberta Alaimo, Giorgio Trizzino, Leonardo Aldo Penna e Valentina D'Orso. Mostrando più attenzione per i 248 addetti di Palermo, almeno inizialmente, con richiesta di un tavolo a Roma. Meno per Segrate. Forse in virtù delle diverse strutture occupazionali fra Sicilia e Lombardia e la capacità – presunta in questa fase – della seconda di assorbire meglio il colpo. Scelta politica che ha fatto storcere il naso ad alcuni lavoratori milanesi. Preoccupati da un secondo “caso Roma”. Quando nel 2016 venne portato a termine il licenziamento collettivo di 1.666 dipendenti AlmavivA. Con i romani a protestare e scioperare mentre una parte degli altri Contact Center della penisola copriva con gli straordinari per reggere l'onda d'urto, in una sorta di concorrenza interna.

A preoccupare oggi sono le intenzioni di Sky. La società è stata convocata il 20 maggio dal sottosegretario al Lavoro, Stanislao Di Piazza, per fornire chiarimenti. Perché se è vero che l'azienda parla di interruzione dell'attività e di nuovi servizi spalmati su più outsourcers – “Sky Broadband”, “Sky Internet”, “Sky WiFi” e forse in un futuro prossimo la telefonia mobile puntando su clientela “premium” per sbaragliare più Vodafone che Iliad o Wind Tre – è difficile immaginare che non esista più, per nulla, l'assistenza tecnica. Così il Giornale di Sicilia ha scoperto che su uno dei più grandi portali di offerte lavoro in Albania, la “Gazeta Celesi”, sono apparsi annunci poi cancellati per la ricerca di “giovani dinamici per attività di customer care e pay tv” a nome di ComData Group, multinazionale presente in 22 Paesi. Ma non è necessario spostare traffico e volumi nei Balcani per comprimere il costo del lavoro. Gli operatori di AlmavivA Segrate iscritti alla Cgil, che attraverso la segreteria cittadina ha piedi dentro tutte le aziende del settore in Lombardia, e quelli che si riuniscono negli “AlmaWorkers Milano” – autoconvocata sigla sindacale che non si riconosce nei confederali e che in piena pandemia ha provato a costruire un'alleanza con i colleghi di Palermo attraverso assemblee su Zoom – hanno segnalato ad Affaritaliani.it Milano un fatto: sempre ComData ha offerte di lavoro sul territorio lombardo riconducibili ai nuovi servizi Sky. Anche con contratti di somministrazione. Di fatto eludendo le norme sulle clausole sociali e il passaggio da azienda ad azienda dei lavoratori. È certo più conveniente sostituire chi ha 15 anni di servizio alle spalle con un interinale. Ma le norme, per quanto scivolose, lo vietano. “Lo 'spezzatino' delle commesse fra vari outsourcers – lo definisce Stefania Sorrentino, segretaria milanese della Slc-Cgil – è legittimo da parte di Sky ma solo dopo aver garantito continuità occupazionale e retributiva ai lavoratori AlmavivA”. “Non esiste – prosegue la sindacalista – pescare dalle agenzie del lavoro o ripescare i propri lavoratori interni che magari oggi sono in assegno ordinario Fis in seguito alla crisi. C'è un problema di formazione sui nuovi servizi? Bene, la faranno su quelli di AlmavivA come la fanno sui nuovi lavoratori”.

Storie di vertenze e centinaia di posti di lavoro nell'Italia del Covid. Ma alzando un po' lo sguardo e “facendo bollire l'oceano” ci si accorge che è in atto una trasformazione di tutto il settore Tlc e l'outsourcing collegato. Il call center classico va estinguendosi. E devono prenderne atto multinazionali, società partecipate e settore pubblico. Chi lo dice? Per esempio Juerg Schleier, Country Manager per Germania, Austria e Svizzera di Spitch, società elvetica all'avanguardia su Ivr (Risposta Vocale Interattiva), servizi self service basati su intelligenza artificiale, identificazione e verifica biometrica vocale, fra gli altri. La nuova frontiera. Per una curiosa ironia della sorte il call center tradizionale tramonta proprio nei mesi del Covid, in cui la fame di informazioni è più alta che mai. Tanto da essere stati considerati alla stregua dei servizi essenziali. Come frutta e verdura. “I cittadini vogliono risposte” sintetizza il manager di Zurigo. Per tornare alla penisola il Coronavirus ha portato il numero unico della Lombardia a ricevere 12.500 chiamate ogni ora, con lunghe e frustranti attese per i cittadini. Per non parlare dell'Inps con le sue milioni di pratiche elaborate in due mesi – “quanto in cinque anni” ha detto il Presidente dell'ente previdenziale, Pasquale Tridico – e tempi biblici al centralino oltre al crash del sito.

