Nella corsa per Palazzo Marino si applichino le leggi - Affaritaliani.it

Milano

Nella corsa per Palazzo Marino si applichino le leggi

di Guido Camera
Avvocato del Tribunale di Milano

Manca ormai meno di un anno alle elezioni del nuovo Sindaco di Milano. Il countdown è già iniziato, come dimostrano le dichiarazioni di ieri del Presidente della Regione Maroni, che ha esortato le forze politiche dell’area di centrodestra a celebrare le elezioni primarie prima di agosto. L’elezione del Sindaco di Milano, del resto, è storicamente un appuntamento politico ed elettorale molto importante. Oggi lo è ancora di più, vista la situazione di grande incertezza che contraddistingue il panorama delle forze politiche, caratterizzate – ad ogni livello - da acredini, divisioni e contraddizioni che non fanno altro che accrescere il (già) diffuso senso di smarrimento e disinteresse nei cittadini per tutto ciò che è “politica”.

La partita che si giocherà per Palazzo Marino sarà dunque decisiva: prima di tutto per i milanesi – che, dopo il successo di Expo, giustamente ambiscono ad avere una Milano sempre più in crescita e protagonista su scala internazionale, ma nel contempo più sicura e vivibile – e, nondimeno, per le compagini politiche, che sono chiamate a una dimostrazione di maturità, lasciandosi alle spalle la strategia mediatica del “chi la spara più grossa vince” per fare spazio a proposte concrete di governo sul lungo periodo, caratterizzate perciò da candidati di effettivo spessore e capacità, oltre che da programmi e contenuti sui quali impostare la campagna elettorale.

In questo difficile contesto va fatta da subito chiarezza sulla linea di condotta che dovrà essere tenuta in relazione alla formazione delle liste elettorali, in modo da evitare il ripetersi di polemiche analoghe a quelle che hanno incendiato, senza essere destinate a placarsi, le elezioni regionali appena svoltesi in Campania e Puglia: polemiche quantomai dannose, perché utili solo a distogliere l’attenzione dell’elettorato dal merito delle proposte dei diversi candidati e dai programmi delle forze politiche che li sosterranno.

Personalmente non credo che ci siano molte alternative all’applicazione – senza “se” e senza “ma” - sia delle legge Severino, sia del codice di autoregolamentazione emanato dalla Commissione Parlamentare Antimafia, sulle quali si sono fondate le recenti polemiche relative agli “incandidabili” e “impresentabili”. Ne sono pienamente convinto anche se da tempo nutro diverse perplessità su queste disposizioni, perchè mi paiono esattamente contro lo spirito originario dei Padri Costituenti, che avevano espressamente previsto nell’autorizzazione a procedere - poi abolita in quattro e quattro otto, nel 1993, da un Parlamento a metà tra l’impaurito e l’opportunista, durante l’onda giacobina che accompagnò Tangentopoli - un argine alle azioni giudiziarie strumentali a impedire il rispetto della partecipazione democratica alla cosa pubblica.

Tuttavia, fino a quando la legge Severino e il codice di autoregolamentazione della Commissione Antimafia saranno in vigore, devono essere rispettate alla lettera, soprattutto nella fase della formazione delle liste: altrimenti ne sarà (ancora una volta) vittima generalizzata la credibilità delle forze politiche e delle Istituzioni (Governo e Parlamento in prima fila, che hanno votato quelle regole), inevitabilmente percepite dall’opinione pubblica come avvezze a “fare la legge per poi trovare l’inganno”.

Attenzione, perché una reazione di tal genere – fisiologica e anche comprensibile da parte dell’opinione pubblica – non serve a nessuno di quelli che hanno veramente a cuore il bene comune, ma solo al cinico e opportunista demagogo di turno. Che poi, come sta dimostrando oggi quanto avviene in Grecia, quando deve fare i conti con la difficile e cruda realtà dell’attività di Governo, inevitabilmente scarica sulla collettività il prezzo salatissimo delle illusioni elettorali.








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