Milano
Europee, Pizzul: "Pd, un risultato che sembrava impossibile"
Fabio Pizzul commenta l'esito delle Europee:“Il risultato del Pd sembrava impossibile, tutti hanno contribuito". L'intervista
Europee, Pizzul: "Pd, un risultato che sembrava impossibile"
“Mi sembra che tutte le componenti del Pd abbiano dato il loro contributo a questo risultato che qualche mese fa sembrava impossibile. Si è consolidato grazie a una campagna elettorale che ha confermato la capacità del Pd di essere incisivo quando parla di temi e non si limita a fare contrapposizione agli avversari”. Fabio Pizzul, candidato con il Pd per il Nord-Ovest, raggiunto da Affaritaliani.it Milano fa un bilancio del risultato delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno. Nella sua circoscrizione si attesta al settimo posto per numero di preferenze. A fronte di un astensionismo che porta al di sotto della soglia del 50% a livello nazionale, FDI ha ottenuto il primo posto, seguito dal Pd che ha ridotto il distacco. Risultati ottenuti da una platea di meno della metà degli aventi diritto al voto.
Qual è il dato di queste urne che più la colpisce?
Un primo dato conferma quello che si temeva: una crescita dell’astensionismo che mostra come gli italiani si siano molto allontanati da questa forma di partecipazione all’Europa. Questo pone una seria ipoteca sul tema e bisogna tentare di capire perché è successo. Non so se sia una disaffezione degli italiani per l’Europa o un senso di malessere per come la politica italiana ha affrontato la campagna elettorale per le europee, centrandola molto sul discorso interno invece che sulle tematiche europee.
Altro tema in Europa è l’avanzamento delle destre estreme. In Francia ha vinto Marine Le Pen con il suo Rassemblement National mentre in Germania l’AFD ha superato il partito del cancelliere Scholz. Come valuta questi risultati?
L’avanzata dell’estrema destra in Germania e Francia è un chiaro segnale della difficoltà dei governi in carica nei due Paesi. Credo che il voto europeo sia stato utilizzato a fronte dell’astensionismo, che anche lì ha avuto un’incidenza significativa, per dare un ulteriore segnale del disagio da parte dei cittadini. La scommessa del presidente Macron - che ha sciolto l’Assemblea nazionale e ha indetto nuove elezioni per fine mese - è andare a vedere se poi, quando tutto questo si riverbera sul nazionale, il dato si possa ribaltare. L’azzardo di Macron è un po’ questo. Anche in Germania Scholz è in grande difficoltà ma non credo che abbia né il potere, perché il sistema politico è diverso, né la voglia di fare un azzardo alla Macron.
A fronte della vittoria del Ppe e dell’avanzata delle destre estreme, l’Ecr guidato da Meloni potrebbe essere l’anello di congiunzione per garantire maggioranze e stabilità?
Il blocco Socialisti-democratici e Partito popolare è ancora l’opzione più solida. Si tratta ora di capire quali saranno le scelte di Ecr, in particolare quelle della presidente Meloni: si gioca una significativa partita di responsabilità. Per Meloni si passa dal tempo della possibilità di giocare sull’Europa a forza di proclami e slogan, al tempo della responsabilità. Questo è molto significativo anche per quanto riguarda la fase di collocazione del nostro Paese. È una fase delicata anche per Meloni che ha ottenuto un risultato importante però ora dovrà giocarselo al meglio, tenendo conto non solo delle sue convenienze ma anche del ruolo dell’Italia in Europa. Vediamo se avrà questa maturità per farlo.
A livello nazionale, nel frattempo, sono aumenti anche i voti del Pd, rispetto alle ultime prove elettorali. Merito della segretaria Schlein?
Credo che si sia lavorato molto bene sui territori. Schlein ha fatto una buona campagna elettorale ma l’hanno fatta anche tutti i candidati. Se andiamo a vedere i voti ottenuti dai candidati “riformisti”, hanno dato un contributo molto significativo al Pd, che si conferma molto competitivo quando riesce a tener fede a tutte le sue anime e tradizioni. Mi sembra che tutte le componenti del Pd abbiano dato il loro contributo a questo risultato che qualche mese fa sembrava impossibile ma che si è consolidato grazie a una campagna elettorale che ha confermato la capacità del Pd di essere incisivo quando parla di temi e non si limita a fare contrapposizione agli avversari.
