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Coronavirus, i senzatetto di Milano al sindaco: "Abbiamo fame". VIDEO

Coronavirus, l'appello dei senzatetto milanesi allo stremo: "Abbiamo fame e non ci laviamo, aiutateci"
Coronavirus, i senzatetto di Milano al sindaco: "Abbiamo fame"
Parla Nonna Kikka, dalla casbah di Porta Venezia, leader di almeno duecento “miserables”, senza tetto all’addiaccio nel centro storico di Milano: “Signor sindaco, i poliziotti continuano a fermarli, gli chiedono la autocertificazione… dove possono andare? “ afferma, con qualche invettiva di troppo, ma con schiettezza tutta meneghina.
Accorato appello dei nuovi “sanculottes”, i “senzamascherina” che vivono per strada e che minacciano una marcia su Palazzo Marino. Sono duecento ( qualcuno li chiama alla parigina , romanticamente, clochard ) i vagabondi senzadimora per scelta o per destino, che sotto i portici del centro dal Quadrilatero fino all’Arengario girano spaesati. La questua in Galleria, un tempo. Venti euro raccolti da chi ha il cuore in mano per mangiare. Ed ora nella città svuotata per il virus?
”Signor sindaco, vorremmo lavarci. Signor sindaco, ci tolga da questa vita di m…( il bip è d’obbligo)”, dice Guido. Nel suo curriculum vitae, cinque anni di pernottamenti sotto i portici,Quanti sono i senzacasa a Milano? E come sopravvivono oggi ai tempi della quarantena?Eravamo abituati a vederli girare per le strade del centro con tutti i loro bagagli. Era la loro casa. Poi a sera, spuntavano le loro tende, e i nomadi metropolitani si addormentavano davanti alle vetrine.
Oggi sono sempre lì, sotto i portici. La gente non passa più, non butta uno spicciolo davanti al loro materasso. Ma al mattino, i rari passanti che escono dopo il coprifuoco li ritrovano negli stessi posti di sempre.
A casa di una volontaria della associazione Protetto che li assiste da anni, qualcosa oggi bolle in cucina, vengono preparati duecento piatti caldi, poi un senza dimora suonerà al citofono di casa, e porterà i cartocci agli invisibili. Il salotto di casa di Fernando Barone è così diventato il magazzino e la cucina dei senza dimora.
Nonna Kikka e il Fernando ( volontari della associazione Protetto) hanno avuto un’idea: dare un telefonino in mano ai senzatetto. Perchè siano in grado di testimoniare le notti al freddo al sindaco. Storie disperate, che ora un video (un docu film, direbbero i cinefili) racconta a chi è chiuso in casa, solo, ma al caldo e non sa del problema.
Docce e bagni: tutti chiuso. Serrate anche le mense. Peer i bisogni corporali, ci si arrangia sotto i portici di san Babila. Guido ha così usato un telefonino per filmare la realtà notturna dei senza casa.
Ecco la storia di Salvatore, un filosofo clochard che viene da Siracusa, la città di Archimede. Anni che dorme in un sacco a pelo. Poi, un’occhiata dietro san Babila. Oggi la piazza è deserta… ieri i portici erano affollati da duecento invisibili.
Come farà oggi a sopravvivere Marco, il padrone di un mastino, Garko? Franz invece gira ancora sotto i portici di piazza Duomo. Un giorno era felice, aveva trovato una donna…
Molti sono fuggiti dal centro, e si sono rifugiati nel suk di porta Ticinese. Da anni sotto i portici della Darsena è sorto un villaggetto di cartoni. Spesso viene sgomberato, ma oggi i materassi sono tollerati e sono ricomparsi.
A Las Vegas il problema è stato risolto mettendo a disposizione dei senzacasa un enorme parcheggi, naturalmente i sacchi a pelo vengono distanziati , a misura cautelare per il contagio.Ma è questa la soluzione?
“Sono almeno duecento in centro; duemila in tutta la città. Molti vengono a casa mia a prendere due volte alla settimana un piatto caldo. E’ il passa parola: nessuno dà loro da mangiare. La loro quarantena è eterna ed è sotto le stelle. Non hanno docce, il wc è un sottoscala di un parcheggio nel centro.Puzzano: ma non è solo un problema d’igiene. Egoisticamente si potrebbe pensare: lascati soli, infetteranno la città, alla faccia di tamponi, mascherine e respiratori” racconta Fernando.
“Ci sono tantissimi hotel chiusi, conosco il proprietario di un ostello a bassissimo costo che sarebbe disposto ad ospitarne centocinquanta. Ha contatto il comune, Nessuna risposta. Ma il sindaco non ci sente. Li lascia per strada. E il contagio?”
La parola agli invisibili: eppure, a differenza del virus, è visibilissima a sera una città sommersa di materassi, cartoni e tende davanti alle vetrine chiuse del pret a porter.
"Le docce sono chiuse, e così le mense. Non c’è gente in giro e quindi non possiamo chiedere l’elemosina” racconta Salvatore. Qualcuno si sbilancia e infrange la dignità che circonda di solito un clochard, quasi un aplomb romantico: "Abbiamo fame, siamo disperati”, ammette Guido. "Signor sindaco, lei si può permettere a sera una doccia calda. E loro? Ciccia! Mi rivolgo alla giustizia divina” dice nonna Kikka, E giù qualche maledizione alla frà Cristoforo. In fondo, il seicentesco lazzaretto è proprio all’angolo.