Milano

Nuova speranza contro il Covid-19: "Il virus muta e si indebolisce"

Per Efrem Lim dell’Arizona University infezioni più deboli e contagi meno aggressivi. Ricerca confermata dall’evidenza empirica del virologo Clementi

Alessandro Pedrini per Affaritaliani.it Milano

Il team di virologia dell’Arizona State University guidato dal professor Efrem Lim ha individuato una mutazione nel Sars-CoV-2 che sembrerebbe replicare quanto già accaduto con la Sars, suo parente stretto - nel 2003. Questa mutazione potrebbe rappresentare un indebolimento del virus. Gli scienziati hanno analizzato 382 campioni raccolti da pazienti positivi al Covid 19. “In uno di questi campioni – afferma Efrem Lim in una ricerca appena pubblicata sul “Journal of Virology” - era assente una parte importante di materiale genetico, lo stesso che nella Sars scomparve quando i contagi iniziarono a scemare. Non stiamo parlando di una semplice mutazione del virus, ma di un cambiamento che potrebbe compromettere la sua capacità di resistere al sistema immunitario dell’organismo dell’ospite, rendendo le infezioni più deboli e i contagi meno aggressivi.” È noto che i virus mutano continuamente, fa parte del loro ciclo di vita. E il Covid 19 non fa eccezione. “Il virus Sars-CoV-2 – continua Lim – è composto da circa 30mila geni ed è molto meno complesso del Dna umano. Nel campione che abbiamo analizzato mancano all’appello 81 geni da un tratto alquanto significativo, responsabile della capacità del virus di resistere alla risposta immunitaria dell’organismo ospite”, proprio come avvenne per la Sars del 2003.  “E’ ancora presto per affermare che il virus sia più debole e meno infettivo o stia mutando verso la fine dell’epidemia. È quindi necessario effettuare ulteriori indagini per fare chiarezza su questi punti”.

Questo studio sembra confermare le parole del virologo Massimo Clementi, direttore del laboratorio di virologia del San Raffaele di Milano che nella trasmissione Otto e Mezzo condotta da Lilli Gruber ha portato ad esempio l’evidenza empirica sul campo. "Il profilo clinico del virus è mutato. All'inizio dell'epidemia in Pronto Soccorso al San Raffaele arrivavano 100 persone, la maggioranza delle quali bisognose della terapia intensiva, e ora non arrivano più. Abbiamo ricoverato 1.000 persone e abbiamo identificato i fattori di rischio che portano a una malattia grave. Sono state poi introdotte terapie efficaci. Noi conosciamo altri 6 coronavirus, e di questi, 4 ci infettano da sempre. Tutto questo per dire che questo coronavirus potrebbe nel tempo adattarsi all'ospite". “Un virus nuovo-continua -   è sempre molto aggressivo nelle prime fasi, poi impara a convivere con l’ospite per sopravvivere: se lo uccide non ha possibilità di replicarsi. Ci aspettiamo che questo nuovo coronavirus possa pian piano diventare innocuo, come i suoi cugini responsabili del raffreddore“.

 

 

 







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