Beppe Sala: “Il centrodestra? Temo più Del Debbio di un manager come me”
di Fabio Massa
Beppe Sala. Ma lei è milanese o brianzolo?
Io sono nato a Milano ma di base ho vissuto fino all’età dell’università in Brianza. Culturalmente come crescita sono brianzolo. Dopodichè sono rimasto sempre a Milano.
Che luogo sceglierebbe di Milano a cui è particolarmente legato?
A me piace molto Santa Maria delle Grazie. E’ il luogo, la piazza, la chiesa, quella parte di Milano, che mi affascina. Ma vivo da tanto tempo a Brera e mi piace molto anche quella atmosfera un po’ mista, tra borghesia e non borghesia, tra casino e vie nascoste…
E’ vero che lei è un bauscia, come l’ha definita Aldo Grasso?
Mah. Gli interisti sono bauscia mentre i milanisti sono casciavit… (Beppe Sala è interista doc, ndr) Battute a parte sono abbastanza sicuro di me quindi posso sembrare un bauscia. Non sono arrogante però.
Lei adora il calcio, ma quello che pochi sanno è che ci gioca ancora…
Gioco a calcio a sette, ma adesso i miei non mi fanno giocare perché hanno paura che mi faccia male. Con un gruppo di amici con il quale giochiamo da tanti anni al Bettinelli al mercoledì sera alle 21. Qualunque cosa stessi facendo mi interrompevo e andavo a giocare al pallone.
Ruolo?
Dietro. Ho 57 anni quindi non ho più la mobilità di una volta. Io ho sempre giocato ma da terzino destro. Adesso sono centrale. Lavoro sul tocco di palla e sulla posizione, il fiato è quello che è.
La partita più bella dell’Inter?
A Madrid la finale di Champions. Quell’anno mi facevo seguire da mia moglie. Siamo stati a Roma a vedere la finale di Coppa Italia, a Siena a vedere l’ultima di campionato e a Madrid.
Sua moglie che cosa le ha detto quando ha deciso di candidarsi? Come glielo ha detto?
Non è che glielo ho detto. Il discorso era nell’aria da tanto tempo. Non riesco neppure a identificare un momento in cui ho detto “sì va bene”. E’ stata una cosa progressiva. Mia moglie non è stata entusiasta, ma a tutela mia. Dopo tanti anni di fatica, di stress, probabilmente avrebbe preferito qualcosa di più rilassante per me. Ma alla fine si fa.
Che cosa ha votato fino ad oggi?
All’epoca dell’università ho cominciato a votare repubblicano per qualche anno. Ho votato una volta radicale. E da là in poi sono andato sempre sull’attuale Pd e i partiti che l’hanno preceduto, quindi Ds, Pds etc.
Lei ha fatto il manager anche in frangenti complicati. La politica però è un’altra cosa. Io penso che ci sia stato un momento nel quale lei ha cambiato marcia, dopo un momento di difficoltà.
E’ verissimo. Probabilmente c’è stato anche un fatto di convinzione. All’inizio io stavo cercando di interpretare il ruolo politico. Poi chi più mi conosce e mi vuol bene ha iniziato a dirmi: devi essere te stesso. Tanto poi sei circondato dalla politica e quindi non immaginare che quanto pensi e quanto dici debba avere una rilevanza politica. Però il contenuto della domanda è vero: mi sono accorto che da un certo momento in poi è cambiato tutto. Abbiamo cambiato marcia.
Le logiche della politica le ha afferrate adesso?
Io cerco di dare un’interpretazione mia. La logica della politica è un’espressione di un bisogno. Qualcuno esprime un bisogno e noi pensiamo come dare una risposta. Io impostando un dialogo con chiunque cerco di interpretare il loro bisogno e dare una risposta. Io dico a tutti di non cercare il più bravo nell’identificazione del problema, ma chi è il più bravo a risolverlo.
Lei è un problem solver, quindi.
Sì, esatto. In questo momento la vera cosa positiva che è successa e non scontata è che da quando io ho detto “ci sono”, intorno mi si è messo un mondo politico che mi sta aiutando. Ci sono gli assessori, ci sono cinquanta comitati…
C’è anche chi la avversa. Sel continua a dire una parola non chiara sulla lealtà nel caso lei vinca le primarie.
C’è qualcuno che è in grado di tenere insieme tutta la sinistra? La risposta è sì: Pisapia. Ma al netto di lui non c’è nessuno. Io comunque ci proverò e anche con i contenuti e la predisposizione a fare le cose. Poi vedremo.
Essere in politica vuol dire anche subire attacchi personali. Buttiamola sul ridere: non era meglio comprare la casa in montagna?