Nel Nord Ovest, secondo le stime, il Pd dovrebbe ottenere 5 seggi. In lizza, in ordine di arrivo: Strada, Gori, Zan, Tinagli, Benifei. Alessandro Zan è stato eletto anche nel Nord-Est. Si potrebbe aprire un posto per Maran o per lei?
Nel Nord Ovest i seggi del Pd potrebbero diventare 6 ma è improbabile. Dipende dalla scelta che farà Zan che dovrà optare o per il Nord Ovest o Nord Est. In caso di 5 seggi ufficiali, scatterà il sesto posto che è quello di Maran. Se poi, per giochi di resti molto complessi, dovessero scattare 6 seggi e Zan optasse per il Nord Est, si aprirebbe uno spazio anche per me ma la vedo come una situazione molto improbabile.
Sulla scelta delle preferenze dei singoli candidati, cosa potrebbe aver inciso oltre ai programmi?
Per il voto di opinione, la visibilità e notorietà sulle reti nazionali conta parecchio. Ha contato molto la visibilità mediatica sui media nazionali. I primi 5 classificati, per ragioni diverse, hanno avuto larghi spazi sui media nazionali. Per quanto riguarda gli altri candidati, me compreso, abbiamo fatto una partita molto radicata sul territorio. Io non sono mai riuscito a partecipare a una trasmissione televisiva o radiofonica a livello nazionale. I vari candidati sui territori hanno avuto ottimi risultati in un momento in cui non era semplice portare la gente a votare ed esprimere preferenze.
Vale anche per l’altro candidato in attesa di seggio, Pierfrancesco Maran?
Maran ha avuto visibilità sui media e quotidiani locali. Aveva probabilmente attese maggiori per quanto riguarda le preferenze, poi aveva una spinta anche di Sala e Pisapia. È in posizione utile per entrare. Infine, se andiamo a vedere quanto si è speso per le campagne elettorali, è chiaro che chi ha più risorse economiche da investire riesce a ottenere più risultati.
Esposti mediaticamente sono stati anche i candidati più eletti degli altri partiti. Salvini, ad esempio, aveva puntato su Vannacci che alla fine ha ottenuto mezzo milione di preferenze. La scelta dei leader o del partito su un determinato candidato incide sul voto di opinione?
Si seguono le scelte che i partiti fanno sul dare visibilità a un candidato piuttosto che un altro sulle reti nazionali. Nel voto per le preferenze conta senza dubbio un’esposizione mediatica anche su testate nazionali. In questo modo si orienta almeno una parte del voto che possiamo definire “preferenza di opinione”.
E cosa ne pensa invece della proposta e del risultato centrista?
Il centro in Italia mi sembra che sia l’eterno incompiuto. Anche questa volta si è presentato frammentato e difficilmente si potrà sostenere che i voti dell’area centrista sono determinati dalla somma di coloro che si sono presentati divisi afferendo a quell’area. È un progetto incompiuto dove i personalismi paiono avere la meglio su un progetto di vero centro politico.
La vittoria di FDI e le preferenze ottenute dalla premier Meloni avranno conseguenze sugli equilibri interni della maggioranza?
Meloni si rafforza sicuramente. Quanto agli equilibri interni alla maggioranza, credo che qualche gatta da pelare in più l’avrà rispetto a prima. Perché, quando uno diventa molto più forte, deve anche fronteggiare maggiori malumori in una coalizione che mi è sembrata già abbastanza rissosa. Non so se anche gli altri partiti della coalizione si assoggetteranno al dominio assoluto della premier così di buon grado.
Infine, condivide l’analisi fatta da Salvini questa mattina in conferenza stampa nella sede di via Bellerio, secondo il quale “Macron e Scholz sono stati bocciati dalla voglia di pace?”
Credo che nessuno in Europa non voglia la pace e questa semplificazione e forzatura di Salvini che poteva servire in campagna elettorale lascia il tempo che trova a urne chiuse. Tutti vogliono la pace, con sottolineature diverse, con strizzatine d’occhio diversificate agli alleati. C’è chi strizza l’occhio anche alla Russia e dice di voler la pace. Credo che ora sia il tempo, dopo la campagna elettorale, di far sì che l’Europa tutta punti alla pace e abbia una democrazia della pace senza abbandonare l’Ucraina. Questa sarebbe responsabilità e non dire “han vinto quelli che sono per la pace e non quelli per la guerra”.