Milano

Carcere di Bollate, i giornalisti incrociano Formigoni (che li dribbla)

Carcere di Bollate, alla presentazione della ricicleria spunta anche l'ex Celeste Roberto Formigoni, che sta scontando la sua pena. E qualche pensiero viene...

Il Celeste dribbla telecamere in carcere. Bollate, i giornalisti incrociano l’ex governatore

Dite quello che volete ma, anche se è un carcere modello, Bollate fa sempre il suo effetto. Perché, consumate le formalità per entrare, superato lo spaccio e la sala riunioni, poi, vi toccherà entrare nel corpaccione di una galera: mura di cemento armato alte una decina di metri, sbarre alle finestre, guardie carcerarie che – seppure col sorriso sulle labbra – non vi perdono mai di vista. L’occasione è la presentazione di una ricicleria voluta da A2A, Regione e comune, per sostenere il lavoro, le attività che dovrebbero accompagnare i reclusi verso un nuovo inizio.

C’è un sacco di gente “estranea” a Bollate oggi: giornalisti, operatori, il direttore aggiunto della casa di reclusione, Cosima Buccoliero, il direttore delle carceri lombarde Pietro Buffa; il gran capo di A2A Valerio Camerano; gli assessori all’ambiente Cattaneo e Granelli. Si percorrono assieme i lunghi corridoi che si aprono sulle sezioni (un tempo si sarebbe detto i bracci). A metà di un lungo (e triste) corridoio, d’improvviso, spunta Roberto Formigoni: pantaloni leggeri, una maglietta chiara, il solito passo deciso, come se dovesse andare in giunta, col solito ritardo. Dura poco meno di un minuto la sua presenza, poi taglia verso la zona mensa, non ha mai abbassato gli occhi, come fosse assorto nei suoi pensieri. Gli ospiti si guardano: telecamere spente, i cellulari anche.

Sorpresi e c’è un po’ di sconcerto, perché molti di noi hanno seguito a lungo il suo impegno politico, l'hanno ascoltato per anni, a volte anche in disaccordo. Ma il rispetto non è mai mancato. La giustizia deve fare il suo corso e dev’essere uguale per tutti. Ma forse il Celeste dietro le sbarre è uno spreco. Farebbe molto meglio a sè e agli altri ai servizi sociali. O no?







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