(Ride). Meglio che vengono fuori adesso queste cose. Così i milanesi decideranno. Io ho però la sensazione che i milanesi non hanno voglia di polemiche. Hanno bisogno di qualcuno che si dà da fare e che lavora. Io polemiche non ne faccio.
Parliamo di un tema amministrativo. Vorrei riaccendere il riflettore su Aler. E’ il padrone di casa di tanti concittadini, ed è di proprietà regionale.
Quando si va nelle periferie e nei quartieri i cittadini guardano al sindaco come quello che deve risolvere i problemi. Qui bisogna sedersi con Maroni e trovare una soluzione che di base oggi non c’è. Ma la soluzione passerà anche molto attraverso la disponibilità di risorse. Il punto è: qual è la differenza tra Aler e le case del Comune? Aler è andata incontro a una riduzione di costi molto significativa. Ma non indolore. Per esempio: l’eliminazione delle portinaie ha inciso da matti. Togli le portinaie e non c’è più sicurezza di vicinato. Bisogna mettersi con la Regione e trovare un modello più comune e anche cercare di risolvere i problemi in tempi brevi. In 24 mesi da sindaco vorrei che non ci fosse più un appartamento sfitto. Questo è l’obiettivo. Così come per le periferie bisogna lavorare anche su servizi e sicurezza. Quello che oggi io sto promettendo è che se passo le Primarie poi mi metterò quartiere per quartiere e cercherò di costruire un piano operativo del fattibile per ogni singolo quartiere e depositarlo prima delle elezioni. Vorrei “costringere” il contendente di centrodestra a fare lo stesso.
Per adesso l’unico contendente pare essere Passera. Che ha impostato una campagna molto aggressiva sulla sicurezza.
Partiamo dal presupposto che su alcuni temi ci sono tutti. Berlusconi stesso è risalito sul predellino in periferia. Quando sono in periferia dico: siete in una situazione difficile ma perlomeno tutti ne parlano e quindi inchiodate tutti alla loro responsabilità. Dopodiché che Passera individui il problema non è difficile. Il difficile è trovare le soluzioni.
L’ha delusa il fatto che Pisapia, nonostante il suo appello, ha deciso di scendere in campo per Balzani?
Mi sarebbe piaciuto avere un appoggio diretto da Pisapia ma quando ho deciso di scendere in politica non ho cercato nessuna benedizione e a prescindere.
Facciamo un gioco: un aggettivo per ogni contendente. Antonio Iannetta?
Simpatico.
Pierfrancesco Majorino?
Generoso.
Francesca Balzani?
Spigolosa.
Beppe Sala?
Altruista.
Si continua a vociferare di questo ticket con Majorino. Perché queste voci?
Io e Majorino ci conosciamo da tanti anni e c’è una stima reciproca. Conosciamo le nostre differenze. Però siamo abituati a lavorare assieme. Oggi è una competizione vera e probabilmente Majorino sa di non avere le possibilità che ho io, ma sa anche che tutto può succedere negli ultimi 15 giorni. Lo dicevano credo per far pressione a lui e farlo mettere con Balzani. Cosa che io non troverei logica, poi tutto può succedere.
Ipotesi negativa (per lei): non vince le primarie. Che lavoro va a fare?
Non lo so. Non ho un piano B. Non ho una exit strategy.
Ipotesi positiva (per lei): vince le primarie. Che cosa fa?
Penso che quella sera, se vinco, anche se brindo non è un problema. Però nell’immediato si dovranno fare due cose: la prima è sulla mia organizzazione. Oggi è molto informale, ho raccolto intorno a me giovani ed entusiasmi. Invece poi dovremo darci una organizzazione perché sarà una battaglia lunga. La seconda cosa riporta ai quartieri: mappare le varie aree di intervento per produrre un piano operativo per ogni singola zona.
Ipotesi centrodestra: Del Debbio sarebbe temibile?
Sì.
Che cosa teme di più: uno simile a lei, un manager, oppure un “populista”?
Temo di più il mio opposto del mio omologo. Temo di più Del Debbio, il populista. Il mio omologo sconterebbe un gap di operatività, di notorietà, di cose fatte come Expo. Io sono già partito, ho già una macchina che funziona. Non penso che Matteo Salvini si candiderà.
L’ultima domanda è doppia: la cosa che più le ha fatto piacere in questa campagna e la cosa che più l’ha fatta dispiacere.
La cosa che più mi ha fatto piacere è il fatto che l’altro ieri uno degli assessori che lavora con me, dopo la cena all’Ortica, mi ha detto: tu parli la loro lingua. Non meniamola con salotti o non salotti, ma io sono convinto di non essere un uomo dei salotti perché parlo la loro lingua.
E il dispiacere?
La villa, questi attacchi immotivati. Potevo anche essere un po’ abituato per Expo. Ma attaccarsi alla casa è un po’ immotivato, no?
@FabioAMassa