Milano
Coronavirus Milano: arrivati 850 infermieri e medici ma a oggi sono senza casa
800 infermieri e 50 medici a Milano subito far fronte all'emergenza Coronavirus. Ma non abbiamo pensato a dove andranno a vivere. Eppure di soluzioni ce ne sono
Arrivano a Milano 800 infermieri e 50 medici. Ma per adesso sono senza casa
“Ciao sono un infermiere e dovrei lavorare al Niguarda. Ho un a certa urgenza nel trovare sistemazione vicino all'ospedale. Disponibilità minimo sei mesi” scrive su Facebook in uno dei tanti gruppi dedicati agli affitti milanesi Giovanni, giovane operatore sanitario siciliano laureatosi la prima settimana di marzo e che il 15 del mese ha già ricevuto proposte di lavoro da cinque ospedali della Lombardia. Tre ore dopo gli fa eco una collega, in dirittura d'arrivo all'Ospedale Buzzi di Milano. E da una settimana a questa parte post identici si moltiplicano ogni giorno: Marco, operatore socio sanitario per il Policlinico, cerca una stanza singola da aprile in zone limitrofe all'ospedale. Jocelyn, infermiera, per il Niguarda, budget massimo 550 euro. Una proprietaria milanese legge il primo annuncio. Ha un appartamento disponibile nella periferia nord della città e in pubblico scrive a Giovanni: “Appartamento a 1.200 euro”. Viene virtualmente linciata dagli utenti del gruppo, con insulti e improperi: “Non ti vergogni”, “Sciacalla”, “È un infermiere dovresti darglielo gratis”. Lei prova a giustificarsi: è un trilocale, di 90 metri quadrati, in buone condizioni. E poi abbassa il prezzo sostenendo di essersi sbagliata nella prima offerta: mille euro, bollette e spese incluse. Interviene l'infermiere stesso e prova a sedare gli animi. Ma non basta. La proprietaria milanese è costretta ad abbandonare il gruppo social.
Li chiamiamo gli “angeli”. Di loro c'è un bisogno immediato per l'emergenza nei reparti di terapia intensiva, nel tentativo di far fronte ai numeri crescenti del Covid-19. Ma anche perché il personale già oggi presente negli ospedali si ammala e deve rimanere a casa, con ulteriore necessità di turn over. Il sistema sanitario pubblico lombardo – 80mila dipendenti di cui poco meno di 40mila sono infermieri – prova a rispondere: vengono anticipate le sessioni dei corsi di laurea; saltati a pié pari gli orpelli burocratici per iscriversi all'ordine delle professioni infermieristiche; si richiama su base volontaria il personale pensionato (che tuttavia è una quota minima visto che si tratta di lavoratori over 65 ancora più a rischio); partono le assunzioni dallo scorrimento delle graduatorie, mentre nelle bozze del decreto governativo in studio a Roma è previsto di ritardare la messa a riposo del personale che sta per andare in pensione. Dopo i tentennamenti delle settimane scorse si muove anche la sanità privata: sia per la parte ordinaria, non più gestita dagli ospedali, sia per il contenimento di pazienti Covid positivi. E infine con la possibilità per Regione Lombardia di chiamare a supporto del pubblico il personale dei privati
Ma per reggere l'onda d'urto c'è sopratutto l'infornata di 800 nuovi infermieri e 50 medici solo nel capoluogo, che il Pirellone ha stimato come primo apporto di risorse umane necessario. Anche in vista di aprire alla Fiera la nuova struttura con 600 posti letto in terapia intensiva in stile Wuhan. Angeli sì, ma senza casa. Nessuno, o quasi, ha infatti pensato a dove questi infermieri, medici o oss assunti con contratti di somministrazione di sei mesi rinnovabili al massimo una sola volta, andranno a vivere. C'è chi, come l'Asst Niguarda, nei colloqui sta mettendo a disposizione posti letto in residence e strutture convenzionate vicine all'ospedale a 300 euro al mese. Altri semplicemente non si sono posti il problema, per ora. Eppure le fondazioni ospedaliere e gli enti assistenziali meneghini hanno uno sterminato patrimonio residenziale: 2.199 unità suddivise fra 9 soggetti, secondo le stime al ribasso del 2018 pubblicate nel libro “For rent. Politiche e progetti per la casa accessibile a Milano”, a cura delle docenti del Politecnico Francesca Cognetti e Anna Delera. Il solo Policlinico, nel 2014, ha conferito al Fondo comune d'investimento immobiliare “Ca' Granda” (dal nome della Fondazione IRCCS Ca' Granda) 1.400 unità di cui il 75 per cento a destinazione residenziale. Distribuite su 65 immobili di cui 44 complessi cielo terra. Per un totale di superficie disponibile di oltre 110mila metri quadrati. Lo scopo del Fondo? Valorizzare il patrimonio attraverso dismissioni e progetti di social housing per 20 anni. E con i proventi finanziarci la costruzione del nuovo Policlinico di Milano che è stato presentato come “la più grande opera architettonica degli ultimi 90 anni” sulla città.
Un progetto che guarda al futuro. Mentre la città è incastrata nel presente. E con lei l'intera regione. “Anche sul resto del territorio regionale – spiega ad Affaritaliani.it Milano Laura Olivi, segretaria cittadina della Cisl Funzione Pubblica – ci sarà bisogno di altri operatori nelle prossime settimane, perché al momento stanno lavorando con i dispositivi di protezione individuale anche coloro che risultano positivi senza però presentare sintomi”. E allora dentro i nuovi “angeli”. Ma è un'operazione tutt'altro che scontata: “Non è facile – dice Mauro Ongaro, segretario lombardo della Cisl-Fp – assumere da fuori regione, fuori Italia, addirittura fuori Unione Europea, con contratti di somministrazione da un anno massimo, attraverso agenzie interinali e senza garanzia della stabilizzazione. Oltretutto chiedendo a questi lavoratori di venire nella zona più critica del Paese”. “La maggiore difficoltà – prosegue il sindacalista – sta nel trovare personale formato. Non si può mandare chiunque in terapia intensiva e purtroppo non basta trovare i posti letto ma servono medici e infermieri con esperienza”. Già. Perché si tratta di una battaglia con i nervi prima ancora che di un problema di turni. Come racconta in uno sfogo ad Affaritaliani.it Milano un'infermiera di Rho in una chat privata: “Avete idea di quanto tempo ci si impiega per stabilizzare un paziente, sempre che ci si riesca? Anche un turno intero. È adrenalina pura che ti circola. Il cuore corre a 140 battiti al minuto per sette, otto ore di turno. Mascherina, copricapo, camice (per chi è fortunato nell'avere 'sto tesoro) ti fanno sudare. Non puoi toccare niente perché potenzialmente contaminato. Devi attendere la fine del turno per pisciare o bere perché non puoi svestirti e rivestirti. E ognuno di quei pazienti te li porti a casa”. Già. Sempre una casa a Milano, l'abbia trovata.