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Milano
Fabrizio Corona esplode in aula col teste. Il giudice: "Vada a farsi un giro"
Fabrizio Corona

Corona: ex fotografo 'sbotta' col pm, testi non devono dire bugie

"Il teste deve venire qua a dire la verita', non a mentire". Fabrizio Corona prende a calci una sedia e si rivolge cosi', con tono alterato della voce, al pm Alessandra Dolci in una pausa dell'udienza del processo che lo vede imputato per intestazione fittizia di beni per quei 1,7 milioni di euro trovati nel controsoffitto della casa di una sua collaboratrice. Il riferimento dell'ex 'fotografo dei vip', apparso molto nervoso, e' alle dichiarazioni rese in aula dal teste dell'accusa Luca Izzo, responsabile per la Questura di Milano della sezione reati contro il patrimonio. Fu lui a raccogliere, nell'agosto scorso, la denuncia per l'esplosione di una bomba carta nei pressi della sua abitazione che poi si rivelo' un boomerang per Corona perche' da quell'episodio scaturi' l'inchiesta che ha portato al nuovo arresto a ottobre. 

In aula e' andato in scena un controesame del teste molto teso in cui l'avvocato Ivano Chiesa, al quale spesso lo stesso Corona ha suggerito con mimica teatrale le domande, ha insinuato errori nella stesura del verbale relativo all'episodio della bomba carta e, in generale, nella conduzione delle indagini sulla presunta estorsione. L'apice del nervosismo e' stato toccato quando Izzo ha detto di non ricordare alcuni particolari dell'interrogatorio, relativi in particolare ai rapporti tra Corona e quello che lui aveva indicato come il potenziale autore della bomba carta, il calciatore Giuseppe Sculli. Chiesa ha urlato di voler dismettere il mandato difensivo e, poco dopo, Corona con voce strozzata dalla rabbia si e' alzato in piedi e, rivolto al collegio presieduto da Guido Salvini, ha detto: "In nome della legge, un rappresentante della Polizia non puo' venire in aula a dire bugie". In particolare, Corona ha contestato a Izzo di aver detto di non ricordare di avergli mostrato un album con 30 fotografie per individuare l'autore della bomba.

Corona: protesta in aula, giudice replica "vada a farsi un giro" 

Udienza con molto pathos e diversi colpi di scena quella del processo a Fabrizio Corona, accusato di avere nascosto nel controsoffitto della sua collaboratrice Francesca Persi (pure imputa) 1, 7 milioni di euro frutto del 'nero' della sue serate nei locali. A un certo punto, e' accaduto qualcosa di inedito in un'aula di Tribunale: il legale dell'imputato, Ivano Chiesa, il pm Alessandra Dolci e il presidente del collegio Guido Salvini, hanno convenuto di sospendere la testimonianza del teste, il poliziotto Luca Izzo, e farlo uscire dall'aula per confrontarsi su come proseguire l'audizione. Ne e' nato un conciliabolo attorno al banco dei giudici durato cinque minuti, al termine del quale Izzo ha ripreso la testimonianza. Il controesame effettuato dall'avvocato Chiesa e' stato caratterizzato da diversi momenti di nervosismo. In un'occasione, il giudice Salvini ha invitato l''ex fotografo dei vip' che protestava contro le dimenticanze, a suo dire, del teste, ad "allontarnarsi e sospendere la sua presenza in aula" se questo lo avesse fatto "sentire piu' sereno". Corona e' invece rimasto al suo posto continuando a commentare le risposte del teste e a dare spunti al suo legale sulla domande da porre. Il controesame ha costituito per Chiesa l'occasione di contestare a Izzo e al pm che raccolse a settembre la denuncia della bomba carta, David Monti, di avere redatto "un verbale a meta'" delle dichiarazioni di Corona. "Io sono una brava persona e non voglio pensare male - ha affermato il difensore - probabilmente c'e' stato un errore di battitura". Sempre Chiesa ha poi chiesto a Izzo che fine abbia fatto l'indagine per estorsione ai danni del suo assistito e perche', sebbene dai primi accertamenti non risultassero legami tra l'episodio e la criminalita' organizzata, l'indagine sia passata alla Dda e al pm Alessandra Dolci che ne fa parte. Il poliziotto ha detto di non poter rispondere a nessuna delle due domande perche' il dossier gli e' stato tolto dopo un paio di settimane che ci lavorava.

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