Milano
Nimby forum: dalle star wars alle story wars
intervento di Luca Montani
Direttore comunicazione MM
pubblicato nel catalogo Nimby Forum
Oggi si compete narrativamente. La reputazione e l’efficacia delle proprie azioni dipendono da come si riesce a fare fronte alle cosiddette story-wars, nel mezzo di vere e proprie arene narrative.
Soprattutto nel dibattito pubblico sulle grandi opere e sui grandi progetti infrastrutturali, al centro dell’arena, non c’è soltanto la descrizione di un progetto ma la reputazione dei soggetti impegnati nella sua realizzazione. E la reputazione si consolida o si frantuma nella gestione di quelle infrastrutture che io chiamo ‘immateriali’ e che sono, nel dettaglio, la relazione con il cittadino, la trasparenza delle azioni amministrative, il dialogo con i portatori di interesse.
Un continuo, quanto oneroso, scambio che si basa sulla costruzione di una reciprocità necessaria, non più differibile, che si fonda sull’onestà intellettuale e sulla capacità di costruire relazioni virtuose.
Perché possa definirsi virtuosa, questa relazione, deve consentire al cittadino di “essere parte” del processo, di contare, di essere la prima preoccupazione dell’amministrazione.
Riportare il cittadino al centro dei processi diventa quindi la priorità delle infrastrutture immateriali.
Il processo richiede lungimiranza, conoscenza delle dinamiche sociologiche e un approccio tecnico organizzativo impeccabile ma – prima tra tutte – la ricostruzione del patto sociale dove la presunzione di competenza torni ad essere valorizzata nel modo migliore possibile, abbandonando l’asfittica abitudine al sospetto e al complottismo fine a sé stesso, da un lato, e l’altrettanto deleterio e fin troppo furbo ricorso alla logica emergenziale.
Nella realtà dei fatti si tratta di costruire consenso attraverso la visione di scenario dove la singola opera o infrastruttura deve trovarvi un senso rispetto alla qualità della vita percepita. Anzi, rispetto ai destini generali di una data comunità di persone.
Uno dei pilastri di questa nuova strategia è proprio il governo della percezione, ovvero il riuscire a indurre chi si confronta con un cantiere a percepire quell’intervento come parte di un proprio percorso, di un ‘male necessario’ per raggiungere uno scopo che ne giustifichi i disagi subiti, ovviamente a beneficio di tutti.
Le tecniche da utilizzare quindi sono quelle dello storytelling, della narrazione che sia però un raccontare inclusivo e coinvolgente in grado, appunto, di trasformare quell’intervento in un capitolo di una storia con protagonista quel contesto urbano e i propri abitanti.
Una delle regole fondamentali, quindi, è che prima di aprire un cantiere sia necessario raccontare la storia di cui quell’intervento è protagonista. Deve comunque nascere prima la storia e poi il cantiere e mai viceversa. Il cantiere non si spiega durante, si racconta prima.
Lo scopo rappresenta sempre e comunque una visione, un’idea di area urbana, di città, di qualità di vita, di destini generali, appunto. Questa idea di città può e deve essere condivisa, “raccontata” ai cittadini, sintonizzandola sui valori, sulle caratteristiche culturali e sui bisogni sociali che contraddistinguono i cittadini stessi. Co-progettata (forse), naturalmente auspicata e – perché no? – descritta insieme.
Un tema - quello della descrizione condivisa - che torna utile mentre si parla di post-verità, alternative facts, fake news, doublespeak, doublethink, alternative right. Con tutto il ‘fatticidio’ e il pensiero bipolare della rete, è necessario che ci si interroghi sulla funzione dei saperi partecipativi, contributi utili per la difesa del DNA sociale di ciascuno di noi.
A Milano lo sforzo di lavorare sulle infrastrutture immateriali è un percorso condiviso ormai da tempo.
L’esperienza sul recente dibattito pubblico per la riapertura dei Navigli conferma la strada intrapresa con la narrazione della grande opera M4 e prima ancora con la condivisione di vuoti urbani restituiti o restituibili all’agire sociale dove, tra progettazione condivisa e mitigazione (o compensazione) del disagio, i percorsi sono diventati parecchi.
