Condannato per poesie su muri: giudice, erano belle ma e' reato
Il giudice: "Non è necessario che il risultato finale susciti ribrezzo nei terzi"
Condannato per poesie su muri: giudice, erano belle ma e' reato
Il reato di imbrattamento non richiede che l'opera imbrattata "risulti oggettivamente brutta giacche' il danno patrimoniale per il titolare puo' essere rintracciato anche nei costi necessari per il ripristino della nettezza estetica violata" e "non e' necessario che il risultato finale susciti ribrezzo nei terzi". Cosi' il giudice monocratico di Milano Roberto Crepaldi motiva la condanna a 500 euro di multa (pena sospesa) inflitta il 28 novembre scorso al poeta di strada Ivan Tresoldi, accusato di avere deturpato coi suoi versi i muri di Milano tra il 2011 e il 2014. Secondo la difesa, l'imputato non avrebbe voluto imbrattare ma si sarebbe limitato a esprimersi in maniera artistica "per migliorare l'aspetto estetico del muro, come desumibile dalla circostanza che avrebbe steso sempre un fondo bianco prima di realizzare la scritta, avrebbe operato con una vernice ad acqua, alla luce del sole e a viso scoperto". Ma per il giudice questo argomento non coglie nel segno perche' "la norma non richiede, neppure sotto il profilo soggettivo, la coscienza e la volonta' di rendere peggiore l'oggetto materiale, dovendosi ritenere sufficiente che l'agente sappia di ricoprire la superficie con la vernice, alternando l'estetica impressa al bene del proprietario/detentore". E proprio "alterare i muri" sarebbe stata, per il Tribunale, "l'intenzione di Tresoldi, deciso ad esprimere in tale modo la propria poesia". Nelle motivazioni si legge che "il connotato artistico e le caratteristiche dell'opera non sono idonee ad escludere" la consapevolezza e la volonta' "di danneggiare il proprietario, imponendogli i costi dell'eliminazione". Il poeta di strada "era perfettamente consapevole che le autorita' comunali e i singoli condomini non avevano richiesto l'opera e che, al di la' dell'apprezzamento o meno da parte della collettivita' locale, il Comune ha da sempre avviato campagne di cancellazione delle scritte che imbrattano i muri dei cittadini". Il giudice aveva stabilito anche che l'imputato, a cui sono state concesse le attenuanti generiche, dovra' risarcire il danno, da stabilirsi in sede civile, al Comune di Milano e all'Aler, che si erano costituiti parte civile. Nel corso del suo interrogatorio in aula, Tresoldi aveva evidenziato che alcune scritte erano state realizzate anche su commissione di enti o personaggi dello sport. Tra queste, "Arrivare in alto e' sempre merito di chi ti ha spinto dal basso", nell'ambito di un evento promosso dal Politecnico di Milano, e "Ci sono vite che capitano e vite da capitano", chiesta dall'ex capitano dell'Inter Javier Zanetti.
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