Milano

Forum Confcommercio, le tre proposte di Sangalli per rilanciare l'economia

Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha aperto in conferenza stampa i lavori della ventesima edizione del forum Confcommercio di Cernobbio

Sangalli (Confcommercio): tre proposte per rilanciare l’economia

(IMPRESE-LAVORO.COM) Cernobbio (Co) - Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha aperto in conferenza stampa i lavori della ventesima edizione del forum Confcommercio di Cernobbio. "Mariano Bella ha già sintetizzato, nel suo intervento - ha detto Sangalli -  i dati principali della ricerca dell'Ufficio Studi di Confcommercio-Imprese per l'Italia intitolata appunto "L'euro compie vent'anni". Per parte mia, voglio sottolinearne alcuni passaggi. Il primo è che, negli ultimi vent'anni, il PIL dell'Italia in termini reali è cresciuto ad un tasso medio di mezzo punto all'anno. E questo a fronte dell'1,7% della media dell'Unione europea e dell'1,4% dell'area euro".

"Se poi guardiamo agli andamenti dell'occupazione, è vero che – da un lato - l'Italia ha recuperato quasi del tutto il milione di occupati persi durante la crisi, ma è anche vero che, nonostante questo recupero, il nostro Paese resta in coda nella graduatoria, con un tasso di occupazione distante ben 10 punti dal valore medio registrato in Europa. Resta insomma confermato che il problema italiano di fondo è quello della bassa crescita. Intanto, una riflessione aggiuntiva è che se da un lato esistono le regole europee che vincolano i saldi di bilancio attraverso il parametro deficit/PIL, è altrettanto certo che non esistono vincoli per le politiche utili a raggiungere questi obiettivi".

"In questi 20 anni di Forum - ha osservato Sangalli - ci avete sentito ripetere tante volte che se si fosse attuata una politica coraggiosa di revisione della spesa pubblica, sarebbe stato possibile spostare le risorse verso quel circolo virtuoso che riattiva gli investimenti pubblici ed i contributi agli investimenti privati, riuscendo inoltre a creare occupazione aggiuntiva. La crescita del PIL connessa a questo circuito virtuoso si sarebbe ovviamente tradotta anche in miglioramento del deficit, in maggiore sostenibilità del debito ed in una riduzione dello spread gravante sui nostri titoli di stato con conseguenti benefici in termini di riduzione della spesa per interessi".

Dunque, spazi per un intelligente e paziente esercizio di "sovranità" sul terreno della politica economica non sarebbero mancati anche in questi anni. E tutto questo anche in presenza delle regole del Patto di stabilità e di crescita e del fiscal compact. Certo, talvolta l'Europa può sembrare un'occasione mancata nel senso più pieno delle aspettative. Cito solo l'articolo 3 del Trattato sull'Unione europea che richiederebbe tanto una compiuta integrazione economica, a partire da quella fiscale e finanziaria, quanto un impulso alle riforme strutturali ed alla domanda dell'eurozona, a partire da quella dei paesi creditori, come la Germania.

Ci piacerebbe quindi utilizzare questo Forum per sostenere tre proposte in questa direzione, ha spiegato Sangalli. La prima è l'esclusione degli investimenti pubblici cofinanziati dai fondi europei dal computo del deficit rilevante ai fini dei "patti" di finanza pubblica europea. Se ne gioverebbe la capacità complessiva dell'Europa di investire sul suo futuro: a partire dalle reti infrastrutturali e dagli investimenti in innovazione e capitale umano. Ma anche in riferimento ai temi dell'agenda urbana ed ai processi di rigenerazione urbana come parte integrante di un modello di crescita europeo più sostenibile: a livello ambientale, economico e sociale.

Sono temi e processi rispetto ai quali il terziario di mercato che Confcommercio-Imprese per l'Italia rappresenta, può svolgere un ruolo determinante. Può svolgerlo, perché il terziario esprime - tanto a livello europeo, quanto a livello italiano - oltre il 59% del valore aggiunto, ed una decisa valorizzazione del terziario di mercato non potrebbe che contribuire positivamente a rafforzare la crescita. La seconda proposta è il completamento dell'Unione bancaria. Una Unione cioè dotata di un comune schema di garanzie dei depositi. Una Unione bancaria "effettiva" agevolerebbe la circolazione dei capitali ed attenuerebbe squilibri di credito e di investimenti. La terza proposta è la messa in campo di un'efficace web tax europea.

