Fondazione Milano-Cortina, l'ordinanza "dorotea" del Riesame e le mazzette come corruzione privata
E' stata una ordinanza "dorotea", come racconta Francesco Floris di LaPresse, quella con cui il tribunale del Riesame di Milano ha scelto una sorta di "terza via" nell'interpretare le vicende legate alla Fondazione Milano Cortina.
La smart per il manager della Fondazione Milano-Cortina 2026 e le fatture da 22mila euro, saldate alla sua società dall'imprenditore vincitore degli appalti, con un'operazione "quando meno dubbia" sono corruzione fra privati. Almeno per ora. Questo nonostante sia "difficilmente dubitabile" che "l'interpretazione consolidata" di Corte di Giustizia Ue, Cassazione e Consiglio di Stato su cosa sia un "organismo di diritto pubblico" non possa che passare dal concetto di "attività ad interesse generale". Come quella delle Olimpiadi.
Secondo i giudici, insomma, i pm hanno ragione quando convalidano il decreto di perquisizione e sequestro con cui, il 21 maggio scorso, la guardia di finanza ha acquisito MacBook, smartphone e chiavette usb nella sede della Fondazione e agli indagati Vincenzo Novari, ex ad, l'ex capo del digital Massimiliano Zuco e l'imprenditore Luca Tomassini.
Il Riesame non solleva la "questione di legittimità costituzionale" sull'essenza della Fondazione
Ma, allo stesso tempo il Riesame glissa e decide di non sollevare "una questione di legittimità costituzionale" sul decreto legge con cui il Governo, l'11 giugno, ha ribadito d'urgenza e con 'norma di interpretazione autentica' che la Fondazione Milano-Cortina è privata. "L'esito" di questo "giudizio" "non pare condizionato", scrive il collegio Savoia-Ambrosino-Nosenzo, dal dl.
Perché si contesti il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio ritenendo pubblica la Fondazione, come fanno il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e i pm Alessandro Gobbis e Francesco Cajani, o che sia corruzione fra privati - come fa il Riesame riqualificando temporaneamente il reato - nulla viene modificato rispetto alla "restituzione" o meno di quanto sequestrato a Massimiliano Zuco. La decisione principe di questa inchiesta verrà presa, nel caso, più in là nel tempo, spiega LaPresse.
Fondazione Milano Cortina: l'impianto accusatorio resta in piedi
L'impianto accusatorio degli inquirenti resta in piedi e fotografa il "clientelismo" nella selezione del personale della "stagione Novari". Così come "esborsi importanti" non giustificati dalla "prestazione lavorativa". I conti dell'ente - 107 milioni di euro di 'rosso' cumulato in tre anni - mostrano un "deficit che si è nel tempo amplificato in progressione geometrica". Con un "rapporto di causa-effetto" tra l'ingresso in Fondazione del manager Zuco e "l'apprezzamento privilegiato" delle società Vetrya e Quibyt dell'imprenditore Tomassini, già in affari con l'ex ad.
I competitor di Accenture, colosso americano di consulenza, cloud e cybersicurezza con "migliori performance", si trovano esclusi dall'affidamento a causa di "valutazioni tecniche" attenuate di proposito. In cambio Zuco riceve la presunta mazzetta da 22mila euro per "l'acquisto" di "non meglio specificate mappe digitali" e altre somme di denaro per alcune "cortesie fatte ultimamente", come emerge dalla chat. Canali preferenziali dietro ai quali si cela la "violazione dei doveri", da parte dei manager, che invece "avrebbero dovuto guidare l'azione" guardando a "l'interesse" della Milano-Cortina e "non in termini di smaccato favoritismo".