Milano

Caso camici, nuove indagini su Fontana: verifiche sui movimenti finanziari

L'ipotesi di reato sono di autoriciclaggio e false dichiarazioni nella "voluntary disclosure". La Procura ha avviato una rogatoria sui conti del governatore

Caso camici, nuove indagini su Fontana: verifiche sui movimenti finanziari

Attilio Fontana, già indagato sul caso camici, ora si trova ad affrontare nuove ipotesi di reato ed è stata avvita una rogatoria. I reati ipotizzati non avrebbero dunque a che vedere direttamente con la turbativa d’asta e frode in pubbliche forniture relativamente alla fornitura di camici acquistata dal cognato, Andrea Dini, durante il picco della prima ondata, ma avrebbero natura fiscale e finaziaria. Si è saputo infatti nel corso del pomeriggio che le ipotesi di reato riguardano autoriciclaggio e false dichiarazioni nella "voluntary disclosure".

Procura: rogatoria sui conti del Governatore

Una rogatoria in Svizzera e' stata avviata dalla Procura di Milano con la necessita' di "approfondire i movimenti finanziari" del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. A comunicarlo è la Procura, che in una nota precisa che si tratta di una richiesta "di commissione rogatoriale alle autorita' Elvetiche per completare la documentazione allegata alla domanda di voluntary disclosure" presentata dallo stesso governatore. "La difesa di Fontana si e' dichiarata disponibile a dare ogni chiarimento, sia in sede rogatoriale sia fornendo documentazione" e presentazione spontanea da parte di Fontana, conclude la comunicazione a firma del procuratore Capo, Francesco Greco. 

In base alla ricostruzione degli inquirenti (Luigi Furno, Carlo Scalas e Paolo Filippini, del pool anticorruzione guidato da Maurizio Romanelli) Fontana, nel maggio scorso, aveva 'risarcito' di tasca propria 250mila euro al cognato, dopo che la fornitura era stata trasformata, per sua stessa pressione, in donazione ad Aria, la centrale appaltante della Regione. Un tentativo di 'conciliazione familiare' che serviva a riparare l'affare da 513mila euro per 82mila camici di fatto andato in fumo. Il denaro di risarcimento alla 'Dama Spa' (societa' di cui la moglie di Fontana, Roberta Dini, deteneva il 10%) proveniva da un conto svizzero alla banca "Ubs", che era stato dichiarato allo Stato nel 2015 tramite la 'voluntary disclosure'. Sul conto giaceva l'eredita' ricevuta dalla madre: 5,3 milioni provenienti originariamente da un trust alle Bahamas (costituito nel 2005 e 1997). L'indagine sul 'Caso camici' ha avuto un'accelerata negli ultimi giorni, dopo che e' stato sentito l'altro ieri l'ormai ex presidente di Aria, Francesco Ferri, costretto a dimettersi dallo stesso governatore dopo il caos vaccini che si recentemente generato in regione. Ora pero' gli inquirenti vogliono vederci chiaro proprio sulle movimentazioni finanziarie del presidente, assistito dai legali Jacopo Pensa e Federico Papa (che stamattina hanno avuto un incontro con il procuratore Capo, Francesco Greco, da cui e' uscito il comunicato congiunto alla stampa). Per il momento ad essere indagati nel caso sono Andrea Dini e l'ex dg di Aria, Filippo Bongiovanni, con le accuse di turbata liberta' nella scelta del contraente e frode nelle pubbliche forniture; su Fontana invece pende la sola accusa di frode. 

Le ipotesi di reato: autoriciclaggio e false dichiarazioni nella "voluntary disclosure"

Il governatore lombardo sarebbe indagato per autoriciclaggio e false dichiarazioni nella "voluntary disclosure" nell'ambito dell'indagine sul caso camici. Per questo la Procura di Milano ha inviato la richiesta di rogatoria in Svizzera in relazione al suo conto "scudato" sul quale giace l'eredita' di 5,3 milioni avuta dalla madre e da cui proverrebbero i 250mila euro che Fontana avrebbe offerto al cognato Andrea Dini per 'riparare' la mancata vendita dei camici alla Regione all'inizio della pandemia. Denaro dichiarato proprio grazie alla voluntary disclosure ma di cui i pm milanesi vogliono ricostruire la provenienza.

Caso camici: indagini su origine denaro conti svizzeri Fontana 

L'origine dei 5,3 milioni presenti sui conti in Svizzera del governatore lombardo, Attilio Fontana, 'dichiarati' grazie alla voluntary disclosure. E' quello che vogliono analizzare i pm di Milano. A detta del governatore quei soldi 'scudati' provengono dall'eredita' avuta dalla madre dentista, ma - secondo quanto appreso - non tutta la documentazione fornita sarebbe univoca in questo senso. 'Qualcosa non torna' dunque agli occhi degli inquirenti - i pm Luigi Furno, Carlo Scalas e Paolo Filippini del pool anticorruzione guidato da Maurizio Romanelli - nelle carte presentate da Fontana per la voluntary disclosure e anche nella documentazione fornita dall'Agenzia delle Entrate nel corso delle indagini. Ci sarebbero invece dei 'vuoti' nella documentazione 'dei flussi' di denaro, precedenti al 2015 e dunque allo scudo. E questi 'vuoti' possono essere riempiti soltanto con la collaborazione chiesta alle autorita' svizzere, oppure con dichiarazioni o documenti che lo stesso Fontana potra' fornire. In questo senso potrebbe darsi che a breve lo stesso governatore si faccia sentire dagli inquirenti per chiarire la sua posizione. Al momento sono due le 'relazioni' finanziarie su cui si concentra 'il faro' della Procura. Entrambi i patrimoni, comunque, sarebbero confluiti nel contro Ubs svizzero a cui Fontana avrebbe attinto per 'riparare' la mancata vendita dei camici da parte del cognato Andrea Dini, alla Regione: circa 250mila euro offerti di tasca propria. Cifra che ha insospettito i pm e ha di fatto dato avvio alle indagini sulle sue movimentazioni finanziarie. Oltre all'iniziale reato di frode nelle pubbliche forniture si sono aggiunte per questo le accuse di autoriciclaggio e false dichiarazioni nella voluntary disclosure. 

Caso Camici: Fontana, nessuna ombra su origine soldi 'scudati' 

Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, "non intende lasciare alcuna ombra in relazione alla procedura di voluntary disclosure" del denaro detenuto in Svizzera, sull'origine del quale la Procura intende fare chiarezza tramite una rogatoria. A dichiararlo e' lo stesso governatore tramite i suoi avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa. I legali sono convinti che bastera' "ricostruire documentalmente" l'origine di quel denaro, 5,3 milioni, per dimostrare che si tratta in toto dell'eredita' ricevuta dalla madre. E dunque gli elementi che 'non tornano' agli inquirenti sarebbero da imputare "ad un problema di interpretazione", ha spiegato l'avvocato Pensa all'AGI. "Nella documentazione" su cui lavorano gli inquirenti, proveniente anche dall'Agenzia delle Entrate, "c'e' gia' tutto ed e' la stessa che abbiamo anche noi", ha aggiunto il difensore. 







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