Perché la competitività europea sul digitale va perseguita, ma un'equa tassazione delle multinazionali del web è davvero una regola di base per il corretto funzionamento dei mercati dei prodotti e dei servizi e per il giusto finanziamento della spesa pubblica. L'accantonamento deciso in sede Ecofin, lo scorso 12 marzo, ed il semplice rinvio alla definizione di un accordo internazionale in sede OCSE dimostrano come su questo tema l'Europa rischia di rinunciare al proprio ruolo di assicurare il principio "stesso mercato stesse regole". Dopo questi richiami sulla manutenzione straordinaria dell'Unione europea, torno brevemente al quadro generale del nostro Paese.

Vi sono state illustrate le previsioni del nostro Ufficio Studi: per il 2019, PIL e consumi in crescita frazionale dello 0,3%; per il 2020, PIL e consumi in crescita di mezzo punto. A condizione che, ovviamente, non scattino le clausole di salvaguardia IVA. La nostra richiesta è quasi una conseguenza di questa analisi: c'è l'esigenza - a partire dall'ormai prossimo Documento di economia e finanza per il 2020 - di un percorso rigoroso per disinnescare il rischio di un aggravio del prelievo IVA per circa 52 miliardi di euro nel biennio 2020/2021. Lo si può fare rimettendo in moto investimenti e crescita e trasformando in cantieri ed opere gli oltre 100 miliardi di euro programmaticamente disponibili nel nostro bilancio pubblico per interventi infrastrutturali. Lo si può fare misurandosi sino in fondo con i nodi della spending review, della dismissione di patrimonio immobiliare pubblico e del contrasto e recupero di evasione ed elusione fiscale. Un punto è chiaro: bisogna agire subito, rafforzando così la nostra posizione nei confronti della Commissione europea che verrà dopo il voto del 26 maggio.

Confcommercio: economia, la frenata durata vent’anni

Negli ultimi vent'anni la crescita nell'Ue e nell'Unione economica e monetaria 'ha subito un costante e progressivo  rallentamento, senza variazioni significative dei divari tra  tassi medi di incremento del Pil relativi ai singoli Paesi  membri e/o alle aree'. In altre parole, le nazioni caratterizzate da dinamiche meno elevate, tendono a patire in modo costante il distacco dalle economie più vivaci. Un Paese che manifesta una strutturale differenza negativa nei  tassi di crescita è l'Italia.

E' quanto si legge nel rapporto 'L'euro compie vent'anni', stilato dall'Ufficio Studi Confcommercio e presentato in apertura del Forum di Cernobbio, dal quale emerge che nel ventennio 1999-2018 il tasso medio di crescita dell'Italia (+0,4%) è stato paria circa un quarto della media dell'Ue (+1,6%), di Francia (+1,5%) e Germania (+1,4%) e un quinto di Spagna (+2%) e Regno Unito (+1,9%). Un confronto significativo si può fare usando il Pil pro capite e i consumi trasformati in standard di potere d'acquisto (Spa): in questo caso emerge un peggioramento della posizione dell'Italia (96% rispetto alla  media Ue), con la sola Spagna (91,6%) a segnare una performance peggiore, mentre la migliore è la Germania  (123,5%). Una nota positiva per il nostro Paese è che i consumi privati hanno evidenziato una migliore tenuta negli anni della prolungata crisi. Per quanto riguarda l'occupazione, nel 2018 l'Ue contava 239 milioni di occupati, di cui 158,2 milioni nell'Uem. Rispetto al 2013, nel periodo della crisi finanziaria ed economica, quando è stato toccato  il minimo, l'occupazione nel 2018 è aumentata di 14,6 milioni nei Paesi Ue, di cui 9,3 milioni nella zona euro. 

L'Italia, con la crescita degli ultimi anni (+946.000 nel 2013-2018) ha recuperato quasi interamente il numero di occupati persi durante la crisi (circa un milione di occupati in meno), mentre Germania e Regno Unito hanno registrato un incremento dei posti di lavoro di oltre il 10% dal 2007 ad  oggi, così come tutti i Paesi del gruppo Nord-Europa (in particolare Lussemburgo, Svezia e Austria). Dal 2013 il tasso di occupazione europeo ha iniziato una lenta risalita (nel 2018 media del 73% nella fascia 20-64 anni, con un obiettivo  del 75% nel 2020), ma l'Italia è penultima con il 62,9%, seguita solo dalla Grecia con il 59,4%.Per quanto riguarda infine la stretta attualità, Confcommercio ha tagliato stime di crescita per il 2019, da +1% a +0,3%, mentre nel 2020 è atteso un aumento dello 0,5%, ma solo con l'ipotesi di totale disinnesco delle clausole di salvaguardia sull'Iva  (costo operazione stimato a 23,1 miliardi di euro). Con l'aumento dell'Iva sono attese più tasse per 382 euro a  testa e 889 euro a famiglia.







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