In Italia poi sono cambiate le condizioni rispetto a 10 o 15 anni fa. Per le grandi committenze sono finiti i tempi delle vacche grasse con le gare al massimo ribasso che non coprono nemmeno il costo del lavoro. Ora la voce lavoro è scorporata dal resto del bando di gara. Basta anche con le cessioni, vere o finte, dei rami d'azienda. A buoi ampiamente scappati dal recinto la giurisprudenza si è evoluta. Esempio emblematico? La vicenda Fastweb-Covisian chiusa a cavallo fra 2019 e 2020. Sette anni prima Fastweb cede all'outsourcer (all'epoca col nome di Visian Next) un ramo d'azienda da 700 dipendenti per svolgere le stesse mansioni. Lo stipendio dei lavoratori rimane invariato ma è comunque un passo indietro: niente più premio di produzione (intorno ai 1.900 euro l'anno scorso) se non per i primi due anni e comunque rimodulato; tagliati i benefits aziendali come l'importo dei ticket o il costo dell'assicurazione sanitaria integrativa Unisalute e la possibilità di fare carriera nella società. In 72 da Milano, Napoli, Torino e Catania non ci stanno e intentano causa. Vincono in Tribunale il reintegro. Fastweb annuncia per “esigenze produttive” che riguardano solo i 72 lavoratori il loro trasferimento a Bari. Parte una dura vertenza e si trova l'accordo. Ognuno resta al suo posto. Come del resto sono finiti i tempi dei “training” aziendali con presunti esperti di marketing. “Le passo il mio responsabile” era un grande must all'E-Care di Cesano Boscone, hinterland di Milano, nel 2008. Frase pronunciata passando la chiamata al vicino di postazione con lo scopo di intimidire/ingraziarsi il cliente dall'altro lato della cornetta. “Cercate di capire per quale squadra tifano” era invece la lezione nei piccoli call center di Piazzale Loreto nei lunedì mattina post campionato di Serie A. Gestiti da aziende che volevano “soppiantare Pagine Gialle” vendendo spazi commerciali su internet o directory online ad avvocati, commercialisti e notai. Di solito poco propensi, per mestiere, a firmare preliminari da migliaia di euro al telefono.

Ecco. Tutto ciò è finito. Se qualcuno pensa che il mercato siano le Telco, intese come vendita e assistenza sulla scheda, ha sbagliato decennio anche perché l'ingresso di operatori come Iliad ha tagliato i margini. Ciò che vi sarà di più simile al call center e customer care del futuro è fatto di help desk, assistenti virtuali o via chat. Come già fanno Glovo, Uber e gli altri grandi del delivery. Per certi versi già sorpassati a loro volta su questo fronte. C'è il potenziale del lavoro da remoto. Sfide e opportunità di una nuova politica industriale per aziende e sindacati. Su turni, organizzazione del lavoro e il tema tornato recentemente con forza nel dibattito sulla riduzione oraria a parità di salario, come sancito dall'accordo di secondo livello di pochi mesi fa fra Cgil e Fastweb, sull'uscita anticipata al venerdì pomeriggio. Ancora: la gestione degli spazi fisici, anche a prescindere dalle conseguenze attuali del virus, con una parte del lavoro “smartizzato”. I costi indotti e di affitto delle maxi strutture sono un problema oggettivo mentre il mercato cambia. Poli che si trovano in aree per nulla sovrapposte alla geografia della mobilità stradale – o al contrario troppo sovrapposte, con problemi di traffico e inquinamento – e dei mezzi pubblici. Milano è emblematica in questo senso con i principali gruppi collocati a Corsico, Segrate, Agrate Brianza, Opera, Assago.

