Milano
Guidesi (Lombardia): "L'Europa riparta dai territori che producono"
L'assessore Guidesi a Bruxelles con le aziende lombarde: "Se l'Europa vuole continuare ad essere competiva, ascolti i territori che producono". L'intervista
Guidesi (Lombardia): "L'Europa riparta dai territori che producono"
"L'Europa, se vuole continuare a essere competitiva, deve ascoltare i territorio che producono". Parte da questa premessa l'assessore regionale allo Sviluppo Economico Guido Guidesi che ieri è volato a Bruxelles con le aziende lombarde. "Vogliamo porci come interlocutori diretti della prossima commissione europea, affinché eviti gli errori fatti da quella attuale" spiega Guidesi in un'intervista ad Affaritaliani.it Milano. Un'Europa diversa e "meno ideologica" che fin qui "ha parlato con troppe voci" secondo l'assessore, che attacca l'ex commissario europeo per il clima e del Green Deal europeo Frans Timmermans: "C'è qualcuno che pensa che tutta Europa sia come il suo giardino in Olanda... ma non è cosi”. Ma criticare l'Ue secondo Guidesi non vuol dire essere euroscettici: "Sono un leghista e sono anche europeista. Ma non si può giustificare l'ingiustificabile. Chi mette a rischio il futuro dell'Europa è chi pensa che in questi anni non si è sbagliato niente".
Guidesi, perché ha portato le imprese lombarde a Bruxelles?
Da un lato per rafforzare il protagonismo della Lombardia in Europa. Dall'altro perché ci sembrava giusto lanciare un messaggio in questo momento di transizione da una legislatura all'altra. Per questo abbiamo deciso di convocare qui il tavolo della competitività portando a Bruxelles le associazioni di categoria del mondo economico lombardo. L'Europa deve ascoltare le proposte di chi contribuisce al pil del continente. E poi vogliamo farci trovare pronti dalla prossima commissione europea.
Cosa non ha funzionato in questi anni?
Intanto è stato sbagliato omologare la strada per raggiungere certi obiettivi. Non ci può essere un'unica via. La mancanza di neutralità tecnologica e di libertà di azione compromette l'innovazione e la capacità di tutto l'ecosistema economico di offrire possibilità alle nuove generazioni. Il caso dell'automotive, sul quale abbiamo fatto una battaglia che va avanti da due anni, è emblematico: soltanto adesso si stanno rendendo conto del regalo che è stato fatto ai cinesi sull'elettrico per pura ideologica. E poi non va bene incidere troppo a livello regolatorio e dal punto di vista burocratico.
Sbaglia l'Unione europea a slegare la transizione ecologica dalla politica industriale?
L'anno scorso il 34% dei nuovi occupati in Lombardia è finito a lavorare nei 'green job', segnale chiaro che noi la transizione la stiamo già facendo. Tutta la pianificazione industriale del commissario Thierry Breton è stata resa inefficace dall'ideologismo di Timmermans. L'agricoltura è un esempio lampante: come si fa a dire a un intero comportato che per raggiungere la sostenibilità ambientale bisogna non coltivare i campi, e quindi non lavorare, per metterli a verde? Davanti a paradossi come questi le persone reagiscono. E noi abbiamo pagato tanto questo contradditorio interno alla commissione. Abbiamo avuto commissari che dicevano una cosa e altri che dicevano il contrario.
Col posizionamento della Lega alle europee non si rischia di restare fuori dalle stanze dove vengono prese le decisioni?
Io sono leghista, sono un europeista e presto servizio nel fare l'assessore allo sviluppo di Regione Lombardia. Se voglio essere utile alle imprese lombarde devo cercarmi di muovere dove si muovono le imprese lombarde. Credo che sbaglia chi pensa che le critiche, anche quelle più feroci che ci cono state alla commissione europea, siano un attentato all'Europa. Chi attenta al futuro dell'Europa è chi è convinto che la commissione non abbia sbagliato niente in questi anni. Sono loro quelli che rischiano di rompere il sogno europeo, non la Lega. Ci sono persone che stimo che continuano a giustificare l'ingiustificabile. Noi continueremo a fare in modo che il sistema lombardo parli con una sola voce e cercheremo di creare alleanze e lobby istituzionali con gli altri territori manifatturieri come il nostro. Chiediamo semplicemente all'Europa di ascoltarci.
Cosa manca alle nostre aziende rispetto a quelle dei competitor europei?
Il vero gap sta nel sostegno alle imprese. Noi riusciamo a dare un sostegno limitato rispetto alle risorse che abbiamo che dipendono da trasferimenti statali. I land tedeschi, ma anche la Catalogna o altre Regioni spagnole, riescono ad avere più fondi e hanno maggiori poteri decisionali. L'autonomia non è un discorso politico o ideologico ma una necessità economica. Se potessimo partire dagli stessi blocchi di partenza dei nostri competitor chissà dove saremmo oggi. Se non verremo messi nelle stesse condizioni degli altri nel contesto europeo il rischio è che la Lombardia in futuro non sia più in grado di continuare a trainare il Paese, anche a vantaggio delle altre Regioni.