Milano
Coronavirus, Mattia il 'paziente 1': "Solo al risveglio ho capito"
Mattia Maestri, 'paziente 1' di Codogno, si racconta a Sky Tg24: "Racconterò a mia figlia che il dottore che mi ha salvato è diventato come un padre per me"
Coronavirus, Mattia il 'paziente 1': "Solo al risveglio ho capito"
“Ho scoperto di essere il paziente 1 solo una volta che ho preso in mano il mio smartphone. È lì che ho capito cosa fosse successo e cosa stesse ancora accadendo. Fino ad allora sapevo solo che ero stato ricoverato per una polmonite. Era ciò che mi avevano detto. Ma confesso che non mi pesa essere chiamato paziente 1. Sono il paziente che è stato certificato per primo. Non penso proprio di essere il paziente numero 1”. Lo ha detto a Sky TG24 Mattia Maestri, il ‘paziente 1’ di Codogno, in un’intervista integrale che andrà in onda domani, sabato 6 giugno, alle 14.30 su Sky TG24.
“Sono stato ricoverato per polmonite. Solo quando mi sono svegliato mi hanno raccontato cosa c’era in giro, cosa stava succedendo e neppure nel dettaglio. Quindi la mia guarigione quando mi sono svegliato era esser guarito da una polmonite. Solo dopo ho capito la gravità di quello che stava succedendo intorno a me. Mi sento fortunato. Ho pensato molto dove possa aver preso il virus ma non ho la benché minima idea di questo dove possa essere accaduto. Sia io che mia moglie nelle nostre ricostruzioni non siamo venuti a capo di un possibile punto di inizio. E non c’entra nulla neppure il mio amico tornato dalla Cina”.
“Una domenica sera mi sentivo un po’ debole e avevo la febbre un po’ alta. Pian piano è aumentata e allora sono andato al pronto soccorso. Le analisi hanno detto che era una lieve polmonite e mi è stato suggerito di curarla a casa, in quanto nei soggetti giovani è una pratica che viene svolta così. Al mio ritorno a casa con antibiotico, però la febbre è aumentata e mi sono ripresentato al pronto soccorso. Da lì in poi la febbre è cresciuta ancora fino a quando sono stato portato in terapia Intensiva. Ma fino a quel momento nessuno sapeva dirmi nulla. Se penso oggi a un episodio capitato durante il mio secondo ricovero sorrido. Chiedo ad un operatore sanitario se potesse essere un caso di coronavirus e in dialetto mi risponde ‘il coronavirus Cudogn ‘ Ensa’ nianche addu sta’ che significa ‘il Coronavirus non sa neanche dove sia di casa Codogno’ e invece siamo stati l’inizio di tutto”.
Prosegue Mattia: “Penso che sia stato più di un film quello che è successo. La mia malattia, la mia guarigione, il fatto che sia mia madre che mio padre che Valentina si siano ammalati, mia madre e Valentina sono guarite, mio papà non ce l’ha fatta. E poi la nascita di Giulia, tutto concentrato in un mese e mezzo scarso, è una cosa da film, forse anche di più di un film. Però il lieto fine con la nascita di Giulia c’è. E tutto il resto l’ho voluto mettere in secondo piano”. “Di mio padre non mi hanno detto nulla subito. L’ho saputo mezza giornata prima che se ne andasse. Mio padre è stato ricoverato anche lui in terapia intensiva a Varese e, solo dopo aver avuto il telefono, parlando con mia madre, ho saputo che era grave. Dopo mezza giornata, il 19 marzo, nel giorno della festa del papà, lui se n’è andato”. Questa esperienza “mi ha lasciato la consapevolezza di quanto sia imprevedibile la vita: da avere una vita perfetta, lavoro casa famiglia sport amici, a poter perdere tutto in un istante. Per me ora è importante godere di tutto come se fosse l’ultimo giorno”. “Mi sentivo invincibile – ha spiegato -, anche perché pratico anche diversi sport, vivo per lo sport. Invece mi sono ammalato di questa cosa strana che non sappiamo ancora neppure come curare. Penso dunque che la vita sia davvero imprevedibile e bisogna godersela a volte senza pensare troppo al domani con un po’ di ragionevolezza ma anche senza aspettare troppo nel fare quello che amiamo fare”.
Quando racconterò questa storia a mia figlia Giulia ricorderò “innanzitutto il dottor Bruno, il mio nuovo papà. Io ho perso il mio per questa malattia ma Bruno che mi ha salvato lo considero così. E poi la dottoressa Malara. È stato grazie al suo intuito e al suo coraggio che è stato scoperto il coronavirus. Mia moglie che mi è stata vicino anche se non poteva esserlo fisicamente. Ma c’era. Lo so. E poi l’arrivo di Giulia che ha coronato il percorso. Non potevo permettermi di non esserci e mia moglie e lei hanno aspettato che ci fossi anche io”. Così a Sky TG24 Mattia Maestri.
“Sono stato ricoverato per polmonite. Solo quando mi sono svegliato mi hanno raccontato cosa c’era in giro, cosa stava succedendo, e neppure nel dettaglio. Quindi la mia guarigione, quando mi sono svegliato, era esser guarito da una polmonite. Solo dopo ho capito la gravità di quello che stava succedendo intorno a me. E sì, mi sento fortunato”, spiega Maestri.