Milano

Dj Fabo, Associazione Coscioni: ora diritto alla dignità

Le motivazioni dei pm di Milano nella richiesta di archiviazione nei confronti di Marco Cappato, che ha aiutato Dj Fabo a recarsi in Svizzera per morire

"Il "principio della dignità umana" impone l'attribuzione a Fabiano Antoniani, e in conseguenza a tutti gli individui che si trovano nelle medesime condizioni, di un vero e proprio 'diritto al suicidio". Questo emerge nel testo della richiesta di archiviazione diffuso dai pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini , in relazione all'indagine avviata nei confronti del tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni Marco Cappato per aiuto al suicidio offerto a Dj Fabo. I magistrati milanesi nell'istanza hanno anche lanciato un messaggio al mondo politico sull'opportunità che il legislatore italiano si facesse carico in prima persona del problema, disciplinando rigorosamente il diritto di suicidio". Così l'associazione Luca Coscioni in una nota.

"Diritto di Dignità e richiesta di legiferazione al mondo politico e legislativo. Sembra muoversi finalmente qualcosa anche nel nostro paese - il commento di Filomena Gallo, avvocato e Segretario di Ass.Luca Coscioni . I due pm hanno considerato i precedenti dei casi Englaro e Welby, i principi della Costituzione e del nostro ordinamento. Esercitare il diritto alla dignità umana va posto sullo stesso piano del diritto alla vita. Se anche il Gip decidesse di procedere per imputazione coatta i pm evidenziano la necessità che il Gip sollevi il dubbio di legittimità costituzionale dell'articolo 580 del codice penale, che prevede i reati di istigazione e aiuto al suicidio. E' una norma che risale al periodo fascista, precedente alla Costituzione italiana. Dunque, se il suicidio non è reato bisogna stabilire anche in quali casi - la sofferenza atroce, la diagnosi senza speranza etc - l'aiuto al suicidio non debba essere considerato reato. Fabo desiderava il suicidio assistito ma non potendosi muovere ha avuto bisogno dell'aiuto di un'altra persona". Oggi iniziano le audizioni della Commissione Sanità del Senato per la legge sul testamento biologico, già passata alla Camera: "Sulla legalizzazione dell'eutanasia il Parlamento è fermo dal 2013, quando abbiamo presentato una legge di iniziativa popolare dopo aver raccolto 70mila firme. Alla prossima legislatura chiederemo di calendarizzarla" annuncia Filomena Gallo.

LA DECISIONE - Per chi e' nelle condizioni di Fabiano Antoniani, il giovane dj rimasto cieco e tetraplegico in seguito a un incidente stradale, esiste il "diritto al suicidio". Lo scrivono i pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini nella richiesta di archiviazione per Marco Cappato che dovra' ora essere valutata dal gip Luigi Gargiulo. "Nelle condizioni in cui si trovava - argomentano i magistrati - e con l'esito che gli era stato prospettato in caso di rinuncia alle cure, bisogna riconoscere che il principio del rispetto della dignita' umana impone l'attribuzione a Fabiano Antoniani, e in conseguenza a tutti gli individui che si trovano nelle medesime condizioni, di un vero e proprio 'diritto al suicidio' attuato in via indiretta mediante la 'rinunzia alla terapia', ma anche in via diretta, mediante l'assunzione di una terapia finalizzata allo scopo suicidario". Nel provvedimento, i magistrati ricordano come Antoniani avesse ricevuto una "prognosi irreversibile" e sottolineano le "condizioni drammatiche" in cui versava. "Quasi per un assurdo scherzo del destino - scrivono - la patologia che l'aveva privato della vista e del movimento non l'aveva reso insensibile al dolore" e "il corpo, inerte, era percorso da insostenibili spasmi di sofferenza piu' volte al giorno".

Il riconoscimento del "diritto al suicidio" per chi si trova nelle condizioni di Fabiano Antoniani rappresenta un 'passo oltre', spiegano i pm, rispetto a quello a "lasciarsi morire", gia' sancito in altre vicende giudiziarie, come quella con al centro Eluana Englaro. "In questo caso - scrivono i magistrati - il riconoscimento di tale diritto a "lasciarsi morire" non soddisfa allo scopo: per Fabiano Antoniani, rinunciare alle cure avrebbe significato andare incontro a un percorso certamente destinato a concludersi con la morte, ma solo a seguito di un periodo di degradazione a una condizione ancora peggiore a quella in cui si trovava nel momento in cui ha preso la sua decisione. L'ordinamento italiano, che ha come fine ultimo proprio il perseguimento del 'pieno sviluppo della persona umana', non puo' consentire una cosi' grave lesione della dignita' di un individuo". "Qualora si dovesse rigettare l'interpretazione proposta della norma - concludono i pm Siciliano e Arduini - riteniamo che dovrebbe essere necessariamente sollevata questione di legittimita' costituzionale della stessa, al fine di verificarne la compatibilita' con i principi fondamentali di dignita' della persona umana e di liberta' dell'individuo, garantiti tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali"







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