Milano
Guerra dei dazi con gli Usa? Aice: "Imprese colpite dall’incertezza"
Riccardo Garosci, presidente Aice e vicepresidente Confcommercio e Confcommercio MiLoMB per l’internazionalizzazione: "Il protezionismo non giova a nessuno"
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Guerra dei dazi con gli Usa? Aice: "Imprese colpite dall’incertezza"
La “guerra dei dazi” tra Stati Uniti ed Unione Europea avrebbe importanti ripercussioni sul sistema delle imprese del terziario, ma ancora più preoccupante in questa fase è la situazione di incertezza legata agli annunci e alla minaccia dei dazi stessi: le imprese, per pianificare forniture e consegne e, quindi, gestire la propria catena del valore, hanno bisogno di condizioni stabili nel tempo.
Lo rileva Aice, l’Associazione Italiana Commercio Estero Confcommercio, alla luce degli ultimi dati sull’interscambio e il sentiment emerso dall’indagine di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza che ha coinvolto oltre 400 imprese. Nel 2024, come ha certificato l’Istat, l’export italiano ha registrato un lieve calo in valore (-0,4%) con dinamiche contrapposte (-1,9% export verso UE, + 1,2% export verso extra UE): un dato che sarebbe stato positivo (+0,3%) al netto dei prodotti energetici. In questo contesto, diminuisce l’export verso i due mercati principali per il Made in Italy: Germania e Stati Uniti (per entrambi i Paesi -3,7%).
II valore dell’export negli USA: circa 65 miliardi nel 2024, ma meno del 2023
Nel 2024 il valore dell’export italiano negli Stati Uniti (dato ancora provvisorio) è stato di circa 65 miliardi, in calo del 3,7% rispetto al 2023. Gli USA sono al secondo posto dopo la Germania, e prima della Francia, come destinazione delle esportazioni nazionali.
Dazi Usa, il sentiment delle imprese: il caso di Milano
L’imposizione reciproca di inasprimenti doganali tra USA e UE avrebbe un’influenza negativa sulle imprese: nell’indagine condotta da Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza (dati elaborati dal Centro Studi) lo rileva l’86% di chi svolge attività di import e il 74% di chi pratica sia attività di import sia di export. In sostanza, per più di 3 imprese su 4. Gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale delle imprese che esportano dalla Città Metropolitana di Milano (dopo la Svizzera) con oltre 4 miliardi 494 milioni di euro (fra gennaio e settembre 2024).
Quali conseguenze dalla “guerra dei dazi”
La conseguenza pressoché immediata e più importante sarebbe l’aumento dei prezzi con una maggiore inflazione: con una contromisura UE di dazi del 10-15% (in risposta agli eventuali dazi americani) sui prodotti che vengono importati maggiormente dagli Usa (si tratta per lo più di prodotti importati da imprese intermediarie e non direttamente da venditori/rivenditori), le imprese importatrici assorbirebbero circa la metà di questi incrementi. L’effetto sui consumatori nel territorio di Milano, Lodi, Monza e Brianza - secondo la stima del Centro Studi di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza in raccordo con Aice - sarebbe di un probabile aumento dei prezzi del 5%.
Gli accordi di libero scambio (come Ue-Mercosur): risposta al protezionismo
Dall’indagine di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza emerge inoltre che il 56% delle imprese operanti sui mercati esteri è a conoscenza dell’esistenza degli accordi di libero scambio siglati dall’Unione Europea con Paesi terzi. Patti che prevedono l’azzeramento o la forte riduzione dei dazi in export ed import. Sono quindi giudicati uno strumento positivo per diversificare i mercati di sbocco e approvvigionamento: lo pensa il 63% delle imprese. Gli accordi di libero scambio sono, in generale, la risposta più forte che si può dare al protezionismo. Entrando in particolare nel concreto su uno degli accordi di libero scambio, il 38% delle imprese che opera sui mercati esteri conosce l’intesa UE-Mercosur (siglato dalla Commissione Europea con Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay): per le imprese rappresenta un’opportunità di crescita.
Garosci: "Il protezionismo non porta benefici a nessuno"
“I dazi all’import negli Stati Uniti non sono una novità, c’erano anche prima dell’Amministrazione Trump. Gli Usa, infatti, sono tra le cinque economie più protezionistiche al mondo, in buona compagnia di Russia, Cina, India e Brasile – spiega Riccardo Garosci, presidente di Aice e vicepresidente Confcommercio e Confcommercio MiLoMB per l’internazionalizzazione - E non parliamo solo di barriere tariffarie, ma anche di ostacoli non tariffari che, molto spesso, pesano sull’esportazione di un prodotto più dei dazi. Basti pensare alle difficoltà burocratiche che si devono affrontare per vendere prodotti agroalimentari. Ciò che in questa fase è più preoccupante è la costante situazione di incertezza che gli annunci minacciosi d’Oltreoceano hanno sulle imprese”.
“L’introduzione di dazi indiscriminati su tutti i prodotti e verso tutti i Paesi avrebbe comunque come effetto certo – rileva Garosci - l'aumento dell'inflazione anche per il consumatore americano. E’ importante che le nostre imprese monitorino anche l’introduzione di dazi tra i vari Paesi anche se non riguardano direttamente l’Europa o l’Italia. L’introduzione di dazi per il Messico o il Canada, ad esempio, colpirebbe le aziende italiane che hanno produzioni in quei Paesi o che forniscono di beni intermedi aziende localizzate in quei Paesi per essere vicine al mercato statunitense. Ed è bene ragionare con attenzione anche su un ulteriore aspetto: oltre ai comparti principali del Made in Italy, dazi imposti ad altri settori che vedono le imprese italiane parte della catena del valore, possono provocare danni alla nostra economia”. “Insomma – conclude Garosci - il protezionismo non porta benefici a nessuno”.