Milano
Condanna a nove anni per "Fatima", la prima foreign fighter italiana dell'Isis
Maria Giulia 'Fatima' Sergio, combattente italiana per l'Isis, è stata condannata a nove anni di carcere. Attualmente si troverebbe in Siria
Maria Giulia 'Fatima' Sergio, la prima combattente italiana per l'Isis individuata in Italia e che ora si troverebbe in Siria, e' stata condannata a 9 anni di carcere dalla Corte d'Assise di Milano. Si tratta della prima condanna per un foreign fighters nel nostro Paese.
Oltre a 'Fatima' sono state condannati altri 5 imputati. La condanna piu' alta, a dieci anni, e' toccata al marito della giovane foreign fighter, l'albanese Aldo Kobuzi, anche lui latitante. Nove anni sono stati inflitti a Fatima e alla sua presunta 'guida spirituale', Bushra Haik, e otto anni a Donica Coku e Seriola Kobuzi, rispettivamente madre e sorella di Aldo. Infine, la pena piu' bassa all'unico imputato al quale sono state concesse le attenuanti generiche, Sergio Sergio il padre di Fatima, condannato a 4 anni. Le accuse erano, a vario titolo, terrorismo internazionale e organizzazione di viaggi a fini di terrorismo. Le motivazioni saranno depositate tra 90 giorni. Il personaggio chiave dell'inchiesta e' Fatima, la 29enne di origini campane partita da Inzago, vicino a Milano, nel 2014, e che ora sarebbe in Siria a combattere per l'Isis.
Nel corso della requisitoria che si era chiusa con sei richieste di condanna, il pm Maurizio Romanelli aveva enfatizzato in generale "il ruolo centrale delle donne nello Stato islamico" nella vicenda di Maria Giulia 'Fatima' Sergio, la giovane che si troverebbe in Siria da oltre due anni per appoggiare la causa dell'Isis. "In quel periodo - spiega il magistrato - cioe' dalla meta' del 2014 ai primi anni del 2015 le donne non combattono e non partecipano direttamente all'agire terroristico e in questo processo emerge la ragione. Non ci puo' essere uguaglianza tra donne e uomini sul terreno della morte nella via verso il paradiso perche' la donna deve essere subordinata all'uomo su cose fondamentali come la morte. Per questo, le donne non combattono, se non in casi eccezionali".
"Le donne - erano state le sue parole - hanno un ruolo essenziale per l'organizzazione dello Stato Islamico perche' sono le spose dei combattenti. E' meglio che un combattente arrivi nello Stato Islamico con una donna perche' questo facilita le cose e inoltre le mogli dei combattenti sono le madri dei futuri combattenti". Il pm aveva sottolineato anche il loro ruolo nell'indottrinamento. "Le donne parlano alle donne e le convincono a partire, come Fatima, come Marianna, come Seriola che porta anche il suo bambino piccolo. Questo quadro d'insieme e' significativo e ci consente di ricostruire il primo periodo della vita dello Stato Islamico".
Tra queste figure femminili, spicca Fatima per la quale viene invocata una pena molto severa, a 9 anni di carcere. Il suo percorso di radicalizzazione era stato sintetizzato cosi' da Romanelli: "E' una giovane donna che si converte alla religione musulmana e acquisisce progressivamente una seria preparazione religiosa. Questa impostazione radicale la porta a scegliere di sposare, in seconde nozze, una persona che sta per raggiungere lo Stato Islamico. Alla fine, attraverso circostanze del tutto peculiari, viene messa in contatto con Aldo Kobuzi e viene organizzato questo matrimonio. E' un matrimonio puramente combinato che non trova la ragione d'essere sul piano delle relazioni tra persone ma solo in relazione alla funzione. I due non si conoscono, se non per via telematica e addirittura per via telematica e' necessaria l'intermediazione di un uomo perche' Fatima fa sottoporre Kobuzi a un test di affidabilita' religiosa, un vero e proprio questionario".
L'unione "deve essere celebrata di nascosto, a differenza della prima di Fatima, che pure era con un musulmano e di cui ci sono le foto dei festeggiamenti". Il matrimonio "e' lo strumento che consente a Kobuzi di andare nello Stato Islamico e a Fatima di partire perche', in assenza di un uomo, Fatima non potrebbe partire, la partenza puo' avvenire solo se c'e' una presenza maschile di riferimento". Quando la giovane lascia Inzago (Milano) e giunge in Siria, come ricostruito dalle intercettazioni, "diventa a breve un'insegnante all'interno del territorio dello Stato Islamico proponendo la sua visione dell'Islam radicale, poi si addestra all'uso delle armi, seppure a scopo solo difensivo, e svolge un'incredibile attivita' di determinazione su tutta la sua famiglia".
Per il pm, "e' la persona che piu' di ogni altra contribuisce a determinare l'intero nucleo familiare a partire". Il padre Sergio Sergio, la madre Assunta (nel frattempo deceduta) e la sorella Marianna (condannata col rito abbreviato a 5 anni e 4 mesi) non riusciranno pero' a raggiungere Fatima perche' sono stati arrestati prima della partenza, nel luglio del 2015.
IL PADRE DI FATIMA: "NON VOGLIO PIU' AVERE A CHE FARE CON LEI" - Sergio Sergio, il padre di Maria Giulia 'Fatima', "non vuole piu' avere a che fare con lei" e con l'altra figlia Marianna, anche lei condannata nei mesi scorsi col rito abbreviato. Lo ha detto il legale dell'uomo condannato a 4 anni, l'avvocato Erika Galati, ribadendo quanto gia' emerso nel dibattimento, e cioe' che il padre ha troncato ogni rapporto con le figlie. Per il difensore, Sergio Sergio, che e' ancora agli arresti domiciliari, "non meritava la condanna, noi abbiamo fatto tutto il possibile e le sentenze, pero', vanno rispettate". "Non voleva andare in Siria per combattere - sono le sue parole - lui voleva solo tenere unita la famiglia e le figlie lui le ha sempre subite". In una lettera dal carcere agli atti del processo, Marianna si era rivolta cosi' al padre: "Tu ci hai sempre ingannato, hai fatto finta di essere un musulmano e ne risponderai davanti a Dio, pentiti davanti a Dio e all'unica religione che e' l'Islam, tu che hai tradito anche la mamma".