Milano

Fase 1 e Fase 2, i “tunnel legali”. Occorre chiarezza nelle norme

di Sara Valaguzza*

*Professore ordinario di diritto amministrativo all’Università degli Studi di Milano, Avvocato, esperta di organizzazione pubblica, di nudging e di tecniche di regolazione, si occupa di governo strategico, di contratti pubblici e di policies ambientali.

L’emergenza del diritto

Il diritto, attraverso la legge, è la più elevata rappresentazione della razionalità dell’essere umano, strumento di ordine sociale e di progresso civile. Da qualche tempo, però, il diritto è in difficoltà, per la sua incapacità di rispondere in maniera efficace ai problemi moderni.È in crisi, prima di tutto, la legislazione, spesso imprecisa, troppo lenta, talvolta complessa, ambigua, arrotata su se stessa. La tecnica legislativa è da tempo carente. La semplificazione è spesso nuova burocratizzazione.

Di questa crisi risente, inevitabilmente, il diritto dell’emergenza, che deve garantire reazioni immediate, decisioni forti e, per farlo, produce nuove norme, procedure, provvedimenti. Quello dell’emergenza è un diritto, per un verso, fortemente centralizzato sul potere dello Stato, in materia di ordine pubblico, politica estera, sostegno economico. Per altro verso, sono protagoniste le Regioni, che devono organizzare il sistema sanitario, l’istruzione, il lavoro, il commercio, e i Comuni che devono prendersi cura di attuare misure concrete.

L’eccesso di leggi, ordinanze, decreti, circolari, rende difficile la comprensione per l’uomo onesto. I cittadini cominciano a temere che le regole non li proteggano e che, convinti di fare bene, potrebbero essere giudicati male, semplicemente perché non hanno capito bene cosa fare. Di conseguenza, le istituzioni sono bersaglio di critiche, di contestazioni, di polemiche. Quando al cittadini è chiesto un metro di obbedienza alla legge – penso al caso surreale degli obblighi che gravano su ciascuno di noi in tema di protezione delle privacy - maggiore di quello richiesto allo Stato, che scusa se stesso, la ribellione è dietro l’angolo.

Anche la ripartizione di competenze appare, di questi tempi, debole e bisognosa di certezza. Chi tra Stato, Regione e comuni debba intervenire, a quale livello e attingendo a quali finanze non sta apparendo chiaro. E intanto, nell’incertezza, il prezzo, da tutti qualificato come “folle” per l’acquisto delle mascherine, non è stato ancora fissato. Vengono in mente i dibattiti che hanno animato la politica fino a solo qualche mese fa sull’autonomia differenziata, sul ruolo delle Regioni e delle città nel governo della cosa pubblica. Anche in materia sanitaria, si erano rivendicati più poteri per i territori. Il ruolo delle città, si diceva, è decisivo nella rete globale. Quando avremo superato la crisi, dovremo tornare a discuterne, per fare la nostra scelta ed evitare di ritrovarci, ancora, come palline in un flipper, spinte di qua e poi di là.

Già adesso una riflessine veloce sul modo in cui sono state prodotte le norme della Fase 1 sarebbe opportuna. Perché anche la fase 2 e le fasi successive saranno, prima di tutto, un tunnel di norme.

La prima decisione deve essere sui livelli di governo: chi decide che cosa e perché.

La seconda deve riguardare il modo di costruire le regole: semplificare non vuol dire spostare sui cittadini il peso della burocrazia.

La terza decisione deve riguardare la ricostruzione di un legale solido tra pubblico e privato: basta segregazione e isolamento istituzionale. Il settore privato ha dimostrate di avere una reattività immediata e una disponibilità alla collaborazione nell’interesse di tutti. Il caso dell’ospedale nella Fiera di Milano sarà un modello da studiare per generalizzare il metodo utilizzato e farlo diventare la normalità, ridando finalmente fiducia al mondo imprenditoriale.

La quarta decisione riguarda l’immagine dell’amministrazione pubblica: la diffidenza verso chi ci governa non fa bene al Paese, l’arrotamento verso la complessità del diritto amministrativo danneggia l’economia e i rapporti sociali.

Quando dalla tempesta torneremo alla quiete, occorrerà ripensare al diritto delle amministrazioni pubbliche, dimostrando, con i fatti, che non è il diritto della complicazione delle cose facili, ma il diritto delle garanzie e delle libertà dei cittadini, che colloca le istituzioni al servizio delle comunità.

La prima legge sul contenzioso amministrativo è entrata in vigore il 1° luglio del 1865 ed è ancora in vigore in parti rilevanti. Per fortuna.







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