Milano

Carlo Fidanza (Fratelli d’Italia): l’Unione europea è un "gigante burocratico"

Chiara Pisani

Intervista a Carlo Fidanza, capo-delegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo, candidato nella circoscrizione Nord-Ovest

Carlo Fidanza (Fratelli d’Italia): l’Unione europea “è diventata gigante burocratico"

L’Unione europea “è diventata ormai da molti anni un gigante burocratico, che tende a regolamentare ogni aspetto della nostra esistenza, spesso con norme incomprensibili e lontane dai cittadini. Ma è rimasto un nano politico, inesistente negli scenari di crisi”. Carlo Fidanza, capo-delegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo, è candidato nella circoscrizione Nord-Ovest, alle spalle della premier Giorgia Meloni. La sinistra, suggerisce Fidanza, prima di parlare di Vannacci o Sgarbi, "guardi a casa propria, dal momento che hanno candidato Ilaria Salis, arrestata in compagnia di gente che va in giro per l’Europa a prendere a martellate in testa gli avversari politici".

In questi anni, su temi come crisi energetica, pandemia, conflitto in Medio Oriente, guerra in Ucraina, l’Europa è stata in grado di dare risposte comuni?
Assolutamente no, purtroppo. L’Unione europea è diventata ormai da molti anni un gigante burocratico, che tende a regolamentare ogni aspetto della nostra esistenza, spesso con norme incomprensibili e lontane dai cittadini. Ma è rimasto un nano politico, inesistente negli scenari di crisi. Le crisi e le due guerre che si combattono alle nostre porte dimostrano ancora una volta la necessità di rifondare l’Ue sul principio “fare meno, fare meglio”. Poche competenze davvero condivise, tra queste la politica della difesa, e più rispetto per le specificità delle singole nazioni.

Con le europee di giugno si potrebbe ridisegnare l’Europa. Che idea si è fatto? Deve essere meno ideologica?
È la partita più importante. Con le europee di giugno si può cambiare direzione rispetto a questi ultimi cinque anni nei quali la sinistra rosso-verde di Timmermans e compagni, con la grave complicità di liberali e popolari, ha imposto la sua folle ideologia ultra-ambientalista, senza mai tenere conto dei risvolti socio-economici dei provvedimenti portati avanti. Andando avanti di questo passo avremmo la desertificazione agricola e industriale del nostro continente, proprio mentre i giganti asiatici e gli Usa investono risorse straordinarie per sostenere le loro imprese aggredendo i nostri mercati. Lo abbiamo visto nel settore automobilistico, condannato a una transizione verso l’”elettrico tutto e subito” assolutamente insostenibile per imprese e cittadini. Lo abbiamo visto con l’attacco sferrato alle nostre abitazioni attraverso la direttiva “case green”. E lo abbiamo visto nella guerra senza quartiere alla nostra agricoltura, che porterebbe a sostituire i nostri prodotti con quelli importati da fuori Ue e meno sani e sostenibili dei nostri. Tutti provvedimenti folli che devono essere rivoltati come un calzino, se vogliamo garantire un futuro all’Europa.

Cosa contraddistingue l’appuntamento elettorale di giugno?
Abbiamo l’opportunità storica di esportare anche a livello europeo il “modello Meloni”: una maggioranza di centrodestra, come quella che abbiamo costruito in Italia con il voto del settembre 2022, che mandi definitivamente all’opposizione le sinistre. Poter contare a Bruxelles su una maggioranza che parli la nostra stessa lingua significherebbe poter difendere ancora meglio gli interessi italiani, a partire dalla difesa di chi produce fino alla difesa dei confini europei e italiani dall’immigrazione incontrollata.

Cosa l’ha spinta a ricandidarsi? Cosa le hanno insegnato questi anni da europarlamentare?
Sono alla fine del mio secondo mandato al Parlamento europeo, sia pur con una sfortunata parentesi nel 2014 quando Fratelli d’Italia - sembra incredibile oggi - non raggiunse la soglia del 4%. Posso dire che a Bruxelles ci sono arrivato giovanissimo, sia pure dopo una lunga gavetta politica, e oggi sono uno dei veterani italiani. In questa legislatura ho svolto il ruolo di Capodelegazione guidando la pattuglia degli eurodeputati di FdI che, con il voto di giugno, è destinata a moltiplicarsi e diventare una delle più numerose del Parlamento europeo. Mi sono occupato di tutti i temi cruciali per l’Italia e di decine di provvedimenti fondamentali per il nostro futuro. Ho accompagnato Giorgia Meloni nel percorso che l’ha portata a diventare Presidente dei Conservatori europei e oggi tutto questo lavoro mi è stato riconosciuto con il ruolo di secondo capolista nella nostra circoscrizione, dietro a Giorgia che ringrazio per questo riconoscimento. Sarà una legislatura decisiva, ogni nostro voto rappresenterà anche il governo Meloni e peserà di più. In una macchina burocratica molto complessa come il Parlamento europeo, servono le forze fresche dei nuovi e la competenza dei più esperti.

