Milano

Fedez intervista Briatore: "Essere celebri aiuta a fare l'imprenditore"

a cura della redazione

Il nuovo episodio del podcast "Wolf. Storie che contano", Briatore si racconta a Fedez: "Ho sempre voluto diventare famoso. Italia ostaggio della burocrazia"

Fedez intervista Briatore: "Essere celebri aiuta a fare l'imprenditore"

Oggi, mercoledì 21 giugno alle 16 sarà  trasmessa sulle principali piattaforme (Spotify,  Youtube) l'intervista di Fedez Flavio Briatore per il podcast "Wolf. Storie che contano". Ecco una corposa anteprima di quello che l'imprenditore ha raccontato al rapper

Dal paesino al mondo. Briatore: “Volevo essere celebre”

“Sono nato in paesino in provincia di Cuneo, dove non c’erano possibilità. Ci vuole voglia di vedere il mondo e rabbia per uscire dal buco dove sei nato. Se fossi rimasto lì avrei fatto il geometra, come voleva mio padre che aveva già trovato lo studio dove avrei lavorato. Non era quello che volevo. Fin da piccolo pensavo a cosa avrei fatto da grande, a cosa avrei potuto fare per uscire dal paesino. Sognavo la grande città. E ho sempre voluto diventare famoso.

La celebrità, anche dal punto di vista imprenditoriale ti apre nuovi orizzonti. La popolarità ti aiuta a fare meglio l’imprenditore. La mia celebrità è esplosa indubbiamente con la Formula uno: una passione diffusa a livello planetario. Poi ho avuto un flirt di tre anni con Naomi Campbell, che allora era la top model più famosa del mondo. E in quel caso c’era anche un certo campanilismo nazionale: un italiano che si fidanza con la modella numero uno al mondo. Il successo nello sport e nella vita privata è stato un modello aspirazionale per tanti ragazzi.”    

L’incontro con Luciano Benetton

“Sono stato accanto a Luciano Benetton per quattro anni quotidianamente, viaggiando con lui in tutto il mondo. È stata una grandissima scuola con un uomo geniale, con lui c’era da imparare in ogni momento. Gestivo per lui il franchise dei negozi Benetton. Quando furono venduti realizzai il primo milione di dollari e passai un anno ai Caraibi. Il vero lusso era svegliarsi alle 11 del mattino e stare sempre scalzo. Ma dopo un anno ti rompi.

Luciano mi chiamò per occuparmi della scuderia di Formula uno che allora perdeva una quantità spropositata di denaro. Non sapevo nulla di motori. Ma quando si tratta di fare il manager non importa il prodotto. Bisogna costruire il team e motivarlo. Mi pare che abbiamo raggiunto buoni risultati.”

Briatore: "In Italia la voglia di fare impresa è ostaggio della burocrazia"

L’Italia è un sistema vecchio e ostaggio della burocrazia. Un sistema nel quale si va avanti per conoscenze. Sono abituato a fare business nel mondo anglosassone dove se hai un’idea valida ti supportano. Qui se un ragazzo vuole aprire una startup tra bolli e adempimenti deve pagare una cifra. Negli Usa bastano meno di 1000 dollari e poi ci sono le banche pronte a sostenerti de hai un buon progetto. L’Italia non ama chi fa impresa.

“L’Italia è il paese della complicazione che impedisce di fare. Per un anno abbiamo provato ad aprire un locale a Roma e non ci siamo riusciti. La cosa incredibile in questo paese è che invece di aiutare le aziende e chiedere loro ‘Bene, quanto investi? Quante persone assumi?’, c’è sempre un ‘non si può fare’, mille ostacoli burocratici. Quando vai negli altri paesi ti dicono subito si o no.”

“In Italia c’è un’avversione verso chi crea azienda, verso chi crea posti di lavoro. La povertà si combatte solo creando posti di lavoro. La povertà non la sconfiggi con l’elemosina o i bonus, ma dando alla gente lavoro. Purtroppo in questo paese per fare azienda ci sono complicazioni che in altri paesi non esistono. C’è come un ostacolo mentale nei confronti del fare impresa che si traduce nel mettere una marea di ostacoli burocratici. Inoltre i redditi italiani sono molto bassi perché lo stato si prende una fetta enorme dei salari e ancora non si è riusciti a ridurre significativamente il cuneo fiscale per far sì che gli italiani guadagnino cifre in linea con gli altri paesi.”

La Sardegna e la nascita del Billionaire 

“Io adoro la Sardegna, ma non c’era un posto dove andare. Inizialmente mi sono detto : perché non affittiamo una villa? Così organizziamo qualcosa con gli amici.  All’inizio era solo una villetta dove organizzavo feste con i miei amici. Poi abbiamo notato che fuori si formavano code chilometriche di curiosi. Allora ho pensato: risistemiamo la villa e l’anno prossimo apriamo un locale. Fatti subito i progetti; abbiamo speso poca roba: 150.000-200.000 euro. Poi si è dovuto decidere il nome. Mi chiama il team manager e mi fa la lista delle proposte: Sottovento, Sopravento, Maestrale…nomi da lidi balneari, tutte cazzate. Dovevamo invece scegliere un nome che rimanesse in testa alla gente. Mi sono ricordato di quando a 18 anni andai a Montecarlo con altri quattro amici su una 500 per vedere i ricchi, io non avevo mai visto un ricco e non avevo mai visto donne così belle, a Cuneo non ce n’erano così. Mi venne l’illuminazione per il nome del locale: “Billionaire”! I miei collaboratori mi dicevano che non andava bene: troppo sfacciato, troppo sborone. Avevo ragione io. Billionaire se lo ricordano tutti e adesso Billionaire non solo è in Sardegna, è Riad, a Dubai, a Doha e siamo in negoziazione per Miami e Las Vegas.”

“Investo nel food and beverage perché nonostante la tecnologia che sta cambiando tutto, la bistecca non te la porta Amazon e al ristorante non vai solo per mangiare. Il ristorante è socialità, cultura del bello, esperienza dell’esclusivo. Il settore è quello che resisterà di più. A patto però di avere un brand.

"L’Italia è un prodotto eccezionale… turismo la prima industria"

“L’Italia è un prodotto eccezionale, anche se facciamo di tutto per mandare via la gente, ma fortunatamente non ci riusciamo. Ci impegniamo al massimo con regole, regolette e regolamenti, con il massimo della burocrazia, ma il Paese è talmente bello che la gente viene comunque. In alcuni luoghi -in Sardegna e Forte dei Marmi- c’è un turismo davvero importante e credo che il futuro del settore debba concentrarsi su una clientela di altissimo livello capace, con la propria presenza, di generare un grande indotto.Dobbiamo valorizzare di più il patrimonio della bellezza italiana, dobbiamo essere consapevoli che il turismo può essere la prima impresa del Paese. Dobbiamo investire sulle infrastrutture per renderla più raggiungibile. Dubai l’ha creata Emirates e noi non abbiamo nemmeno una compagnia aerea nazionale.”  







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