Milano
Fuga dalla pubblica amministrazione a Milano: salari bassi e boom di dimissioni, oltre 6mila uscite in 18 mesi
E' crisi nel settore pubblico milanese: salari inadeguati, dimissioni in massa e una crescente insoddisfazione tra i lavoratori mettono a rischio i servizi essenziali
Fuga dalla pubblica amministrazione a Milano: salari bassi e boom di dimissioni, oltre 6mila uscite in 18 mesi
Negli ultimi anni, il settore pubblico a Milano sta affrontando una crisi senza precedenti, con una crescente emorragia di lavoratori che ha messo in luce le fragilità di un sistema già sotto pressione. Tra il 2022 e il 2023, il numero di dipendenti pubblici è diminuito di ben 32mila unità, con una riduzione del 15% della forza lavoro. L’esodo continua con una media di 6mila dimissioni solo nei primi sei mesi del 2024, segnando una fuga di massa che coinvolge sempre più lavoratori, soprattutto tra le nuove generazioni.
L'alto costo della vita e salari sempre più bassi: i lavoratori pubblici in difficoltà
Uno dei principali fattori che spingono i lavoratori pubblici a dimettersi è la difficoltà di arrivare alla fine del mese. Nonostante un aumento dell’8% delle retribuzioni medie nel 2023 rispetto all’anno precedente, il potere d’acquisto dei dipendenti pubblici è stato eroso dall’inflazione. La retribuzione media giornaliera nel pubblico impiego si attesta a 125 euro, un importo che non basta a coprire il costo della vita in una città come Milano, tra le più care d’Italia.
Le disparità di retribuzione: un muro invisibile per donne e giovani
Le disparità salariali all'interno del settore pubblico sono un altro problema che contribuisce alla fuga dai servizi pubblici. Le donne, che costituiscono il 64% della forza lavoro, guadagnano in media il 20% in meno rispetto agli uomini, un divario che si acuisce ulteriormente in base alla posizione e alle qualifiche. Inoltre, i giovani lavoratori, che aspirano a ruoli significativi e a una valorizzazione professionale, si vedono spesso relegati in posizioni precarie e mal remunerate. "Non basta uno stipendio: i giovani vogliono sentirsi apprezzati e riconosciuti nel loro lavoro," commenta Alberto Motta, Segretario Generale di Fp Cgil Milano.
I giovani professionisti, dunque, abbandonano un settore che non offre possibilità di crescita o soddisfazione professionale. La causa principale della fuga è legata alla scarsa partecipazione al processo decisionale e alla mancanza di valorizzazione delle competenze. "Se non vengono offerti spazi di crescita e opportunità di carriera, è difficile trattenere i talenti," aggiunge Motta.
Il Welfare Pubblico sotto attacco
La crisi del pubblico impiego non è solo un problema di salari e condizioni di lavoro, ma anche un riflesso di un più ampio attacco al welfare pubblico. Le risorse destinate al settore pubblico sono infatti in continuo calo. Nel 2023, i fondi statali per il pubblico impiego sono diminuiti del 11%, passando da 7,1 miliardi di euro nel 2022 a 6,3 miliardi. A questo si aggiunge l’aumento del costo degli immobili, che rende ancora più difficile l’accesso a case a prezzi accessibili per i lavoratori pubblici.
In risposta a questa situazione, la Cgil ha proposto l’istituzione di un fondo pubblico per la cooperazione a proprietà indivisa, con l’obiettivo di facilitare la costruzione di abitazioni a prezzi calmierati per chi lavora nel settore pubblico.
Verso lo sciopero del 29 novembre: le richieste del Settore Pubblico
Le ragioni della protesta che culminerà con lo sciopero generale del 29 novembre sono chiare e dirette: i lavoratori del pubblico impiego chiedono aumenti salariali in linea con l’inflazione, maggiore valorizzazione delle competenze e un rilancio del welfare pubblico. “È il momento di invertire la rotta e ripensare un modello economico che metta al centro i diritti e la dignità dei lavoratori,” conclude Luca Stanzione, Segretario Generale della Cgil Milano. La speranza è quella di avviare una riflessione collettiva che possa portare a un sistema più equilibrato e giusto per chi lavora ogni giorno al servizio della comunità.
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