Milano

Caso Nigeria: la cronistoria della guerra nella Procura di Milano. SCHEDA

La ricostruzione tappa per tappa del conflitto tra magistrati della Procura di Milano attorno all'inchiesta Eni-Shell-Nigeria

Caso Nigeria: la cronistoria della guerra nella Procura di Milano

L'avvio dell'inchiesta amministrativa del ministero della Giustizia e' l'ultima tappa di un aspro conflitto tra magistrati che viene a galla il giorno dopo il deposito delle motivazioni della sentenza Eni-Shell-Nigeria che ha assolto tutti e 15 gli imputati dall'accusa di tangenti per l'acquisizione del giacimento petrolifero Opl-245. Questa la ricostruzione dell'intricata vicenda nella scheda curata da Agi.

Il 10 giugno emerge che il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro, che hanno rappresentato la pubblica accusa, sono indagati per 'rifiuto di atti d'ufficio' perche' avrebbero 'nascosto' ai giudici degli elementi ritenuti rilevanti per delineare un quadro completo della vicenda, soprattutto - questo e' il cuore dell'accusa - dal punto di vista delle difese. La loro iscrizione risale a una decina di giorni prima, in seguito all'interrogatorio durato 4 ore del pm Paolo Storari, sentito il 19 maggio dai colleghi di Brescia nelle vesti d'indagato per rivelazione di segreto d'ufficio in relazione ai verbali resi dall'avvocato Piero Amara sulla presunta loggia massonica 'Ungheria'.

E' Storari a mettere nei guai i vicini d'ufficio raccontando di avere messo a disposizione dei due colleghi elementi emersi nel corso di altre indagini che avrebbero documentato la non credibilita' di Vincenzo Armanna, imputato ma anche teste dell'accusa. In particolare, l'ex manager di Eni avrebbe cercato di accreditare, attraverso chat artefatte, circostanze false sull'ad di Eni Claudio Descalzi e sul capo del personale Claudio Granata. Conversazioni che riguardavano anche il presunto versamento di 50mila dollari a un poliziotto nigeriano per convincerlo a presentarsi come lo '007 Victor', evocato da Armanna come possibile testimone a riscontro delle sua affermazioni. Sempre il 10 giugno, il procuratore capo di Milano Francesco Greco informa in una nota che l'indagine della Procura di Brescia su De Pasquale e Spadaro e' "un atto dovuto che merita rispetto istituzionale". Brescia, competente sui procedimenti che riguardano i 'vicini' di Milano, non solo indaga i colleghi ma fa anche perquisire i loro pc. Greco individua la strategia difensiva dei pm del caso Nigeria in "una nota consegnata alla procura di Brescia, inviata a questo procuratore il 5 marzo 2021, nella quale i colleghi esprimevano, in modo dettagliato, la loro valutazione critica in ordine al materiale ricevuto, peraltro informale e oggetto di indagini tuttora in corso".

Quattro giorni dopo, il 14 giugno, la Procura di Brescia chiede al Tribunale di Milano di acquisire la sentenza del processo oggetto della disputa. Nelle motivazioni del dispositivo, il collegio Tremolada-Gallina-Carboni della settimana sezione penale aveva definito "incomprensibile" la scelta di De Pasquale e Spadaro "di non depositare fra gli atti del procedimento" un video "che, portando alla luce l'uso strumentale che Armanna intendeva fare delle proprie dichiarazioni e della auspicata conseguente attivazione dell'autorita' inquirente, reca straordinari elementi a favore degli imputati". Inoltre, i giudici avevano sottolineato "l'evidente irritualita'" della richiesta dei pm di ascoltare a istruttoria chiusa del dibattimento l'avvocato Amara in relazione a sue dichiarazioni su presunte "interferenze da parte della difesa Eni e di taluni imputati nei confronti di magistrati di uffici giudiziari milanesi". Nel frattempo, un piccolo gruppo di colleghi dell'Ufficio della Procura di Milano sollecita una riunione al procuratore capo Francesco Greco per avere un confronto sulle ripercussioni legati al caso. Di ieri infine la decisione del Ministero che ha "chiesto all'ispettorato di svolgere accertamenti preliminari al fine di una corretta ricostruzione dei fatti, attraverso l'acquisizione degli atti necessari".







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