Faide nella destra perdente. Fdi-Casa Pound: tutti contro tutti
Psicodramma a destra: non solo il dualismo La Russa-De Corato. Le accuse a Mardegan e l'ascesa di Lealtà e Azione
di Alberta Mancini
Con la vittoria di Beppe Sala e del centrosinistra, nel consiglio comunale di Milano, per la prima volta, dal 1948, non siederà nessun rappresentante della destra missina. Fratelli d’Italia con poco più del 2% non riesce a rieleggere, a Palazzo Marino, nemmeno una figura storica come quella di Riccardo De Corato che, peraltro, avendo doppio incarico, rimane consigliere regionale. A destra è psicodramma e, sulle macerie elettorali, due gruppi rivali e agguerriti, entrambi perdenti, si contendono le spoglie di quello che fu un grande partito (prima il MSI al 6% e poi AN al 12%): da una parte quello che rimane del clan La Russa, dall’altra i sostenitori della coppia De Corato-Frassinetti. Marco Osnato è genero di Romano La Russa, quindi nipote di Ignazio,capogruppo uscente e secondo classificato dopo De Corato. Paola Frassinetti, ex deputata e assessore provinciale, arrivata terza per numero di preferenze, rappresenta l’ultimo avamposto della destra sociale, prima legata a Pino Rauti, poi a Gianni Alemanno, ed ora a Carlo Fidanza, eurodeputato non eletto alle scorse elezioni e assunto in regione Liguria dal presidente Toti, in quota Fratelli d’Italia. I due schieramenti si accusano reciprocamente di incapacità, tradimenti e scorrettezze, addossando l’uno all’altro la colpa del tracollo elettorale a Milano, oltre che degli errori nella presentazione formale della lista.
La convivenza fra i due schieramenti è diventata impossibile, a serio rischio scissione e qualcuno da già Osnato verso Forza Italia. Alle polemiche interne si aggiungono, quelle esterne, forse ancora più feroci, fra gli esponenti di FDI ed i rappresentanti della lista civica destrosa Noi per Milano di Nicolò Mardegan (primo dei noi eletti in Regione, dietro a De Corato) che, con il suo 1%, è stata determinante nel far perdere Stefano Parisi al ballottaggio. Quelli della eterogenea lista civica, che raggruppava tutti gli esclusi dal centrodestra ufficiale, dai cattolici del Popolo della Famiglia ai neofascisti di Casa Pound, dal deputato Massimo Corsaro (ex fedelissimo di Ignazio La Russa, ora con il partito conservatore di Raffaele Fitto) all’estremista nero Tullio Trapasso, accusano FDI di avere assecondato l’antifascismo e le idee liberal pro matrimoni gay di Parisi, e di avere impedito l’apparentamento.
Quelli di FDI, sulle pagine Facebook, accusano Mardegan di essere solo “un rancoroso opportunista poltronaro”, circondato da “ingrati senza ritegno” (riferendosi soprattutto a Corsaro e alle due candidate di Sovranità, Roberta Capotosti e Angela Derosa, rispettivamente ex segretarie di Ignazio e Romano La Russa). Ma ad essere quasi soddisfatti della scomparsa di FDI sono anche altri ex AN, fratelli coltelli, come Benedetto Tusa e l’ex assessore comunale Roberto Predolin, che hanno sostenuto la lista civica di Parisi. La loro tesi era che Fratelli d’Italia, a Milano, dopo la trentennale gestione dei La Russa e De Corato, era destinata da tempo a questa misera fine.
“Basta polemiche e personalismi. Serve subito un congresso ricostituente della destra italiana, basato su rigorosi criteri di partecipazione, trasparenza, rinnovamento e meritocrazia”. A dirlo, peraltro in modo inaspettato, è Roberto Jonghi Lavarini, in arte “il Barone Nero”, che, con la benedizione di intellettuali d’area come Marco Valle e Marcello Veneziani, ha appena lanciato la sua opa sulla futura destra milanese, con il progetto unitario “Destra 2018” per le prossime elezioni politiche e regionali. Sempre che non debba trasformarsi in Destra 2017…
A Milano, gli unici destroidi a festeggiare sono i militanti del variegato gruppo dell’europarlamentare Mario Borghezio che hanno rieletto il consigliere comunale uscente Massimiliano Bastoni e sostenuto, nel Municipio di Zona 8, la trionfale elezione, con quasi 500 preferenze, del giovane Stefano Pavesi, militante del gruppo di ultra destra Lealtà e Azione. Infine, nel microcosmo della estrema destra lombarda, i duri di Lealtà e Azione affermano definitivamente la propria supremazia sugli altri gruppi, basta pensare che i candidati rivali di Casa Pound, presenti nella lista civica destroide di Nicolò Mardegan, ottengono, in tutta Milano, meno preferenze di quelle raccolte da Pavesi in uno solo dei nove consigli municipali. Scompaiono completamente dalla scena la Fiamma Tricolore (il suo segretario nazionale, milanese, Attilio Carelli, aveva dato indicazione di voto a sostegno di Mardegan), Forza Nuova (la lista Fuxia della loro amica consigliere regionale Maria Teresa Baldini, transfuga della Lista Maroni Presidente, ottiene un misero 0,2). Il Fronte Nazionale di Adriano Tilgher ed il Nuovo MSI di Gaetano Saya, invece, non sono nemmeno riusciti a raccogliere le firme per potere presentare la lista.
Riceviamo e pubblichiamo
RICHIESTA DI RETTIFICA AI SENSI DI LEGGE SULLA STAMPA
Sono basita dalla ricostruzione a dir poco fantasiosa di Affari Italiani. Mi sorprende che una donna attribuisca a una donna la mancanza di una autonomia del proprio progetto politico per cui ha collocato la mia lista oltre la mia persona in un altro partito politico.
In cui mai ho militato ne è riconducibile a loro nessuno dei miei candidati.
La lista Fuxia ha sostenuto al ballottaggio Beppe Sala in quanto più vicino al progetto politico contro il femminicidio istituzionale e giornalistico.
Scrivo questo per tutela e rispetto oltre che di me stessa per coloro che mi hanno sostenuto.
La verità é fuxia.
Maria Teresa Baldini