Milano

Fs a M5s, tra Scali e Trenord. Lega ko, Sala e Fontana preoccupati

Ecco come la Lega pare rinunci a incidere sulla politica industriale. Dopo Cdp anche Fs sta per finire al M5S. Dove è finita la questione del Nord?


di Fabio Massa

"La partita è in mano a Danilo Toninelli". Più o meno un mantra, quello che rimbalza tra Milano e Roma sulla questione Fs. Non una questione romana, ma anzi molto milanese e lombarda. Sul piatto di Milano ci sono gli scali, con gli accordi preliminari già presi tra amministrazione e Mazzoncini&Co (defenestrato il vertice - mormorano confidenti a Palazzo Marino - non potranno tagliare via tutta la linea di comando). E' facile immaginare che se l'intervento del governo andrà a fondo nella società, e dovessero cambiare troppe caselle, anche il ragionamento su Milano potrebbe complicarsi. E visto che gli scali ferroviari sono la sfida dei prossimi 10 anni, a livello urbanistico ma anche immobiliare, e visto che il Movimento 5 Stelle da sempre è contrario all'uso di nuovo suolo, a Milano si guarda con timore a un vertice pentastellato. Che - secondo i rumors - è il più probabile oggi. Giuseppe Bonomi, uomo e manager d'indubbia competenza, assolutamente stimato, non è infatti certo che vada in Fs. Anzi, i bene informati dicono di un grande attivismo che da Milano si rivolge verso Roma proprio per cercare di favorire la competenza di Bonomi rispetto alle logiche di partito. Anche perché, e qui arriva la seconda partita enorme, c'è da dividere Trenord. Avere Bonomi in Fs avrebbe garantito un passaggio indolore, e - secondo il Fatto Quotidiano - avrebbe anche potuto evitare la scissione. Scissione che comunque il comunicato odierno di Paolo Grimoldi, segretario lombardo, allontana se il ministero - come ha fatto - prometterà attenzione negli investimenti.

A questo proposito il governatore Attilio Fontana, uomo di relazioni felpate e di grande attenzione istituzionale, ha emesso un comunicato tutto volto a cercare di portare in primo piano il problema dell'attenzione agli investimenti infrastrutturali. Un'attenzione che però - stando alle priorità nelle nomine - pare abbia più il Movimento 5 Stelle della Lega, che pure per esperienza e per vocazione di amministrazione a Nord, dovrebbe stare molto attenta a queste partite. E invece, una dopo l'altra, le nomine stando andando ai pentastellati. Prima Cdp, che diventerà da banca una vera e propria Iri. Adesso Fs, con la quale si dovranno confrontare sia la Regione che il Comune. L'anno prossimo le grandi partecipate energetiche vedranno il finale dello scontro. La verità è che non si capisce se Salvini abbia in testa una politica industriale per il Paese oppure no. Se abbia tra le sue priorità le società pubbliche o solo la Rai, che desta gli appetiti di tutti. Dubbi legittimi, che gli stakeholder iniziano ad avere, considerato che le grandi commesse pubbliche passano attraverso le grandi partecipate.

La riluttanza della Lega a prendere parte alle partite che contano sul piano industriale sta addirittura inducendo qualcuno a far girare la voce che sarebbe la ricerca del "casus belli" per far fibrillare il governo. Altri pensano invece che a Salvini interessi di più la sicurezza e la comunicazione, lasciando le "grane" (leggasi: treni) ai pentastellati. Sia come sia, la partita è difficile. E dalle prossime ore si capirà molto: se la scelta sarà “interna” per Salvini sarà debacle. E si sa: il potere attira consensi. Quando non ce ne è...

fabio.massa@affaritaliani.it







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