Pochi giorni fa si è celebrato il 1 maggio. Ad oggi i partiti di sinistra, secondo lei, riescono a dare voce ai lavoratori?
La sinistra ha perso il contatto con il popolo e con i lavoratori molto tempo fa. Oggi abbiamo una sinistra da salotto radical-chic, che fa battaglie in nome di minoranze come gli immigrati o gli attivisti Lgbt ma non è più in grado di rappresentare la maggioranza degli italiani. È una sinistra fluida che ha sostituito il proletariato con le banche, l’ideologia comunista con quella green, Mosca con Bruxelles. Rimane di fondo però la stessa cultura liberticida, la stessa intolleranza. Non a caso anche questo 1 Maggio rimarrà negli annali per le parole di odio scagliate dal palco dei vari concertoni, nel nome di un antifascismo di maniera che non interessa più nessuno. Al contrario, per il secondo anno di seguito, il governo Meloni ha festeggiato il 1 Maggio con provvedimenti importanti a favore dei lavoratori, dopo un anno che ha segnato il record storico di occupati, in gran parte a tempo indeterminato. Un risultato straordinario ottenuto grazie alla concretezza del governo e a scelte coraggiose come l’abolizione del reddito di cittadinanza.

In merito alla direttiva Case Green lei ha detto che si impegnerà a rimettere mano al provvedimento nella prossima legislatura. Quali saranno i passi successivi?
La direttiva sulle case green è stata una delle tante eco-follie dettate dall’ideologia sotto la guida di Timmermans. Soltanto dei “talebani green” chiusi nei palazzi del potere avrebbero potuto paragonare una casa in legno nella tundra finlandese a una casa in pietra in un borgo della Sicilia, imponendo alle nostre famiglie salassi da decine di migliaia di euro. Grazie al lavoro del nostro Governo e degli europarlamentari del centrodestra italiano, abbiamo migliorato il testo eliminando l'obbligo del passaggio di classe energetica per ciascun immobile. Ciò nonostante, resta comunque un testo sbilanciato che comporta oneri eccessivi, senza sapere come verranno finanziati. Specifica particolarmente importante per la nostra nazione, messa già a dura prova dalla terribile esperienza del superbonus varato da quelli che oggi pretendono dal governo di trovare miliardi per ogni cosa dopo aver dissestato i conti pubblici per ristrutturare casa a un po’ di benestanti. Per queste ragioni, dopo esserci opposti in Parlamento, ci impegniamo a modificare il provvedimento nella prossima legislatura.

Riguardo l’approvazione del Patto di Stabilità e crescita, il centrodestra ha scelto di astenersi. Le nuove norme sulla governance economica dell’Ue non vi hanno convinto?
Affatto. Grazie al lavoro del governo Meloni, il testo approvato è certamente migliorativo rispetto al vecchio Patto, ma presenta ancora punti critici voluti dai cosiddetti Paesi frugali. Credo sia stata un’occasione persa: sarebbero serviti più flessibilità e il coraggio di scorporare dal rapporto deficit/Pil almeno le spese per gli investimenti legati alle transizioni green e digitale e alla difesa. La nostra priorità sarà quella di impegnarci per una modifica sostanziale del Patto, che mandi in archivio per sempre la stagione dell’austerità.

Vittorio Sgarbi e Roberto Vannacci, entrambi candidati, sono stati fortemente bersagliati dalle opposizioni, suscitando diversi malumori. Perché?
Alle Europee si vota con le preferenze e ognuno potrà scegliere i candidati che preferisce. Poi, mi permetta, nella nostra circoscrizione la sinistra radicale candida Ilaria Salis. Non so se sia colpevole o innocente, lo deciderà la giustizia ungherese. Ciò che è certo è che è stata arrestata in compagnia di gente che va in giro per l’Europa a prendere a martellate in testa gli avversari politici. Prima di prendersela con gli altri, la sinistra guardi a casa propria.

La decisione di numerosi leader, compresa la presidente del Consiglio, di essere capolista, è un modo per accentrare il consenso?
No, votare Giorgia Meloni serve a rafforzarla sui tavoli europei per far pesare di più l’Italia. Siamo già riusciti in questi ultimi mesi a far cambiare idea all’Ue su molte cose, pensiamo a quello che potremo fare nei prossimi cinque anni con una squadra di eurodeputati quadruplicata ad affiancare la nostra leader. Peraltro noto che alla fine gran parte dei leader si sono candidati, come è giusto e normale che sia. La differenza è che mentre nel Pd molti non volevano la Schlein in lista né il suo nome nel simbolo, gli elettori di FdI avranno la straordinaria opportunità di dare la propria preferenza a Giorgia Meloni e ad altri due candidati che poi rimarranno a Bruxelles a combattere sui provvedimenti.

Tra le file del Pd, ci sono esponenti come Cecilia Strada che hanno posizioni ambigue sull’invio delle armi.
A dispetto delle dichiarazioni di facciata, su questo tema all’interno del Pd c’è ben poca chiarezza e molta ambiguità. C’è il tentativo di Schlein di fare concorrenza a Conte sul versante più radicale, pacifista e ultra-green, tenendo dentro la parte riformista del partito che però viene sempre più schiacciata. Al di là delle singole candidature, sono contraddizioni destinate a esplodere e che confermano che oggi il Pd non rappresenta un’alternativa di governo credibile.

 







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