Milano
Assocalzaturifici lancia l'allarme: la ripresa non si vede ancora
L'assemblea annuale di Assocalzaturifici disegna un presente in chiaroscuro: il settore non è ancora uscito dalla crisi
Una ripresa lungamente attesa ma che anche nel 2015 non è arrivata. La strenua determinazione a difendere qualità e unicità del made in Italy in tutte le sedi internazionali, a cominciare da Bruxelles, dove è stato aperto un desk all’interno della delegazione di Confindustria presso l’Unione Europea. L’impegno convinto di dar vita, a livello di immagine globale ma anche di sviluppo del business attraverso le fiere professionali, ad un sistema che integri con beneficio di tutti le diverse componenti della filiera del fashion.
L’Assemblea annuale di Assocalzaturifici, che ha avuto luogo oggi al Museo Alfa Romeo di Arese, è stata l’occasione per tracciare una panoramica ampia e aggiornata dello stato di salute, delle prospettive e delle strategie di un settore che rappresenta da sempre uno dei pilastri della moda italiana e dà lavoro a 77mila addetti. Ospiti d’onore dell’evento il neopresidente di Confindustria Vincenzo Boccia e il sottosegretario allo Sviluppo Economico Ivan Scalfarotto. Ad accoglierli, insieme ai numerosi imprenditori calzaturieri che hanno partecipato all’evento, la presidente dell’associazione Annarita Pilotti, che ha tracciato il bilancio del primo anno del suo mandato.
Il calzaturiero non è ancora uscito dalle secche della crisi e le difficoltà in cui si dibatte hanno fatto da sfondo all’assemblea. “Per il nostro comparto la ripresa di cui si parla è ancora un miraggio” ha detto Annarita Pilotti. “Il 2015 ha registrato risultati inferiori alle attese e la domanda interna ha accusato l’ottava contrazione in otto anni. Malgrado ciò il settore è riuscito a limitare la flessione dei livelli produttivi (-2,9% in volume); a conseguire un nuovo record di esportazioni a 8,7 miliardi di euro; a segnare per la prima volta dal 2011 un lieve incremento dell’occupazione – in realtà risultato soprattutto delle misure di stabilizzazione del Governo.
Le prime rilevazioni del 2016 confermano che la situazione resta complessa e il clima incerto. Nel primo trimestre è continuato il calo dei consumi di calzature delle famiglie italiane, con una ulteriore diminuzione dell’1,3% in quantità e del 3,7% in valore. Dal canto suo il fronte occupazionale, dove si è fermato il lieve rimbalzo del 2015, è tornato ad essere allarmante. A fine marzo il numero di addetti risultava sostanzialmente invariato rispetto a dicembre (-0,1%), mentre altre 39 aziende avevano cessato l’attività e la cassa integrazione chiudeva il trimestre con un balzo del 32%, a 3,5 milioni di ore autorizzate. Nel bimestre gennaio-febbraio le esportazioni hanno mantenuto le posizioni, crescendo del 3,7% in valore. Ma debolezza economica e criticità finanziarie in diversi importanti mercati esteri continuano a penalizzare la domanda, soprattutto nella fascia di prodotto medio-alta e lusso.
Le attese per i prossimi mesi escludono miglioramenti significativi a breve. Il portafoglio ordini dei primi quattro mesi è praticamente piatto e le attese delle aziende raggiunte dall’ultima indagine congiunturale rapida propendono per stabilità/ribasso sia per il mercato domestico che per i principali mercati esteri di sbocco”.
In questo quadro, in cui cautela e stabilità sono le parole chiave, Assocalzaturifici sta portando avanti con determinazione la difesa del made in Italy su più fronti. Uno di essi è quello del made in: “Ci battiamo - dice Pilotti – per una norma di civiltà che informi il consumatore circa la provenienza geografica del prodotto. Sono anni che tentiamo, senza risultati. Ma non arretreremo di un centimetro e non accetteremo surrogati come i certificati di origine volontari”. Un altro fronte è il riconoscimento alla Cina dello status di economia di mercato, che la Commissione europea, contrariamente al Parlamento, sembra decisa a concedere e che vede i calzaturieri assolutamente contrari.
C’è poi il delicato dossier delle sanzioni economiche alla Russia per la crisi ucraina, che colpiscono indirettamente, ma molto pesantemente, l’export calzaturiero (le vendite in Russia sono crollate del 32% in valore nel 2015 e quelle in Ucraina del 38%). “È una follia che sta costando carissima all’economia europea e si sta trasformando in un vero allarme sociale in tanti distretti calzaturieri italiani” dice ancora Pilotti. Anche sul fronte fiscale i calzaturieri fanno una richiesta al Governo. Le aziende creano infatti collezioni e pre-collezioni più volte l’anno, investendo rilevanti risorse. “Chiediamo, come avvenuto su base regionale nelle Marche, la defiscalizzazione di questi investimenti, da cui dipendono l’innovazione di prodotto e la capacità di essere competitivi” dice Pilotti.
Infine nell’agenda di Assocalzaturifici resta alto il tema della sinergia con gli altri attori della filiera moda, nella convinzione che rimanere divisi non porti benefici a nessuno e releghi l’Italia in un ruolo marginale. L’auspicio è di coordinare sfilate, eventi e fiere facendo sistema a Milano, capitale per eccellenza della moda, e all’estero. L’obiettivo è quello di promuovere la filiera nel suo complesso e accrescere l’attenzione dei buyer. La cabina di regia per l’internazionalizzazione voluta dal governo e il Tavolo di coordinamento della moda sono passi fondamentali nella giusta direzione.
Assocalzaturifici dal canto suo è profondamente convinta che si possano sempre di più intraprendere iniziative sinergiche con le altre associazioni di FIAMP (Federazione Italiana Accessori Moda e Persona, di cui Assocalzaturifici fa parte) e SMI (Sistema Moda Italia), mettendo a fattor comune competenze e servizi nell’interesse delle imprese italiane.