Milano
Bonini (Cgil), Pd: aprire ai lavoratori, a Milano giovani fuori dal mercato
Secondo il sindacalista occorre aprire il Partito Democratico a chi lavora e vive problemi e difficoltà
Bonini (Cgil), Pd: aprire ai lavoratori, a Milano giovani fuori dal mercato
IMPRESE-LAVORO.COM - Milano – La Cgil, con Massimo Bonini, segretario della Camera del Lavoro di Milano, accetta la sfida lanciata da Nicola Zingaretti sul nuovo corso del Pd a un patto: “Va cambiato il paradigma, occorre aprire il Pd a chi lavora, a chi vive in prima persona problemi e difficoltà”. “Anche noi del sindacato abbiamo riconosciuto gli errori che abbiamo fatto e che in parte ci accomunano. In sintesi: il tema dell’occupazione giovanile, quello delle nuove generazioni, la precarietà e il lavoro povero. Oggi in alcuni ambiti non è più sufficiente avere un lavoro per godere di una vita dignitosa. Siamo in un’epoca di grandi trasformazioni, tecnologiche e di sostenibilità, che ci imporranno la revisione dei modelli produttivi, anche produttivi ed anche nei luoghi di lavoro. Vorrei dire subito che il Jobs Act non ha intercettato nulla di tutto questo. Vedo il tentativo di qualcuno che si affanna per difendere le scelte fatte, però se vogliamo individuare uno slegamento tra luoghi di lavoro, le persone e le scelte elettorali occorre guardare bene a ciò che è accaduto”. Bonini non trascura la realtà milanese, “Milano è il motore del paese ma a Milano i giovani non entrano nel mercato del lavoro, se ci entrano lo fanno con forme di lavoro autonomo. Ma attenzione: non tutti l’hanno fatto per scelta, sono le dinamiche produttive, i modelli di alcune imprese – uno su tutti, i modelli di ristrutturazione bancaria – in cui i lavori che facevano i dipendenti oggi li fanno gli autonomi a mille euro al mese. Questa cosa va affrontata subito perché è una enorme sacca di precariato. C’è poi un altro aspetto. I giovani a Milano non riescono ad intercettare le competenze che servono bel mondo del lavoro in questa città e questo è un problema. Poi c’è la fuga di cervelli e braccia in Europa. Ma nessuno coglie il fatto che a Milano arrivano i ragazzi dal sud e da dove si fa fatica, ma i ragazzi di Milano vanno in Europa, nel mondo. Quando si parla di distanza tra domanda e offerta nel mondo del lavoro a Milano non tutto va bene e allora dobbiamo guardare con attenzione dentro il nostro modello. Poi c’è il tema del lavoro povero. Il terziario porta con sé sacche enormi di lavoro povero: Milano è diventata una città turistica e qui c’è una grande massa di lavoro povero, come nei ristoranti, nei bar, con tanta precarietà, lavoro nero, lavoro grigio. Anche negli alberghi, dove spesso i lavoratori vengono pagati a cottimo. La Milano innovativa sta recuperando parole che avevamo dimenticato. Col comune di Milano abbiamo fatto un accordo importante sugli appalti pubblici che salvaguarda l’occupazione. Ma qui voglio tornare sul Jobs Act: a un lavoratore degli appalti il tema interessa poco, perché il suo posto di lavoro rischia ogni volta che c’è un cambio di appalto. L’amministrazione comunale ha capito che, almeno negli appalti del comune, era ora di finirla con la precarietà affidata ai tagli del governo. Oltre il 50% dei lavoratori a Milano ha un reddito al di sotto dei 26mila euro e c’è qualcosa che non torna rispetto al caro vita che a Milano pesa parecchio. Questo dovrebbe aiutarci ad uscire da una certa retorica, anche elettorale. La politica deve risolvere i problemi, non rimandarli. Sul tema del lavoro non servono fantasie, occorre impegnarsi sulle condizioni reali. Lo dico provocatoriamente: occorre dire basta alle leggi sul lavoro fatte dai teorici e non da chi ha una esperienza diretta nel mondo del lavoro. Noi abbiamo fatto una proposta che prova a ricomporre il mondo del lavoro, superando la rincorsa a chi sta peggio. Occorre semplificare i percorsi, guardare con interesse a vere opportunità di lavoro autonomo, lavorare sulla legge di rappresentanza, sulla partecipazione diretta dei lavoratori alle scelte dell’impresa – con Assolombarda ci stiamo provando – poi c’è la questione delle politiche attive e della formazione. Va recuperato il concetto di protezione del posto di lavoro, perchè in questo paese chi lo perde rischia di essere “fottuto” perché resta da solo. Sul futuro del Pd, dico si al dialogo, a patto che si parta dalle condizioni reali dei lavoratori. Il Pd riflette sulla possibilità di aprirsi. Va bene ma manca il tema del lavoro e va fatto in modo concreto, senza semplificazioni”, conclude Bonini.