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Caporalato: a Milano 21 rider Uber parti civili nel processo

Caporalato: a Milano 21 rider Uber parti civili nel processo

Si e' aperta oggi a Milano l'udienza preliminare nel processo per caporalato in cui erano coinvolti una manager di Uber Italy, la sezione italiana della multinazionale che si occupa di consegne a domicilio, e i titolari di una societa' terza che reclutava i rider. Davanti al gup Teresa De Pascale, questa mattina, l'azienda - la cui posizione per la legge 231 era stata stralciata - e' stata citata come responsabile civile e dunque entrera' nel processo (anche se potra' essere esclusa in un secondo momento in seguito ad una discussione in aula). Il gup, inoltre, ha ammesso 21 rider come parti civili e due di loro hanno anche assistito all'udienza.

Sebbene alcuni non lavorino piu' per le ditte intermediarie, ne' per Uber, i rappresentanti della categoria rimarcano che "le condizioni di lavoro in generale non sono appropriate: vogliamo essere considerati normali lavoratori"; le paghe infatti "non superano mai i 6 euro l'ora in media" e l'unico miglioramento per chi e' passato direttamente a Uber e' stato "un bonus" per le consegne; alcuni sostengono poi che "le condizioni sono addirittura peggiorate dopo l'accordo sindacale con l'Ugl". Nel frattempo, all'udienza di stamani, sono stati impostati due processi con rito abbreviato e due patteggiamenti, fra gli imputati iniziali. Nel primo caso si tratta di Danilo Donnini e Giuseppe Moltini, amministratori della Flash Road City Srl e poi della Frc, societa' che trovavano e gestivano il personale, quasi sempre reclutando immigrati in attesa di protezione umanitaria (e che in base alle indagini hanno anche evaso il fisco per oltre 315mila euro tra i Iva e imposte sui redditi). Nel secondo caso, hanno invece chiesto di patteggiare Leonardo Moltini e la segretaria Miriam Giraldi, accusata di favoreggiamento, perche' aveva custodito in una cassetta di sicurezza di un banca milanese 305 mila euro, per poi svuotarla e sottrarre la somma al sequestro, contribuendo cosi' alla frode fiscale.

L'udienza andra' avanti il 26 marzo alle 10, quando si attendono dichiarazioni spontanee degli imputati e l'inizio delle conclusioni del pm, Paolo Storari, che ha coordinato la maxi inchiesta: la prima in cui veniva espressamente citato il reato di 'caporalato' nei confronti dei fattorini in bicicletta. Nei successivi appuntamenti la parola passera' alle difese. L'indagine aveva rivelato che i rider venivano "pagati 3 euro l'ora", "depauperati delle ritenute d'acconto che venivano operate ma non versati" e sottoposti "a condizioni di lavoro degradanti, con un regime di sopraffazione retributivo e trattamentale". Per questo si era arrivati, a luglio, al commissariamento di Uber Italy e ad indagare manager interni, tra cui Gloria Bresciani, responsabile della divisione italiana (che nell'udienza preliminare non ha chiesto riti alternativi): "Abbiamo creato un sistema per disperatima i panni sporchi si lavano in casa", diceva al telefono, intercettata. Tutti gli indagati, secondo l'accusa, "approfittavano dello stato di bisogno dei lavoratori, migranti richiedenti asilo dimoranti nei centri di accoglienza straordinaria, pertanto in condizione di estrema vulnerabilita' e isolamento sociale" - si leggeva negli atti - e li destinavano al lavoro per il gruppo Uber "in condizioni di sfruttamento". Nella maggior parte dei casi si trattava di giovani provenienti da Mali, Nigeria, Costa d'Avorio, Gambia, Guinea, Pakistan, Bangladesh, i quali, secondo il pm, venivano "derubati" delle mance che i clienti lasciavano loro spontaneamente e "puniti" attraverso "una arbitraria decurtazione ("malus") del compenso pattuito, se non si fossero attenuti alle disposizioni impartite"; addirittura si trovavano ad essere "estromessi arbitrariamente dal circuito lavorativo di Uber attraverso il blocco dell'account a fronte di asserite mancanze lavorative".

Caporalato: Uber, collaboriamo contro intermediazione illegale

"Negli ultimi mesi abbiamo lavorato a stretto contatto con l'amministratore giudiziario per rivedere e rafforzare ulteriormente i nostri processi. Continueremo a collaborare con le autorita' e a combattere tutte le forme di intermediazione illegale". E' quanto comunica un portavoce di Uber in merito all'inizio dell'udienza preliminare nel processo per caporalato contro una ex dirigente dell'azienda (poi sospesa), e i titolari di due ditte che procuravano i lavoratori. Nell'udienza di oggi davanti alla gip Teresa De Pascale, la divisione italiana della multinazionale delle consegne a domicilio, e' stata ammessa come responsabile civile (anche se potra' poi essere esclusa in una fase successiva). Nella conclusione delle indagini, il pm aveva stralciato la posizione di Uber come persona giuridica inizialmente coinvolta in base alla legge 231 sulla responsabilita' amministrativa.

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