Milano
Gioielliere ucciso nel 2013: lo Stato indennizza il figlio con 50mila euro
Il figlio di Giovanni Veronesi, ucciso a Milano nel 2013, risarcito dallo Stato con 50mila euro: "Ma lo Stato dovrebbe offrire molto più aiuto"
Gioielliere ucciso dieci anni fa: lo Stato indennizza il figlio con soli 50mila euro
Il figlio del gioielliere ucciso dieci anni fa ha ricevuto dallo Stato un indennizzo da 50mila euro. Una cifra ritenuta inadeguata da Giorgio Veronesi, che ha espresso il suo rammarico nei confronti dello Stato che "dovrebbe offire molto, molto più aiuto". Parlando al Tg3, il figlio di Giovanni Veronesi ha spiegato che per lui "è stato lungo, faticoso, rivivere quello che è successo dieci anni fa: per me è sempre un trauma". "Questo indennizzo di 50mila euro lo trovo inadeguato, chi è stato condannato ha avuto una condanna a mio parere lieve, l'ergastolo in primo grado, ridotti a 30 anni - racconta -. Quest'uomo ha rubato mille oggetti che erano 30 anni di lavoro di mio padre". "Io sto pensando alle persone che hanno subito reati come quelli che ho subito io e che non hanno una sicurezza economica, la famiglia non ha più un reddito fisso, ha dovuto vendere l'attività. Dallo Stato dovrebbe avere molto, molto più aiuto", ha concluso. Il suoi legali Claudio Defilippi e Gianna Sammicheli stanno già pensando al ricorso in appello e alle Corti europee.
L'omicidio del gioielliere in Brera nel marzo 2013
Giovanni Veronesi fu ucciso il 21 marzo 2013 nel corso di una rapina nella centralissima via dell'Orso a Milano, colpito 42 volte con un cacciavite. L'imputato, Ivan Gallo, è stato condannato all'ergastolo e poi a 30 anni. L'omicida del gioielliere, ricostruisce Ansa, era un tecnico che era stato da poco licenziato dall'azienda che si occupava anche dell'impianto di videosorveglianza della gioielleria di Veronesi, nel quartiere Brera, e fu fermato dai carabinieri in Spagna dopo una fuga durata cinque giorni. Per il giudice che lo condannò all'ergastolo in primo grado, ''prima di essere catturato dalle Forze dell'ordine", l'uomo passò "le serate piacevolmente assumendo sostanze stupefacenti e dedicandosi ad attivita' ludiche'', addirittura facendo ''progetti per il suo futuro''.
Gallo si era "mostrato totalmente insensibile all'orrendo omicidio commesso'', dimostrando "assoluta indifferenza rispetto ai gravi delitti commessi". Il movente era la rapina "con il desiderio di racimolare il denaro necessario a recarsi in Spagna in visita alla figlia''. Arrivato a Marbella, però, non si era "dedicato solo alla figlia - aveva scritto il giudice nelle motivazioni -. Un suo amico che vive lì ha riferito ad un comune amico che la sera in cui era arrivato era stato visto al porto 'tutto fatto' e mentre 'giocava a freccette con un altro tossicone'''.