Milano
Coronavirus, Pregliasco: Attenti a seconda ondata. Caldo forse non ci salverà
Il virologo Fabrizio Pregliasco: "Coronavirus, le misure stanno funzionando ma la ripartenza graduale ci sarà solo dopo Pasqua. Attenzione alla seconda ondata"
Coronavirus, Pregliasco: "Attenti alla seconda ondata. Il caldo? Forse non ci salverà"
I dati della Protezione Civile sottovalutano di almeno di dieci volte i casi reali. Per quello in Lombardia c’è una letalità così elevata. L’intervista esclusiva di Affaritaliani.it Milano a Fabrizio Ernesto Pregliasco, virologo di fama internazionale, professore all’Università degli Studi di Milano, Presidente nazionale di ANPAS e a capo del’IRCCS Galeazzi di Milano.
Professore, ogni giorno la popolazione è bersagliata di informazioni – ufficiali e non - ognuno dice la sua, per non parlare delle fake news che circolano sui social. Facciamo chiarezza, come è nato il Covid 19 in Italia? C’è una mortalità che spaventa, soprattutto nella zona Bergamo-Brescia. Che cosa è successo? C’è una sottostima del numero reale dei contagiati?
Il Covid 19 è arrivato nel nostro Paese con 1 mese circa di ritardo rispetto alla Cina ed è in anticipo - tra gli 8 e i 20-30 giorni - rispetto alle altre nazioni. Questa epidemia, secondo le analisi genetiche dei virus isolati in Italia, è arrivata in Lombardia molto probabilmente dalla Germania. Più precisamente nella zona di Lodi e Codogno sono presenti centri e snodi di logistica internazionale vitali per l’economia italiana. C’è quindi un’interazione elevatissima tra soggetti che transitano quotidianamente da qui e collegamenti significativi con le zone di Bergamo e Brescia, motori industriali del Nord Italia. Così si è diffuso il virus.Il paziente 1 di Codogno in realtà è stato solo la punta di un iceberg di una situazione che già si trascinava da tempo. Gli Ospedali poi nella fase iniziale hanno fatto da cassa di risonanza all’epidemia. Già tra la fine dell’anno e l’inizio del 2020 c’erano diversi casi di pazienti con sintomi simil influenzali - congiuntivite, anosmia e disosmia, diarrea, tosse e febbre – ai quali i medici non davano troppo peso in mancanza di significative complicanze. Il Caso 1, per esempio, era probabilmente già l’ennesimo caso. È stato segnalato e identificato come Covid 19 perché era il primo soggetto grave in mezzo a molti casi banali. Questa malattia, infatti, mostra un basso rischio specifico. La maggior parte delle persone supera la malattia senza problemi importanti. I dati della Protezione Civile sottovalutano di almeno di dieci volte i casi reali. Per questo motivo abbiamo una letalità tanto elevata. È l’enorme diffusione del virus che causa un numero così importante di deceduti e problemi di affollamento delle terapie intensive degli Ospedali.
Abbiamo raggiunto il fatidico picco e in quanto tempo ce la caveremo?
Le norme di contenimento messe in campo dal Governo sono necessarie per limitare gli effetti del contagio e per “spostare in avanti nel tempo” il picco epidemico, spalmando quindi i casi su un arco temporale più lungo, evitando così di far collassare gli ospedali. Siamo riusciti ad abbassare l’angolo della curva di crescita. In Italia ci saranno diversi picchi in tempi diversi. Ci sono zone del lodigiano che sono all’inizio della fase pre-discendente, il resto della Lombardia comincia a dare segnali di rallentamento della crescita. Da una settimana a livello nazionale la crescita è lineare e non più esponenziale. Siamo ancora però in una fase di incremento dell’epidemia e ritengo quindi che fino a dopo la S. Pasqua non si possano allentare le misure. La riapertura dovrà necessariamente essere graduale, preservando gli anziani lasciandoli a casa ancora per un periodo. Importante sarà mantenere sempre il distanziamento sociale e programmare le aperture in modo mirato, lasciando per ultime le attività che prevedono assembramenti. Tutto questo per non vanificare gli sforzi fatti fino ad oggi. C’è poi il problema delle scuole che potrebbero riaprire tra maggio e giugno, ma è presto per dirlo.
