Milano

Centrodestra, Montigny: "Se mi candido mollo l'azienda. E' un salto nel buio"

di Fabio Massa

Oscar Di Montigny intervistato da Affaritaliani.it: "E' giunto il momento in cui voglio mettermi al servizio di un sistema, di una comunità"

Centrodestra, Montigny: "Se mi candido mollo l'azienda. E' un salto nel buio"

"Incontrerò i vertici del centrodestra. Non domani o nei prossimi giorni, ma credo sia un incontro necessario a tutti. La famiglia? Ha saputo di una possibile candidatura in maniera inaspettata, ad una festa. Se dovessi fare il candidato ovviamente uscirei dall'azienda in modo formale e sostanziale, sarebbe - professionalmente parlando - un salto nel buio". Oscar Di Montigny parla con Affaritaliani.it Milano e racconta come sta nascendo la sua candidatura ("Ammesso che loro mi vogliano e che io li voglia"). L'INTERVISTA DI AFFARITALIANI.IT MILANO

Oscar di Montigny, a che punto siamo? E' vero che vedrà domani i vertici del centrodestra?
Non domani, ma è vero che voglio incontrarli di persona. Non ho ancora avuto l'onore di ringraziare tutti per l'interesse. Certo, ho delle riserve che devo sciogliere, e alcune di queste riserve passano da un incontro con loro... Insomma, l'incontro sarà necessario a tutti.

La sua famiglia e la famiglia Doris che cosa dicono?
La famiglia l'ha saputo in maniera inaspettata, all'inizio di giugno. Voi l'avevate anticipato alla fine di maggio, ma il 4 giugno riesplode la notizia della mia candidatura, e a una festa di compleanno di un'amica dove c'era mia moglie e mio cognato ho dovuto spiegarlo così, in piedi. Avrei voluto avere più dati e più dettagli, ma sono cose che nascono in maniera un po' così.

E con suo suocero Ennio Doris ha parlato?
Nella mia famiglia siamo molto democratici, dopodiché la nostra storia insegna che siamo stati sempre lontani da ogni matrice politica. Se dovessi accettare questa candidatura, se si dovesse concretizzare, dovrei uscire dall'azienda sia formalmente sia sostanzialmente. Parte delle mie riserve sono proprio legati al mio nucleo familiare, più che ad altro. E poi professionalmente si tratta di un salto nel buio.

Il mestiere del sindaco è duro. E professionalmente è "un salto nel buio". E allora perché lo fa?
Domanda bella. E devo dire che raramente ho incontrato un'unanimità nelle persone che conosco nella considerazione che no, fare il sindaco non vale la pena. Eppure mi sono lasciato raggiungere da questa opportunità invece di dire no subito. La motivazione è che nella mia vita è giunto il momento particolare in cui voglio mettermi al servizio di un sistema, di una comunità più grande e inclusiva. Ho prodotto idee utili, e vorrei metterle a fattor comune. Io voglio essere utile. E' dal settembre del 1999 che ho fatto mio un mantra: fai della tua vita un dono e fai di questo dono qualcosa di significativo per l'insieme. La mia famiglia è un insieme, l'azienda è un insieme più grande. La città è un insieme. Comunque finirà questa avventura andrà bene. Diciamo che sento questa cosa come una chiamata, in questa fase.

Di lei dicono che usa troppa filosofia e parla difficile: fare il sindaco vuol dire parlare anche di buche, di cose pratiche...
Se dovessi fare il sindaco cercherei di adattare il linguaggio. Ho esperienze su grandi palchi, con migliaia di persone davanti. Ma anche un lavoro di oltre 10 anni a San Patrignano, missioni umanitarie nel Terzo Mondo, ho lavorato con emarginati. Ho esperienze nelle università. Incontro tantissimi ragazzi. Mi è chiarissimo di come si debba adattare un contenuto al profilo delle persone che informi, è la prima forma di rispetto. Se accetterò e mi accetteranno, il linguaggio sarà una delle cose che adatterò ai miei interlocutori. E poi non ci scordiamo che sono nato tra Baggio e Giambellino...

Insomma, figlio delle periferie.
Ho girato i campetti di mezza Milano quando giocavo a calcio.

Eppure il suo cognome è nobile, e già girano dei meme...
Io ho il mio cognome, e se fossi stato un attore o un calciatore sarebbe stato perfetto. Ma che devo fare, lo cambio? Non esiste una storia legata al mio cognome. La storia della mia famiglia è quella di nobili che scappano dalla Rivoluzione Francese e che man mano che si allontanano dalla Francia diventano più poveri. Alla fine sono un ragazzo di Baggio. Ha idea a Baggio come usavano il mio cognome? Ci ho fatto l'abitudine.

E Gabriele Albertini? Si è proprio "innamorato".
Sono stato ospite di un webinar di Andrea Vento. Una sera fanno questo talk show e Gabriele Albertini era tra gli ospiti. Ci siamo conosciuti così, telematicamente. Non ci siamo mai stretti la mano, ha letto un mio libro e poi un altro ed è nata questa stima reciproca.

fabio.massa@affaritaliani.it







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