Milano

Bossetti e i reperti di Yara: gli atti tornano a Bergamo

La Corte di Cassazione ha rimandato ai giudici di Bergamo la decisione in merito ai ricorsi presentati dagli avvocati difensori di Massimo Bossetti

Omicidio di Yara Gambirasio, a 12 anni di distanza continua a far discutere

La Corte di Cassazione rimanda ai giudici di Bergamo la decisione sui ricorsi presentati dai legali di Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio, uccisa il 26 settembre del 2010. "La Corte di Cassazione ha riqualificato il ricorso in opposizione trasmettendoo gli atti alla Corte d'Assise di Bergamo per un nuovo vaglio anche di merito. Stavolta chiederemo un'udienza pubblica", ha spiegato Claudio Salvagni, il legale di Bossetti, come riporta IlGiornale.it che spiega poi in un dettagliato articolo l'odissea che ha interessato la questione.

Il diniego della Cassazione - si legge nell'articolo de ilGiornale.it - fa riferimento ai due ricorsi (unificati) presentati dalla difesa di Bossetti contro il "no" della Corte d'Assise di Bergamo sulla dibattuta e controversa questione dei reperti relativi all'omicidio di Yara Gambirasio. Nello specifico, un ricorso riguarda la possibilità di poter visionare i vestiti che la vittima indossava la sera dell'omicidio; l'altro invece di poter conoscere lo stato di conservazione dei campioni residui di Dna.

Il Dna ignoto e i reperti non disponibili

La trafila - ricorda ilGiornale.it - comincia il 27 novembre 2019 quando il giudice della Corte d'Assise, Giovanni Petillo, accoglie l'istanza dei legali di Bossetti sulla possibilità di esaminare i 98 reperti (tra cui 54 campioni di Dna estratti dai vestiti, le scarpe e gli indumenti di Yara) relativi all'omicidio. Il 2 dicembre 2019 la stessa Corte precisa che il via libera va inteso come "mera ricognizione". Nei mesi a seguire la difesa presenta due nuove istanze chiedendo di conoscere modalità e tempistiche dell'esame. Nel frattempo, su richiesta del pm Letizia Ruggeri, titolare dell'indagine, tutto il materiale viene confiscato. A giugno del 2020 il presidente Petillo riferisce agli avvocati di non poter più rispondere alle loro richieste per via della confisca. 

L'altra richiesta - sottolinea ilGiornale.it - riguarda la possibilità di conoscere lo stato di conservazione dei campioni di Dna e di altri reperti (54 tracce genetiche tra cui il Dna di "Ignoto Uno"). A gennaio la Corte d'Assise respinge l'istanza ritenendola "inammissibile". Per gli avvocati di Bossetti il materiale, attualmente custodito nell’Ufficio corpi di reato del Palazzo di giustizia di Begamo, non sarebbe stato conservato in maniera idonea e dunque decidono di sporgere denuncia. Di conseguenza la Procura di Venezia, a cui nel frattempo sono stati inviati gli atti, ha iscritto nel registro degli indagati il presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo, e la funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di resto, Laura Epis, per l’ipotesi di reato è di frode in processo e depistaggio.

Una vicenda dunque che continua ad avere contorni poco chiari. 

 

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