Due parole sui numeri ufficiali e numeri reali…
Come già detto i dati ufficiali della Protezione Civile sottovalutano di almeno di dieci volte i casi reali. Per questo motivo i numeri dei casi giornalieri ufficiali potrebbero per un po' di tempo non ridursi significatamente, ma non ci sarà da preoccuparsi. Oggi infatti i casi positivi, rispetto ai cosiddetti casi “sommersi”, sono ipotizzati 1 a 10. Ciò significa che per ogni positivo al tampone ce ne sono almeno 10 positivi, ma senza aver eseguito il tampone. Quando via via si riducono i casi totali reali e si aumenta il numero di tamponi il rapporto positivi/sommersi potrebbe arrivare anche ad essere 1 a 1. In pratica calano i contagi reali e rimangono stabili quelli “ufficiali”.
In Cina ora c’è il problema del contagio di ritorno…
Anche se il virus sarà sotto controllo, non va abbassata la guardia perché il timore è l’arrivo anche da noi di una seconda ondata, magari proveniente dall’estero, come avviene ora in Cina. Nel momento in cui i casi diminuiranno e si “tirerà il fiato”, sarà possibile fare più tamponi mirati e così isolare più facilmente eventuali focolai, anche attraverso sistemi informatici innovativi.
Al momento dove è importante concentrarsi?
I due punti sui quali concertare gli sforzi e l’attenzione sono il “caso Centro-Sud” che è potenzialmente esplosivo, ma per ora fortunatamente non dà segnali in tal senso e soprattutto il problema contagi e deceduti nelle Case di Riposo – RSA che appare, in tutta Italia, drammatico.
Sui decessi ci sono molti dubbi. I pazienti muoiono di Coronavirus oppure anche di Coronavirus? È vero che il Covid 19 colpisce anche molti giovani?
Dire se i pazienti muoiono di Coronavirus o anche di Coronavirus è un modo semplicistico ed errato di trattare la questione. La causa di tali morti è il Covid 19, che attacca particolarmente i soggetti già di per sé fragili. Lo dicono i dati. Basta confrontare il numero di deceduti a Bergamo e Brescia rispetto al dato storico per capire che questa epidemia è la responsabile dei decessi. In una diffusione così ampia, per la legge dei grandi numeri, è poi naturale che anche i giovani ne siano colpiti.
Un soggetto positivo al virus, ma asintomatico, può essere fonte di contagio?
Un soggetto asintomatico è fonte di contagio. Questo è quello che ci ha ingannato all’inizio dell’epidemia. La SARS seppur di per sé più pericolosa si trasmetteva solo da soggetti sintomatici. Cosa che, purtroppo, non è avvenuta con il Covid 19. Da qui l’esplosione dei numeri.
Possiamo aspettarci che con l’arrivo della stagione calda i casi diminuiscano ovvero il virus teme il caldo?
Il caldo sul virus H1N1 non ha inciso particolarmente, però è chiaro che i virus respiratori hanno una predilezione per le stagioni più fredde.
A che punto è la ricerca? È prevedibile avere un vaccino in tempi brevi?
Il vaccino sarà pronto su larga scala tra 1 anno o 1 anno e mezzo. Sarà l’arma finale per sconfiggere il Covid 19, ma nel frattempo dovremo tenerlo a bada, come i 262 virus, oltre a quello dell’influenza, che circolano in ogni stagione.
Professore, Lei è anche Presidente nazionale di ANPAS. Come vi state muovendo?
Anpas è presente con le sue associazioni da più di 100 anni in Italia, con 100mila volontari. Insieme a CRI e Misericordia siamo gli operatori del quotidiano del 118, dei trasporti sociali e della Protezione Civile nelle emergenze, dalle alluvioni ai terremoti. Questa epidemia ci ha fatto tornare alle nostre origini origini centenarie. Abbiamo dovuto reinventarci l’operatività e il modo di lavorare. Una sfida che stiamo orgogliosamente vincendo. Tutti insieme.