Con il dibattito pubblico sui Navigli avevamo 2 obiettivi, ben illustrati da Andrea Pillon (coordinatore del dibattito, da noi ingaggiato) nella relazione finale:
1. presentare al pubblico il progetto di riapertura dei navigli con un linguaggio chiaro anche ai non addetti ai lavori;
2. ascoltare i cittadini e le loro organizzazioni per individuare le criticità del progetto e raccogliere suggerimenti e proposte migliorative.
“Il dibattito ha consentito di affrontare una molteplicità di temi: da quelli generali, che hanno riguardato le ragioni dell’opera e le ricadute ambientali ed economiche di area vasta, a quelli puntuali, che hanno riguardato le criticità e le opportunità determinate dal progetto nelle singole aree interessate dagli interventi”.
Che cosa ha prodotto il dibattito pubblico in questo contesto di confronto sulla trasformazione della città?
“Il dibattito ha consentito di far emergere opportunità e limiti dell’intervento e di raccogliere una molteplicità di osservazioni critiche e proposte migliorative che possono consentire al proponente di migliorare il progetto in una fase della sua elaborazione in cui sono ancora possibili eventuali variazioni.
Il dibattito pubblico, che inizialmente doveva essere incentrato sul “come” realizzare l’intervento e non sul “se” realizzarlo, ha fatto emergere posizioni contrastanti sulle ragioni e le finalità dell’opera. In altre parole, anche se l’”opzione zero” non era formalmente prevista, molte discussioni si sono concentrate proprio sulle ragioni dell’opera e sulle priorità degli interventi alternativi che l’amministrazione dovrebbe perseguire. Ne sono testimonianza i numerosi Quaderni degli attori e gli interventi dei cittadini che, indipendentemente dalle criticità o dai vantaggi offerti da singole parti del progetto, mettono in evidenza visioni e strategie differenti di sviluppo della città e soprattutto un uso alternativo delle risorse pubbliche.
Il dibattito ha consentito di sviluppare una discussione articolata e particolarmente ricca di spunti e competenze sulla gestione delle risorse idriche e sulla valorizzazione del sistema irriguo dell’area metropolitana milanese. Le proposte raccolte non si limitano infatti alla sola riapertura del naviglio della Martesana ma ricomprendono il ben più ampio e articolato sistema dei canali milanesi e la loro connessione con i sistemi idrografici del Seveso, dell’Adda e del Ticino. Analoga attenzione è stata posta, nel corso dell’intero dibattito, alla corretta depurazione delle acque, al controllo dei livelli di falda e all’uso delle risorse idriche a fini agricoli ed energetici”.
Come in ogni ascolto strutturato, anche se condotto con tutte le buone regole del gioco, possono presentarsi critiche sul metodo utilizzato e sugli esiti finali ma questo è – semmai – garanzia di efficacia. L’importante è che nelle story wars, sul campo di battaglia, a esprimersi possano essere tutti, con uguale spazio e forza rappresentativa e che negli esiti finali, se la narrazione deve diventare patrimonio comune e destino comune, se ne tenga in debito conto.
L’ultimo sforzo milanese, in ordine di tempo, è proprio quello dell’ascolto sui Navigli che, al di là dell’esito finale, ha confermato un rapporto di relazione sincero, fermo e risoluto, positivo e accattivante, propositivo.
Una città che muta con tanta velocità non può permettersi di lasciare dietro di sé alcuno. Milano ha, nel DNA di città inclusiva, proprio questa vocazione alla cittadinanza partecipativa e non smette mai di confermare che la competizione narrativa non è un destino ma un progetto.
I NUMERI DEL DIBATTITO PUBBLICO SUI NAVIGLI
44 Quaderni degli attori
219 osservazioni e richieste via mail
17 incontri organizzati da gruppi e associazioni
7 assemblee pubbliche
174 articoli sulla stampa
21 uscite televisive
159 giorni di attività continuativa con uno staff di 16 professionisti