Milano
Coronavirus, da Milano alle Mauritius: “Abbandonati in quanto italiani”
Coronavirus, ad Affaritaliani.it Milano la testimonianza di uno dei turisti che non sono stati fatti sbarcare: scarsa assistenza consolare italiana
Coronavirus, da Milano alle Mauritius (e ritorno): “Ci siamo sentiti abbandonati in quanto italiani”
Parla uno dei turisti italiani che partiti da Milano e arrivati a Mauritius, si sono visti negare, dopo l’atterraggio, il permesso di sbarcare a Mauritius perché proveniente dalla Lombardia. Stessa sorte capitata a chi proveniva dal Veneto. Il signor Ivan è tornato a casa a Milano con moglie e figlie dopo la vacanza più breve della sua vita: andata e ritorno per le isole dell'Oceano Indiano senza mai vedere una delle famose spiagge. E ora - ad Affaritaliani.it Milano - lamenta quella che secondo lui è stata una pessima assistenza da parte delle autorità italiane.
“Siamo partiti domenica alle 18 da Linate con un volo Alitalia per Roma e ci siamo imbarcati di nuovo alle 21:30 per Mauritius. Ma quando siamo arrivati a destinazione alle 10:30 di domenica mattina abbiamo avuto la brutta sorpresa”, racconta Ivan non senza far trasparire il suo disappunto: “Siamo rimasti sull’aereo per più di un’ora, fino a quando il comandante ha comunicato che i lombardi e i veneti non potevano scendere. Che senso ha la cosa visto che abbiamo viaggiato tutti insieme per tante ore?”. Già, che senso ha? Eppure dei 212 passeggeri e 12 membri dell'equipaggio, solo i cittadini italiani che provenivano dalle zone d’Italia colpite da casi di Coronavirus sono stati fatti tornare indietro. Così hanno deciso le autorità locali.
“Noi 40 proveniente da Lombardia e Veneto - dopo un’ora e tre quarti in aereo - ci hanno lasciati nel finger dell’aeroporto (il corridoio che mobile si usa per passare dall'aereo al gate, ndr) per altre tre ore, senza una sedia o un bagno. Solo dopo la prima ora e mezza sono venuti con cinque bottigliette d’acqua. Non hanno fatto scendere dall’aereo nemmeno comandante e una hostess che erano veneti. E solo grazie al comandante abbiamo poi avuto altra acqua e dei panini. In tutto questo c’era anche un bambino di 1 anno e mezzo a cui la madre non poteva cambiare i pannolini perché non glie li facevano prendere dal bagaglio che era in stiva”.
Una situazione che ha dell’inverosimile anche perché alcuni passeggeri lamentano la scarsa assistenza ricevuta da parte delle autorità italiane. “In tutto questo - continua a raccontare Ivan - non si è visto nessuno dell’ambasciata o del consolato italiano. Ci è stato solo detto che saremmo potuti o scendere e andare in quarantena o ripartire subito. Abbiamo chiamato il consolato ma c’era la segreteria telefonica con gli orari di apertura degli uffici. Ecco perché quando ci hanno detto di andare in quarantena ci siamo rifiutati, perché non ci hanno detto dove, come e in che condizioni”.
“Hanno detto al comandante che era stato aperto un tavolo di crisi con la Farnesina ma nessuno dal ministero degli Esteri ha mandato un funzionario per darci una spiegazione e assistenza. Ci siamo sentiti - racconta ancora il signor Ivan - come un popolo di serie C, non credo che cittadini di altri paesi avrebbero ricevuto lo stesso trattamento o la stessa assistenza. Ci siamo sentiti abbandonati in quanto italiani. Per questo stiamo anche valutando con gli altri passeggeri rimpatriati un’azione legale per capire come si sono svolti i fatti e di chi sono le responsabilità”.