Milano
Catella, la trasparenza e gli immobiliaristi. Solitaria lotta di Rizzo&Gentili
E' in atto la trasformazione urbanistica di Milano in bilico tra le esigenze degli immobiliaristi e la necessità di trasparenza dell'amministrazione
Catella, la trasparenza e gli immobiliaristi. Solitaria lotta di Rizzo&Gentili
Settantatré anni, entrato a Palazzo Marino per la prima volta nel 1983 con Democrazia proletaria, Basilio Rizzo da 37 anni si dedica a Milano e al suo sviluppo. Ha anche tentato la corsa a primo cittadino nel 2016 ma si è fermato al 3% delle preferenze ed è entrato in consiglio comunale con la lista Milano in Comune. È stato uno dei maggiori oppositori in consiglio della stagione buia dell’immobiliare a Milano. Oggi si dice poco convinto del nuovo modello Milano e lascia intuire che secondo lui la città presa dalla sua corsa si avvii cieca verso un nuovo salto nel vuoto. Anche il consigliere David Gentili, presidente della Commissione Antimafia del Comune, scrive sul proprio profilo social: “Manfredi Catella, 51 anni, è fondatore e a.d. di Coima Sgr, una delle principali società di investimento, sviluppo e gestioni di patrimoni immobiliari. Ora impegnata nello Scalo Farini e a Porta Romana. Peccato che si rifiuti sistematicamente di comunicare all'amministrazione comunale (con cui sottoscrive le convenzioni urbanistiche) di chi siano i soldi che lui gestisce. I cosiddetti titolari effettivi. Forse non lo sa neppure lui. E sarebbe ancora più preoccupante”. Sviluppo e trasparenza sono i due temi. La domanda che sembra emergere è: possono questi elementi andare di pari passo? Affaritaliani.it Milano ha chiesto ai diretti interessati, Rizzo e Gentili, e anche ai chiamati in causa, Manfredi Catella, risposte precise su dubbi e prospettive.
Incontriamo Basilio in una delle stanze adiacenti a Palazzo Marino, è in questo spazio che prepara le sue battaglie contro quello che ha definito in più occasioni il partito del mattone. Non gira intorno alla questione e afferma: “Per me Catella è il Ligresti del 2000. Ha la stessa spregiudicatezza, un potere straordinario e una capacità di interloquire con l’amministrazione che nessun altro fondo possiede. In questo vedo delle similitudini con Ligresti. Lì sapevamo cosa stava accadendo, qui vedremo”.
Coima non è di certo l’unico fondo che sta agendo a Milano e che sta contribuendo a questa trasformazione. Ci sono il gruppo Prelios, la multinazionale australiana Leandlease e la francese Covivo. C’è poi il fondo americano Hines con la sua divisione Hines Italia, oggi gestita da Mario Abbadessa ma dal 1999 al 2014, durante la realizzazione del progetto di Porta Nuova, affidata a Manfredi Catella.
Rizzo sostiene che la società milanese però abbia una marcia in più rispetto ai concorrenti. Il consigliere non si dice contrario al progresso della città, ma vede dei pericoli nel tanto decantato modello Milano. “L’esclusività e l’eccellenza sono due concetti positivi, ma non se li si esaspera. C’è una città dei ricchi, del commercio e poi c’è quella delle periferie. Questo sviluppo diseguale, con pochi milanesi che hanno la ricchezza e altri che non hanno nulla, è pericoloso”.
In questa visione bolle di ricchezza come Citylife, il restyling di Porta Nuova e, in prospettiva, anche Porta Romana sarebbero delle potenziali future polveriere. E si arriva al nodo: “A Milano i prezzi degli immobili salgano alle stelle, l’indice dei costi a metro quadro viene riportato dai più come un risultato positivo delle politiche cittadine. Tutti sostengono che questa crescita e l’innalzamento dei prezzi delle case sia un fattore positivo. Io mi chiedo, chi se li può permettere questi prezzi?”
E il consigliere continua: “L’attenzione spasmodica della maggioranza è focalizzata sull’assecondare questo tipo sviluppo. Ma siamo sicuri che sia questo il bene della città?” Quali costi comporta una velocità e un progresso del genere? È anche ciò che si chiede David Gentili con il suo post, citato all’inizio dell’articolo. Gli investimenti che giungeranno a Milano nei prossimi 10 anni sono stimati in 13 miliardi di euro secondo gli studi di Scenari Immobiliari. Anche Sala, in più occasioni, ha ricordato con orgoglio questo dato.
E i fondi che giungono da dove provengono? Quali strumenti ha l’amministrazione per conoscere chi sta contribuendo a rendere Milano la miniera d’oro del real estate? Chi paga i conti per il cambio di look di Porta Nuova, della zona Bocconi, i progetti su Sesto e quelli sullo scalo Farini e su Porta Romana?
