I Hate Milano
Breve storia triste del virus. Tre ribaltoni e non sentirli
I frutti del virus della strumentalizzazione politica giungono a piena maturazione: i contagi sono, in proporzione, cinque volte superiori a quelli cinesi
Breve storia triste del virus. Tre ribaltoni e non sentirli
"Accoronati", la nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza
A futura memoria, è bene ricostruire dall’inizio la catena epidemiologica del virus che ci ha messo in ginocchio.
Non si tratta del coronavirus: per quello prima o poi si troverà il vaccino. Si tratta di un virus ancora più temibile, da cui purtroppo nessuno riuscirà mai a liberarci: il virus della strumentalizzazione politica, il vero responsabile della situazione di emergenza attuale, un vero e proprio unicum a livello mondiale.
Nel momento in cui, in attesa dello tsunami, lacchè e giornalisti a-la-carte hanno già fatto partire la corsa al “nessuno avrebbe potuto prevederlo”, è bene mettere in fila i fatti in modo ordinato, per ricordarci meglio dopo che cosa accadde, esattamente, in Italia, nell’anno di grazia 2020.
Il 25 gennaio arriva la notizia che Wuhan è entrata in quarantena a causa di un virus dal nome bizzarro.
Invece di sentire cosa dice la scienza – che peraltro ha ben poche certezze da offrire - politica e media italiani vedono un’occasione da non perdere per alimentare il consueto derby tra Ultras Identitari e Uomini Buonissimi.
Del merito a nessuno frega niente: l’importante è dividersi secondo gli schemi canonici. La Lega, ovviamente, sposa da subito la linea della chiusura totale verso la Cina, con la Meloni dietro a picchiare ancora più duro per non farsi scavalcare.
Questo polarizza della parte opposta, e così abbiamo le foto con gli involtini primavera a Chinatown, le idiozie retoriche sulla scuola come “luogo inclusivo” che mai potrebbe mettere in quarantena i poveri bimbi cinesi, i meme simpatici, eccetera eccetera. Per qualche settimana si vivacchia: il corona virus è un terreno di scontro come un altro per farsi propaganda.
Poi però l’emergenza nel mondo diventa più robusta, l’OMS cerca disperatamente di far capire che si tratta di una cosa seria. Conte, nello strettissimo spazio che ha di manovra per non “cedere” a Salvini ma nello stesso tempo non offendere gli alleati del PD, approva la misura più inutile di tutti: il blocco dei voli diretti.
Tutti sanno che si tratta di una misura inutile, che basta fare scalo e il problema è risolto: ma il fine del provvedimento non è mica risolvere il problema. Il fine è puramente propagandistico: si può andare in TV a dire di aver usato il pugno di ferro per strizzare l’occhio alla parte destra del Movimento, ma poi girarsi verso gli alleati e dirgli “tranquilli, stiamo solo scherzando”.
Rocco Casalino – Pirla in Chief del gabinetto contiano - si deve essere sentito uno statista del rango di De Gasperi.
Purtroppo per lui, venerdi 21 febbraio scoppia l’epidemia e Salvini non riesce a trattenere l’entusiasmo. Aveva avuto ragione lui, la questione era seria, e così, per due giorni, randella come un pazzo su Conte che si deve dimettere, difendiamo i confini, viva la mozzarella italiana eccetera.
La sera di martedì 25 però, con Milano costretta per la seconda sera consecutiva all’immane tragedia di rinunciare all’aperitivo, succede qualcosa di drammatico. Nella città meneghina, guri e paraguri che brulicano in città, spacciandosi come “esperti di comunicazione” senza sapere neanche come funzioni Tik Tok, si convincono che l’emergenza sia una bufala. Nella loro beata ignoranza, non capiscono che i numeri piccoli non corrispondono a un problema piccolo: tutte le scale logaritmiche all’inizio sono incredibilmente basse per poi esplodere. Nello stesso momento, davanti ai danni economici causati dai blocchi, anche qualcuno a Roma si preoccupa: e se ha ragione la Gismondi? E se Burloni è un pirla?
Basterebbe stare calmi. Basterebbe riflettere su dati oggettivi: se colpisce solo i vecchi, perché uno sportivo di 38 anni, il Paziente 1, è in fin di vita?
Se si tratta di un’influenza, perché un Paese serissimo come la Cina ha accettato di subire un tracollo economico chiudendo tutto?
Circolano tabelle, schemi, modelli matematici che illustrano il pericolo di un contagio enorme. Sono cifre estremamente serie, ma siccome – come diceva Flaiano – la situazione in Italia è sempre grave, ma mai seria, nessuno ci crede.
E così mercoledì, il Paese che per la prima volta nella sua storia stava dando una lezione di serietà al mondo, torna il solito Paese di Pulcinella.
L’ordine di scuderia è riaprire tutto, e a menare le danze sono i rappresentanti Democratici del Governo, che vedono il procurato allarme come l’occasione perfetta: ridicolizzare Salvini ma anche liberarsi di Conte, accusato di aver preso misure draconiane per difendere il popolo da uno starnuto.
