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Ermanno Traverso: "Energia? Per calmierare prezzi si guardi alle rinnovabili"

Ermanno Traverso: "Per calmierare prezzi si guardi alle rinnovabili"

Se il 2022 è stato un anno caratterizzato dall’incertezza e dalle ripercussioni causate dal conflitto in Ucraina sul prezzo dell’energia, il 2023 non sembra aver portato maggiore stabilità. La guerra continua, la pace è ancora lontana. E se fino a qualche mese fa si parlava del prezzo del gas, ora tocca alla benzina, con i disagi provocati dai recenti scioperi dei distributori per protestare contro il decreto trasparenza. 

Una situazione complicata visto l’alto numero di variabili in gioco. Per capirne di più, ne abbiamo parlato con Ermanno Traverso, uno degli esperti italiani di energie rinnovabili più apprezzato a livello internazionale, fondatore e CEO di Energreen, azienda attiva in oltre dieci paesi nel mondo. 

Quali sono le sue previsioni per il 2023 da un punto di vista economico?

Il 2023 potrebbe rivelarsi un anno difficile. Potrebbe essere un anno di recessione globale, e a quanto mi risulta diverse istituzioni internazionali si stanno ormai confrontando con uno scenario di questo tipo. Rispetto alle recessioni tradizionali, tuttavia, ci troviamo davanti a uno scenario diverso, davanti a cui le ricette tradizionali rischiano di rivelarsi inefficaci.

In che misura questa recessione è diversa dalle altre? 

Più che essere “di sistema”, la recessione è legata a un evento specifico – mi riferisco ovviamente alla guerra in Ucraina – e questo ha spinto alcuni esperti a ritenere che il probabile aumento dei tassi di interesse rischi di risultare perfino deleterio, perché andrebbe a deprimere un’economia che, guerra a parte, ha bisogno di ossigeno per funzionare, senza sanare la causa del problema. 

Gli effetti della recessione si farebbero sentire sia a livello macroeconomico che microeconomico, a causa del problema assai noto legato al cosiddetto caro bollette. 

L’aumento delle bollette riesca di creare non poche difficoltà alle famiglie: lei pensa che sia un problema legato alla speculazione o causato da una situazione strutturale? 

Su questo tema bisogna fare attenzione: è vero che, dallo scoppio della guerra, la speculazione ha determinato, durante la scorsa estate, un gigantesco aumento dei prezzi, solo parzialmente rientrato; ma è altrettanto vero che una tendenza generale al rialzo era stata riscontrata anche durante il 2021 e che, secondo numerose simulazioni, il prezzo medio dell’energia è destinato ad aumentare in maniera stabile a prescindere dalla risoluzione del conflitto in Ucraina.

Questi dati sono utili a rendersi conto che quanto parliamo di caro-bollette parliamo di un problema strutturale, che non può essere affrontato a livello politico in modo estemporaneo, con una serie di misure emergenziali più o meno efficaci ma con un intervento ambizioso a favore delle rinnovabili.

Di che tipo? 

Per restare all’Italia, serve un intervento radicale sulle energie rinnovabili, che punti alla produzione di almeno 10 gigawatt annui: solo così si riuscirebbe ad abbassare i costi in modo stabile.  

Certo, un simile investimento richiede visione e programmazione: esattamente quello che troppo spesso manca alla politica in tema di energia.

A proposito di energie rinnovabili: c’è chi sostiene che, paradossalmente, la guerra in Ucraina potrebbe funzionare da acceleratore per la transizione energetica. Mancando il gas russo i governi europei sarebbero obbligati a velocizzare i processi in corso. È d’accordo?

Sicuramente l’elevato prezzo dell’energia durante il primo anno di guerra e la proiezione dei prezzi 2023-24 sono molto interessanti per gli investitori che hanno deliberato investimenti nel settore delle rinnovabili. I tempi

autorizzativi dei progetti in tutta Europa sono lunghi e quello che si costruirà nel 2023 e 24 è stato pianificato due anni fa, ancora prima delle guerra.

La guerra drena moltissime risorse economiche e innesca una serie di reazioni a catena che portano a una condizione di recessione. L’aumento dei costi delle materie prime, infatti, causa un aumento dell’inflazione, che a sua volta ha effetti sul debito pubblico, che aumentando rallenta gli investimenti strutturali. La recessione è nemica dell’innovazione e della ricerca tecnologica, ovvero quanto serve oggi alle energie rinnovabili per imporsi definitivamente.

Senza considerare che in molti Paesi si è dovuto tornare, per necessità, a investire su idrocarburi e carbone. 

Ritengo piuttosto che, a prescindere dalla guerra, il cammino delle energie rinnovabili sia comunque inarrestabile e il cuore della partita si giochi attorno alle tecnologie di accumulo e stoccaggio. 

In che modo?

Oggi il limite delle rinnovabili è legato alla loro intermittenza: dipendendo da fenomeni naturali, le energie pulite non sono sempre disponibili e vanno quindi accumulate in storage unit. Più si svilupperanno batterie in grado di accumulare energia, più le energie rinnovabili si diffonderanno velocemente. 

Non a caso, il settore della ricerca per creare storage unit sempre più efficienti è nel pieno sviluppo. Mi aspetto grandi sviluppi in questo senso.

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