Milano

Coronavirus, emergenza senzatetto. Viaggio tra i bisognosi e i volontari

Eleonora Aragona

In città ci sono almeno 2.600 persone senza fissa dimora, ecco come sono cambiate le attività di aiuto in questo periodo di emergenza sanitaria

Coronavirus, emergenza senzatetto. Viaggio tra i bisognosi e i volontari

I rumori frenetici che accompagnano le giornate in città sono cambiati. Sono sempre più frequenti le sirene di ambulanze e mezzi di soccorso, i tram che sfilano sono sempre vuoti o quasi. Le persone che vanno a fare la spesa o che si recano frettolosamente a fare le commissioni indispensabili hanno quasi sempre una mascherina a coprigli il volto, a volte anche dei guanti. La città sta modificando i suoi ritmi, deve farlo per poter aiutare in un momento così delicato. E allora anche le attività di volontariato e assistenza devono rallentare, si devono coordinare tra loro e trovare il giusto modo per supportare i più deboli senza però intralciare il lavoro necessario a contenere il contagio da coronavirus.

Si naviga a vista. Se fino a qualche giorno fa i City Angels proseguivano i loro giri per portare beni di prima necessità ai senzatetto. Certo i gruppi di volontari erano stati ridotti, venivano prese tutte le precauzioni necessarie. Le squadre però continuavano il loro lavoro 6 giorni su 7 per portare coperte, abiti e un kit con del cibo ai clochard. Da oggi sono interrotte le attività.

Anche Pane Quotidiano ha dovuto sospendere la distribuzione dei pasti sia in Viale Toscana che in Viale Monza. Così come nella mensa di piazza Greco 11 la Caritas consente l’ingresso di 25 persone per turno e negli empori solidali si può fare la spesa solo in orari precisi. Nei rifugi inoltre sono arrivati i medici volontari della Croce Rossa. Resta attiva la mensa di Casa Jannacci, anche qui l’ingresso è con il contagocce.

Il Comune ha anche annunciato che i centri per i senzatetto resteranno aperti non solo di notte, come avviene normalmente, ma anche durante il giorno. Per adesso le disposizioni volute da Palazzo Marino andranno avanti fino al 3 Aprile. Nelle strutture saranno attivi gruppi di medici di Emergency che si occuperanno di effettuare uno screening delle condizioni di salute dei clochard che si rivolgeranno ai centri.

In città ci sono almeno 2.600 persone senza fissa dimora. Questo almeno era il numero di senzatetto che Milano contava nel febbraio 2018 quando è stato condotto uno studio dagli studenti della Bocconi, dalla Fondazione De Benedetti, con il Comune di Milano e le maggiori associazioni di volontariato. Quelli in genere accolti dalle strutture sono più di 2000, ma altri 600 ai tempi dormivano per le strade.

Si dovrà capire se le strutture rimaste attive saranno in grado di permette in questo stato straordinario di fornire assistenza, cibo e anche un luogo sicuro dove trascorrere la quarantena anche a questi cittadini.

Il coronavirus fa nascere emergenze nelle emergenze. I più fragili sono coloro che in queste situazioni rischiano di più. Però sono anche questi i momenti in cui la città, spesso citata per la sua efficienza e i suoi difetti, mostra anche il suo cuore.

Ci sono stati locali che hanno chiuso ancora prima che il decreto lo imponesse e che hanno donato le proprie scorte di cibo e bevande alle strutture per poveri e senzatetto. I volontari sono rimasti per le strade finché è stato loro permesso. Sono attive linee di supporto telefoniche.

C’è però anche un’altra situazione, meno immediatamente percepita come pericolosa o preoccupante ma con cui si dovrà fare i conti alla fine di questa emergenza. I bambini in povertà assoluta, per loro le settimane di quarantena sono un colpo durissimo. Sono minori che spesso facevano un unico pasto durante la giornata, quello a mensa a scuola, e che passano la maggior parte del tempo con gli operatori delle associazioni per i progetti di contrasto della dispersione scolastica.

Fondazione Albero della Vita è una delle associazioni che ha fatto richiesta per i minori di Milano di aiuti per ottenere dei supporti che permettano anche ai bambini meno fortunati di avere i mezzi per la didattica a distanza. Lasciare a casa questi minori per un mese significherebbe perderne molti. “Abbiamo attivato da subito delle iniziative”, ci spiega Giuseppe di Rienzo, responsabile del progetto a Milano. “Ci siamo attrezzati con video e gruppi Whatsapp, perché è il canale che consuma meno Giga. Molti dei nostri minori non hanno in casa un pc o una connessione fissa”.

I ragazzi seguiti in questi programmi come Varcare la Soglia della Fondazione sono tra quelli che rischiano di non terminare neanche la scuola dell’obbligo. L’associazione dopo i primi contagi a Codogno ha subito interrotto le attività di gruppo e ha assistito per quanto possibile le famiglie con i volontari impegnati in progetti uno a uno con gli assistiti.

I 50 bambini di cui si occupano a Milano i membri della Fondazione sono per lo più abitano in zone disagiate e in periferia. Per questi bambini la situazione è veramente drammatica. Per poter capire a pieno quale sia l’emergenza per loro è bastato un episodio raccontato da di Rienzo: “C’è stato un bambino che assistendo all’assalto ai supermercati ha avuto una crisi di panico. Continuava a piangere e ripetere Perché tutti comprano delle cose e noi no, moriremo di fame”.







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