Milano
Dj Fabo, oggi l'udienza della Corte Costituzionale sul caso
La Consulta è chiamata a stabilire se il reato di aiuto al suicidio sia costituzionale o meno. E se Cappato debba essere condannato.
Dj Fabo: oggi la Consulta decide sul caso
L'udienza è cominciata martedì in mattinata, il verdetto è atteso per oggi, mercoledì 24 ottobre. La Corte Costituzionale dovrà esprimersi sul caso di Dj Fabo e su Marco Cappato, decidendo di fatto se aiutare un malato terminale a compiere suicidio assistito possa essere considerato reato o meno.
Cappato sapeva cosa sarebbe successo quando aiutò Fabiano Antoniani, il 40enne milanese noto come Dj Fabo, ad andare in Svizzera per porre fine alle sofferenze generate da un incidente d'auto che l'aveva reso tetraplegico e completamente cieco. Sapeva di aiutare una persona a portare avanti le sue volontà ma anche di compiere un atto politico. Il leader radicale si occupò di prendere i contatti con la clinica Dignitas, vicino a Zurigo, sbrigò le pratiche burocratiche, accompagnò in auto da Milano alla Svizzera Dj Fabo, la sua fidanzata Valeria Imbrogno, la madre Carmen Carollo. Poi tornò a Milano e andò ad autodenunciarsi ai carabinieri.
I pm di Milano Tiziana Siciliano e Sara Arduini, al termine dell'inchiesta per aiuto al suicidio, chiesero l'archiviazione di Cappato, ma il gip rigettò la richiesta e ordinò l'imputazione coatta. Cappato scelse il rito immediato, e dopo 4 udienze arrivò alla richiesta di assoluzione di Cappato “perché il fatto non sussiste”, ma i giudici togati e popolari decisero di rinviare il caso alla Corte Costituzionale, dal momento che il reato di aiuto al suicidio è punito dalla legge italiana con pene fino a 12 anni di carcere. Ed la Consluta dovrà proprio esprimersi sulla conformità al dettato costituzionale di questo reato, che secondo il pm Siciliano contrasta con il principio fondamentale della dignità della vita e dunque anche col diritto a una morta dignitosa.
"Cappato - aveva sottolineato in aula il magistrato milanese - ha aiutato Fabiano a esercitare un proprio diritto. Non il diritto al suicidio, ma il diritto alla dignità e il diritto a una morte dignitosa. Anche la dignità della morte si inserisce nel principio più ampio della dignità dell'uomo". "Crediamo di aver fatto il nostro dovere – ha detto il tesoriere dell'associazione Luca Coscioni - La speranza è che le persone in condizioni di sofferenza insopportabile possano essere aiutate a interrompere la loro vita senza che chi li aiuta venga sottoposta a condanna fino a 12 anni di carcere. Il codice penale del 1930 è inadeguato a regolare i casi di persone colpite da malattie irreversibili e in condizioni di sofferenza insopportabile".
"Spero che i giudici della Consulta scrivano che aiutare chi vuole morire non è un crimine, che il reato di aiuto al suicidio è incostituzionale – ha detto Valeria Imbrogno, fidanzata di Dj Fabo, in un'intervista a Repubblica - Questa sarebbe la vittoria di Fabo e darebbe un senso al vuoto, alla sua assenza. Lui voleva solo essere libero di decidere sulla sua vita, fino alla fine. Ma davanti a una decisione cosi', con le sue smanie di protagonismo direbbe fiero: Vedi ce l'ho fatta io”. Per quanto riguarda Cappato, Imbrogno ha aggiunto: “Ha fatto solo quello che Fabo gli chiedeva disperato. Lo chiamava il suo angelo per l'attenzione, la pazienza con cui aveva spiegato alla famiglia tutte le possibili alternative alla Svizzera ma anche perché mi aveva sollevato di tante responsabilità: Fabiano non voleva fossi io a farmi carico di tutto, a correre il rischio di finire in prigione".
Avvocatura di Stato: "Legislatore deve trovare equilibrio"
"E' necessario lasciare spazio al legislatore, che deve trovare il giusto punto di equilibrio di tutti i diritti in gioco". A sostenerlo e' stata il vice avvocato generale dello Stato Gabriella Palmieri, intervenuta per conto della presidenza del Consiglio davanti alla Corte costituzionale, chiamata a decidere sulla questione di legittimita' relativa all'articolo 580 del codice penale sull'aiuto al suicidio. La Corte d'assise di Milano, secondo l'Avvocatura generale dello Stato, "avrebbe potuto dare un'interpretazione costituzionalmente orientata" della norma del codice penale che, "sebbene risalga al 1930 non e' obsoleta ed e' stata applicata di recente dalla Cassazione in relazione ai procedimenti su Blue Whale", ha ricordato Palmieri.