Di nuovo, basterebbe aspettare. Ma ancora una volta nessuno, nell’intero arco costituzionale, ha a cura l’interesse collettivo: l’unica stella polare è la ricerca del consenso, da spendere sui social per aumentare like e cuoricini.
E così alé, vai col ribaltone!
Salvini, teorico della chiusura, si trasforma in Salvini 2 e ora dice che si deve riaprire tutto. La Meloni, con un inglese peggiore di un’arma batteriologica, fa un video in cui invita gli stranieri a continuare a venire in Italia (meno male, per loro, che non hanno capito nulla di cosa diceva, vista la pronuncia made in Garbatella).
Ed e’ qui che accade il dramma irreparabile: il Paese, la cui prima reazione, a pelle, era stata di piena collaborazione (lo dimostra il fatto che a Codogno oggi i contagi siano azzerati) tira un sospiro di sollievo e come reazione al panico sbraca completamente.
Il corona virus viene trasformato in una specie di virus Fantozzi, irriso su Instagram come la peggiore delle bufale. E questo innesca un circolo vizioso tragico, perché a loro volta politici, giornalisti e virologi a-la-carte fanno di tutto per cavalcare il sentimento popolare.
Il povero Fontana, il Governatore della Lombardia, che insieme a Gallera passa le notti in bianco, si mette la mascherina per dare il buon esempio, e viene preso a pernacchie sul giornale del Fontana Direttore che vuole #riapriretutto. Beppe Severgnini si inventa il “populismo della salute” per irridere chi si preoccupa.
La situazione e’ kafkiana: e’ la pancia della gente a guidare la classe dirigente e non il contrario.
E mentre si invita la gente a far l’aperitivo, gli ospedali iniziano ad andare sotto. Chi ha un parente medico sente racconti che fanno paura. La stampa internazionale, come la CNN, continua a trattare la questione con la massima serietà e non si capacita del contraddittorio atteggiamento italiano. Non si capisce più nulla. Flaiano torna a sorridere.
Finalmente, domenica 2 marzo, esce l’intervista sul Corriere della Sera del professor Galli, il quale – smentendo clamorosamente il Direttore dello stesso– dice testualmente: “non ho mai visto un’influenza sconvolgere il sistema sanitario della Lombardia”.
La marea cambia nuovamente. Salvini capisce che Fontana e Gallera sono gli unici ad aver capito tutto.
Alé! Nuovo ribaltone!
Il Capitano vara il Salvini 3: la situazione non è grave, come all’inizio, è disperata e che Iddio ce la mandi buona. Renzi, col solito fiuto, capisce che se il virus è grave per davvero potrà mettere in ridicolo il PD, i cui esponenti e giornalisti di riferimento, in chiave antisalviniana, hanno ridimensionato l’allarme.
Per qualche giorno, la battaglia della strumentalizzazione è pari e patta: le cifre sono interlocutorie, né alte, né basse.
Di nuovo: basterebbe studiare. Basterebbe chiedere a un gigante come Luca Ricolfi, che parla di un modello matematico, da lui calcolato, con dati terribili: e invece Ricolfi viene – come scrive Dagospia – “scotennato” sul Fatto Quotidiano, che dopo aver lodato l’iniziale approccio marziale di Conte ora ne deve lodare l’atteggiamento rilassato. (perchè l’importante è lodare Conte, ovvio, mica dare un’occhiata al modello di Ricolfi).
Arrivati a giovedì 6 la situazione diventa chiara a tutti (tranne a quel che resta di Sgarbi): gli ospedali lombardi sono al collasso.
Servirebbero misure draconiane, ma a questo punto – con il PD sotto shock, e il segretario a letto col corona virus – è Conte a rischiare.
Se prende misure troppo dure, offre il fianco a Salvini 3. E così comincia una nuova fase, quella delle ballerine, in cui Conte e Casalino, in tutù e punta di piedi, cercano passin passino di arrivare a quello che chiede Salvini 3 (che è diverso da quello che chiedeva Salvini 2 e ancora diverso da quello che voleva Salvini 1) ma in modo che la gente non se ne accorga, per non far brutta figura.
La lentezza, ovviamente, crea effetti ancora più deleteri.
Mentre la Serie A gioca e l’Europa mette la testa sotto la sabbia – salvo alzarla per fare ancora più danni - la borsa crolla, Sgarbi da i numeri, Mughini dice che chi vuole fermare il calcio è uno iettatore (no: è uno che ha studiato statistica, e prevede un contagio tra i 500 circa tesserati con fallibilità dello 0 %. E’, insomma, uno che tiene alla salute pubblica, al contrario suo).
Passano altri giorni. I frutti del virus della strumentalizzazione politica giungono a piena maturazione: i contagi sono, in proporzione, cinque volte superiori a quelli cinesi.
Non resta altro che cantare.