E infine ci sono i veri business del futuro a cui guardano gli outsourcers. Da una parte dati e contenuti che girano nelle reti e che grazie al 5G e agli investimenti sull'infrastruttura trovano applicazioni in campi fertili: automotive, intelligenza artificiale, domotica. Sul 5G report internazionali delle società di consulenza e market intelligence aggiornati ad aprile fotografano rallentamenti per il lancio in tutta Europa e anche in Germania della tecnologia. Il tutto condito dalla sfida geopolitica che contrappone Usa e Cina. Ma un fatto certo è che gli Stati pomperanno denaro pubblico sulle infrastrutture. A Roma basta leggere i documenti che circolano: più le bozze dei decreti che i decreti realmente approvati. Ma sopratutto i documenti di studio e analisi, per vedere un proliferare costante di espressioni come “digitalizzazione”o “cablatura”. È uno dei tre-quattro filoni sui quali puntare per la tanto auspicata “ricostruzione”, assieme a logistica, energia e sanità. In questo senso non è forse un caso la scelta di Vittorio Colao, ex manager Vodafone, come capo della task force. Almeno a livello simbolico.

Da ultimo basta mettere in fila i comunicati stampa e le notizie che riguardano i vari big orfani della telefonia di un tempo e dei contact center per capire dove guardare: oltre a sanità e farmaceutica anche “gestione delle necessità e aspettative dei consumatori, integrando le capacità e l’empatia propria dell’uomo con l’intelligenza artificiale, l’automazione e le analisi dei dati”, scrive ComData guidata dal Ceo Alessandro Zunino, parlando della “Cognitive Customer Experience” a cui si associa facilmente il mercato retail. L'ultima nota stampa di AlmavivA? Manifestazione d'interesse, in cordata con altre società, per Alitalia. Con un piano per la digitalizzazione e la gestione dei servizi, da sistema integrato di assistenza e accoglienza, nell'ottica di promuovere turismo e cultura. Vuol dire creare software puntando sulla parte “metalmeccanica” (metalmeccanica avanzata) che la Spa contiene fra le sue 16 controllate nel mondo.

Infine Covisian. Che fa incetta di commesse. Da Bmw Italia e Bmw Bank, soffiando i lotti un tempo di Europe Assistance, a Milano operativa dalla circonvallazione; banche e assicurazioni. Che chiuderanno anche le filiali – 500 ha annunciato Unicredit prima del Covid – ma non possono chiudere i servizi. Anzi proprio per questa ragione li devono moltiplicare e rendere più accessibili. E infine il grande business della gestione e recupero crediti. In una prospettiva non esattamente rosea per l'Italia perché significa che di crediti da recuperare ce ne sono parecchi. Nasce Covisian Credit Management S.p.A fa sapere il 4 maggio la società. Evoluzione della CSS S.p.A acquisita nel 2016 e che nell'ultimo triennio ha gestito 6 miliardi di crediti. Mercato interessante. Il virus porterà a un'ovvia espansione ma i segnali c'erano già prima. Si pensi al report di Deloitte dell'ottobre 2019 dal titolo “Delevaraging Europe”; all'avvio di un ciclo economico negativo; l'attività di recupero incentivata per via normativa anche in Italia durante il governo Renzi, con leggi che visti i tempi medi entrano a regime proprio ora; la crescita degli stock per esempio sul Real Estate che necessitano di servizi professionali; le regole dell'autorità bancaria europea (Eba) che impongono agli istituti di credito di scendere al 5 per cento dell'Npl Ratio e i primi segnali visibili nel 2019 di banche che esternalizzano la gestione del mercato degli “unlikely to pay” (Utp). Tutti elementi che permettono a un (ex?) gestore di call center di entrare, nemmeno troppo in punta dei piedi, in un mercato italiano dominato da gruppi come DoValue, Credito Fondiario, Cerved, Prelios, Amco e Phoneix Asstet Managment. 







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