Milano
Delitto Garlasco, Stasi: "Minacciato su facebook da donna ossessionata da me"
Delitto di Garlasco, Stasi: "Minacciato su facebook da donna ossessionata da me"
"Sono stato minacciato su Facebook da una donna che era ossessionata da me, tanto da venirmi a cercare in un parcheggio". Alberto Stasi racconta in un'aula del Tribunale di Milano quella che lui definisce l'"ossessione" contro di lui di Maria Grazia Montani, amministratrice del gruppo chiuso su Facebook 'Delitto di Garlasco: chiediamo giustizia per Chiara Poggi" a cui sono iscritte 1103 persone. Su querela di Stasi, che sta scontando nel carcere di Bollate la condanna a 16 anni di carcere per il delitto di Chiara Poggi avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, Montani e' indagata per diffamazione e minaccia aggravate. E' la prima volta che Stasi compare in un'aula di Tribunale dopo la condanna definitiva e la prima che i giornalisti possono ascoltarlo, dal momento che tutti i suoi processi sono stati a porte chiuse per la scelta del rito abbreviato. Jeans, maglioncino e giubbotto, Stasi ha sfoderato un linguaggio tecnico - giuridico frutto anche degli studi in Legge che ha intrapreso in carcere, dopo la laurea in Economia alla Bocconi.
"Mi sono accorto dell'esistenza di questo gruppo - ha spiegato al giudice monocratico della X sezione penale - bis - nel dicembre 2011: c'erano dei messaggi come 'Stasi sei finito, la tua ora sta per arrivare', 'La pagherai', 'Non basteranno i proiettili, arrivera' la giustizia divina'". Nel settembre 2013, Alberto, parte offesa in questo processo e assistito dagli avvocati Giada Bocellari e Fabio Giarda, ha raccontato di avere incontrato la signora Montani "in un parcheggio in viale Famagosta a Milano". "Erano le 16 e 30, stavo uscendo dal parcheggio quando vidi una donna che scattava delle foto. Mi parve di riconoscere l'amministratrice del gruppo su Faceook. Le chiesi perche' stesse scattando le foto ma non mi diede spiegazione e si ritiro' in auto, forse imbarazzata senza darmi alcuna spiegazione. Mentre si allontanava le dissi che avevo presentato denuncia contro di lei per le cose che scriveva".
Mi chiese perche' l'avessi denunciata - ha proseguito Stasi - le spiegai le sue condotte ma lei nego' la loro lesivita'. Dal suo punto di vista, quello che faceva non era penalmente perseguibile. Si allontano' allora verso la sua auto e mentre si allontanava ebbi la conferma che si trattasse proprio di quella persona che amministrava il gruppo su Fb. Non era una cosa scontata perche' poteva essere anche un nome fittizio". In seguito, l'ex studente bocconiano condannato dopo un complicato iter processuale che l'ha visto anche assolto per due volte, ha detto di avere effettuato una visura per risalire alla targa della donna ricevendone ulteriore conferma che fosse proprio la coordinatrice del gruppo, fondato nel 2009. "Aveva un'ossessione contro di me e la conferma e' che in un parcheggio con centinaia di auto e' stata in grado di identificare la mia, evidentemente dopo avere fatto delle ricerche che io non sarei capace di fare. Se non sbaglio, le fecero anche un'intervista su di me a una trasmissione televisiva che parlava di esoterismo".
"Queste condotte - ha spiegato Stasi, rispondendo alle domande anche dell'avvocato dell'imputata, Adriano Bazzoni - hanno inciso sulla mia vita, hanno avuto un impatto emotivo. Sono stato accusato di corrompere i periti del processo, di vendere organi umani, di essere drogato e di altre cose che non c'entravano nulla con la mia vicenda giudiziaria. Le persone a me vicine mi chiedevano cosa si potesse fare per bloccare questa pagina, creandomi un senso di ansia anche per loro".
A presentare denuncia contro l'amministratrice, ha puntualizzato la parte offesa, "fu per primo mio padre, poi purtroppo defunto". In seguito, nel procedimento scaturito dalla querela da lui firmata, Alberto chiese anche il sequestro della pagina, tuttora attiva anche se non amministrata piu' all'imputata. "Il gip accolse la mia richiesta ma poi per motivi tecnici non si riusci' a chiudere il gruppo". Nel frattempo, un altro utente su Fb che scrisse che ero 'figlio di una cagna' e' stato condannato su denuncia di mia madre". Tra i commenti incriminati ci sono anche quelli relativi al presunto movente dell'omosessualita' del giovane che pero' lui ha chiarito essere solo un'ipotesi giornalistica, non della Procura ("e' una tesi completamente esterna"). Tra le altre sentenze, i giudici hanno acquisito pure, su richiesta della difesa, quella di assoluzione per Stasi dall'accusa di detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico. Si torna in aula il 14 febbraio quando verranno sentiti un teste e l'imputata.