Quella che sta cercando di condurre Gentili, anche se con delle armi spuntate (come vedremo), è una battaglia sulla trasparenza. “Nessuno vuole impedire il progresso o che i fondi traggano i “giusti” profitti dalle operazioni, però vogliamo sapere di chi sono i soldi che arrivano in città”.
Il consigliere, eletto con la lista Milano progressista, ha sollevato con il suo post un problema non da poco. Gentili ha richiesto di conoscere i titolari effettivi di 5 grosse operazioni di investimento avvenute in città negli ultimi anni: il passaggio di proprietà dell’Inter; il passaggio di proprietà del Milan; la costruzione delle palazzine di Porta Vittoria; il palazzo di Piazza San Fedele; i lavori nell’area Valtellina, porzione dello Scalo Farini adiacente a Porta Nuova.
Conoscere i titolari effettivi di queste operazioni significa conoscere le generalità della persona fisica in possesso del 25% del capitale del cliente. O, quando non ci fosse stata una persona fisica con il controllo della maggioranza dei voti, si riconosce come titolare la persona (o le persone) con poteri di amministrazione o direzione della società. In sostanza Gentili vorrebbe che fosse comunicato all’amministrazione chi fornisce il denaro per acquistare le squadre della città o il dato terreno. O, chi mette mano al portafogli per riqualificare gli scali ferroviari. Una comunicazione riservata ed esclusiva tra società e amministrazione pubblica.
“Sulla questione Inter e Milan non c’è stata nessuna risposta” spiega il consigliere ad Affaritaliani.it Milano. “Per Porta Vittoria invece è stata presentata un’articolata documentazione, inoltrata dal Fondo York Capital Management Europe, ma si tratta anche lì di una serie di scatole cinesi che conducono nel Delaware. Non una risposta chiara, insomma. Per quanto riguarda le operazioni di Palazzo San Fedele e dell’area Valtellina, che coinvolgono Coima e Coima Mistral (fondo gestito da Coima Sgr), anche in questo caso non ci sono stati chiarimenti”.
“Al di là di Coima e di Manfredi Catella” puntualizza Gentili “La questione che mi pongo è: possibile che le pubbliche amministrazioni non possano obbligare le controparti a dichiarare di chi siano i fondi investiti? È una follia. Si tratta di un cono d’ombra legislativo che impedisce di escludere dalle gare, o dalle concessioni/convenzioni, chi non dichiara il proprio titolare effettivo”.
Il limite di legge a cui fa cenno il consigliere Gentili è anche la giustificazione accampata in genere dai fondi che si rifiutano di fornire i dati. Milano aveva addirittura votato l’obbligo di dichiarare in fase di bando i titolari effettivi nell’ottobre 2018, ma l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha subito posto subito un freno a questa nuova politica. Il motivo? La mancanza di un obbligo legislativo.
È uno di quei casi in cui la politica, almeno a Milano e quanto meno tramite alcuni suoi rappresentanti, tenta di sopperire ad una mancanza normativa. La pubblica amministrazione vorrebbe poter conoscere i reali investitori in città, la legge ha però risposto picche. A dimostrare l’elevato livello di guardia del Comune di Milano c’è anche l’istituzione di un Comitato antimafia nel 2016 che nelle sue fila conta magistrati e consulenti di grande esperienza e con alle spalle importanti indagini sulla criminalità.
Il Comune sta inoltre applicando con particolare solerzia dal 2014 la norma che obbliga le PA alla comunicazione di operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia. L’UIF è un ente con funzioni di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, è stata istituita dalla Banca d’Italia e stila un rapporto annuale su economia sommersa e fondi illeciti.
Dall’ultima indagine è emerso che la Lombardia ha inoltrato quasi il 20% di segnalazioni di operazioni sospette delle 10.783 ricevute dall’ente da tutta Italia. La Campania si è fermata solo al 12.5% e il Lazio a meno del 10%.
Dal 31 Marzo 2014 al 18 Ottobre2019 solo il Comune di Milano ha formalizzata 23 comunicazioni di operazioni sospette all’UIF. Ma dietro quelle 23 segnalazioni ci sono quasi 5000 operazioni economiche analizzate, per un valore di oltre di € 1.110.554.287,00 di capitale movimentato. Le società analizzate sono state 1.256 di cui 234 sono state segnalate, mentre le persone fisiche messe sotto la lente di ingrandimento sono state 2.437 e quelle ritenute da approfondire sono state 210.
Numeri che spingono a delle riflessioni. All’interno della maggioranza e del consiglio comunale non tutti la pensano come Gentili, e in pochi come Rizzo. Molti ritengono che l’eccessiva complicazione delle procedure rischia di far perdere investimenti. “Una risposta del genere per un membro della pubblica amministrazione per me è intollerabile. Come trovo intollerabile il principio per cui un ente pubblico non possa avere accesso a queste informazioni indispensabili per contrastare i capitali criminali e sommersi” chiude Gentili senza mezzi termini.