Milano

Csm, Robledo: "Caso Amara una farsa. Davigo? Sta facendo Pieranguillo..."

Davigo e Robledo intervengono sul caso Csm e sulla posizione del procuratore di Milano Greco. L'ex pm: "Non ho spinto io la mia ex segretaria a divulgare"

Caso Csm, Davigo: "Non si possono tenere le cose ferme per mesi"

Piercamillo Davigo è stato intervistato da Piazza Pulita ieri sul caso Csm e sulla vicenda che vede protagonisti il procuratore di Milano Francesco Greco ed il pm Paolo Storari: "Non compete a me dare valutazioni del genere. Il problema è che quando uno ha delle dichiarazioni che riguardano persone che occupano posti istituzionali importanti... se sono vere è grave, ma se sono false è gravissimo. Quindi in un caso e nell'altro bisogna fare le indagini tempestivamente per vedere se sono vere o se non lo sono. Per fare le indagini bisogna iscrivere e bisogna aprire un procedimento, non si possono tenere per mesi le cose ferme", ha spiegato.

Davigo ha poi detto di non volersi esprimere su una sua eventuale informazione del caso al presidente della Repubblica. Su Fulvio Gigliotti l'ex pm ha spiegato che "c'era un problema di spiegare per quale ragione io avevo interrotto ogni rapporto con una persona, c'erano una serie di cose che imponevano cautela. E io posso anche essere convinto che qualcuno sia estraneo, ma sei in un verbale viene accusato di qualcosa io non glielo posso dire".

Sul fatto che la ex segretaria di Davigo avrebbe consegnato copie dei documenti a dei giornalisti, l'ex pm ha detto di potere "solo dire che nel caso sia stata lei mi ha sorpreso non poco, perché l'ho sempre considerata una persona totalmente affidabile". Ed "è ovvio" che l'ex segretaria non l'abbia fatto su sua spinta. "Che senso avrebbe avuto mantenere tutte le cautele per tenere segrete le indagini per poi diffonderle?". "Se temo di essere indagato? Assolutamente no".  L'ex pm ha poi sottolineato di non aver mai incontrato l'avvocato Pietro Amara, che ha riferito della presunta loggia Ungheria.

Le bordate di Robledo: "Davigo divulgatore, Amara avvelenatore di pozzi. A Milano Greco come Bruti Liberati"

Piercamillo Davigo sul caso Csm ha fatto da "divulgatore", ma "mi meraviglio anche che lui abbia avuto tutta questa preoccupazione, perché obiettivamente, per chi ha un po' di mestiere", l'avvocato Piero Amara "è un avvelenatore di pozzi". E la vicenda della loggia Ungheria "è ridicola, è una farsa. Qui c'è semplicemente un faccendiere che cerca di recuperare ricatti e denunce per trarne un profitto personale". Lo ha affermato Alfredo Robledo, ex procuratore aggiunto di Milano, intervenendo a Piazza Pulita. "Che il problema sia la Procura di Milano è pacifico, direi che Greco è il continuatore esatto di Bruti Liberati in tutto e per tutto", ha aggiunto.

Ardita: "Davigo aveva gli elementi per capire che era tutta una bufala"

Anche il magistrato Sebastiano Ardita, componente del Csm, ha commentato la vicenda: "Sono basito da quello che ho sentito oggi. Dire che non si possono seguire le vie formali è un'affermazione gravissima", ha detto riferendosi alle dichiarazioni dell'ex pm Piercamillo Davigo. Per Ardita "Davigo aveva tutti gli elementi per capire che questa era una bufala, di cosa doveva preoccuparsi? Questa è la cosa che mi lascia assolutamente di stucco". Ardita si è detto "sicuro che il procuratore Greco ha fatto tutto quello che si doveva fare". Infine ha detto di non conoscere l'avvocato Pietro Amara. "Ci ho parlato solo una volta, quando l'ho interrogato nel 2018", ha aggiunto.

La vicenda

l pm milanese Paolo Storari ha ricevuto un invito a comparire sabato davanti alla Procura di Roma come atto dovuto per rivelazione del segreto d'ufficio. Tutto nasce dai verbali degli interrogatori resi ai pm milanesi dall'avvocato siciliano Piero Amara, che riguardano la presunta loggia segreta Ungheria. Documenti che Storari consegnò all'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo nonostante fossero ancora coperti da segreto d'ufficio, per smuovere quella che riteneva essere l'inerzia dei vertici della propria Procura guidata da Francesco Greco, ovvero  per autotutelarsi ritenendo che i vertici del suo ufficio stessero insabbiando le indagini sulle rivelazioni del legale, che riguardano anche il processo Eni-Nigeria. Tali verbali sarebbe quindi stati divulgati ad alcune testate giornalistiche dalla ex segretaria di Davigo.








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