Milano

Caso Pifferi, avvocati pronti allo sciopero contro l'indagine sulla legale

Redazione

Gli avvocati penalisti milanesi sono pronti ad astenersi dalla partecipazione alle udienze il prossimo 4 marzo. La protesta contro l'indagine

Caso Pifferi, avvocati pronti allo sciopero contro l'indagine sulla legale

Gli avvocati penalisti milanesi sono pronti ad astenersi dalla partecipazione alle udienze il prossimo 4 marzo per protestare contro l'inchiesta aperta, a processo in corso, a carico dell'avvocato Alessia Pontenani, legale di Alessia Pifferi.

Secondo quanto riferisce Ansa,  la decisione della Camera penale milanese è stata presa oggi, anche se lo sciopero dei legali dovrà essere confermato con una formale delibera del Consiglio direttivo. Proprio il 4 marzo, giorno dell'astensione dei legali, riprenderà, dopo il deposito della perizia psichiatrica su Pifferi, il processo a carico della donna. Da qui la fissazione della data dello sciopero.

Bimba morta: lettera a pg Milano, psicologi carcere salvano vite

"Le psicologhe e gli psicologi in carcere salvano vite". Lo scrivono, in una lettera aperta, decine tra associazioni del terzo settore, avvocati, operatori e personale medico-sanitario che lavorano con la realta' carceraria, a proposito del caso delle due psicologhe in servizio a San Vittore indagate e perquisite dalla procura di Milano per falso e favoreggiamento nei confronti di Alessia Pifferi, la donna a processo per l'omicidio della figlia Diana. Il documento è rivolto alla procuratrice generale Francesca Nanni e alla presidente del tribunale di sorveglianza Giovanna Di Rosa per esprimere "preoccupazione" rispetto all'inchiesta. "Anzitutto ci preoccupa - si legge nella lettera - che chi dedica con fatica la propria professionalita' per realizzare il mandato che la legge attribuisce al carcere, venga colpito nell'esercizio del proprio lavoro".

Non penalizzare la condivisione di informazioni relative alla salute mentale

Oltre alla gravoso problema dei suicidi, i firmatari evidenziano che "il problema piu' grande con cui si sta confrontando il sistema penitenziario e' la gestione di una popolazione detenuta con un altissimo tasso di malattia psichiatrica, anche grave, o con ritardo cognitivo". "Perche' allora - hanno scritto - pensare di penalizzare la condivisione di informazioni relative alla salute mentale delle persone detenute, da parte degli operatori sanitari del carcere nei confronti dell'autorita' giudiziaria? Riteniamo infatti che questa prassi non solo non sia da penalizzare, ma da incentivare, soprattutto prima che venga emessa la sentenza dal giudice competente, affinche' questi ne possa tenere conto ed, eventualmente, disporre gli opportuni accertamenti, necessari a un pronunciamento equo". 

 







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