I Hate Milano
Coronavirus, la confusione regna sovrana. Mattarella si dia una svegliata
Il discorso di Conte? Una ripetizione di ovvietà, arcinote non solo agli stessi Senatori della Repubblica ma anche a tutti gli italiani
Coronavirus, la confusione regna sovrana. Mattarella si dia una svegliata
"Accoronati", la nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza
Ricapitoliamo i cinque punti necessari per la riapertura di cui ha parlato ieri il Premier Contecasalino nel suo discorso al Senato, affrontato con il solito piglio dell’Uomo che non ha sbagliato nulla e che non conosce autocritica, nemmeno per un istante.
I cinque punti per la riapertura sarebbero: fare i tamponi (esattamente come si dice dall’inizio dell’emergenza), tracciare i contagi grazie “alle nuove tecnologie” (la app che registra gli spostamenti, anche questa di cui si parla da oltre un mese, già realtà altrove), tenere le distanze (come si sta facendo da oltre un mese), potenziare la Sanità (e ci mancherebbe pure), creare ospedali esclusivamente dedicati a pazienti Covid (come è stato fatto in Lombardia, per esempio).
Il discorso, insomma, è stata una ripetizione di ovvietà, arcinote non solo agli stessi Senatori della Repubblica – da noi pagati per decidere e non per ascoltare l’opinione di 500 “esperti” - ma anche a qualunque italiano che, in questi giorni di quarantena, abbia messo anche solo per un secondo il naso su un sito di informazione.
Si impone allora una domanda: ma a che cosa serve il Parlamento e in generale la classe politica?
Per le decisioni bisogna attendere il parere degli “esperti”, oracoli moderni di cui non si conosce il raggio di azione, le specificità né le differenze con i già esistenti Ministeri. A livello locale, sindaci e governatori disciplinano la vita delle persone tramite una giungla di ordinanze. E adesso, nel discorso al Senato strombazzato come l’ennesimo “appuntamento storico” delle ultime settimane, ci si guarda bene dall’affrontare, nel merito, la miriade di criticità che i cinque punti sollevano, la più clamorosa delle quali riguarda sicuramente la app “Immuni” che dovrebbe tracciare i movimenti delle persone.
Prima doveva essere “quasi obbligatoria” – una definizione che è, essa stessa, un capolavoro dell’italianità più tossica. Poi il Supercommissario Fantasma Arcuri, nella sua mensile comunicazione alla famiglia preoccupata per la sua scomparsa, ha fatto sapere che o ci iscrive tutti su Immuni “o l’alternativa è il lockdown”. Poi però Conte, smentendo quindi il Fantasma, ha detto che l’iscrizione è “su base volontaria” e il mancato utilizzo della stessa non comporterà alcuna limitazione della libertà personale.
“E allora a cosa diavolo serve?” È la domanda che si è posto l’intero Paese, e che però nessun Senatore ha avuto l’ardire di chiedere direttamente al Presidente del Consiglio.
Se si decide di privilegiare la salute pubblica sulla privacy degli individui, allora l’iscrizione deve essere obbligatoria. Se invece si decide di privilegiare la privacy, allora tanti saluti alla app e che si trovi un altra soluzione, ammesso che esista.
E invece, come al solito, si sceglie di non decidere per non scontentare nessuno, mettendo in mezzo un bel numero di “esperti” così da dar loro la colpa alla bisogna e tornare ad autoassolversi su Facebook.
Purtroppo il metodo della non-decisione andava bene prima, quando ci si poteva giocare la carta della sciagura imprevedibile e c’era la paura di Salvini.
Ora le cose sono cambiate, gli altri Paesi scivolati nell’emergenza dopo di noi hanno le idee molto più chiare su come uscirne, basta vedere lo scandalo sulla riapertura delle scuole, di cui sui giornaloni non si parla, per non rischiare di essere scortesi. Non possiamo più permetterci un’azione politica basata esclusivamente sulla ricerca ossessiva e sul mantenimento malato del consenso a tutti i costi, che ci sta spingendo in una fossa ancora più profonda da quella in cui siamo e nella quale – tra l’altro – saremo in assoluta solitudine.
Se nella travagliata Storia di questo Paese c’è mai stato un momento in cui serviva un Governo di unità nazionale, questo momento è questo. Speriamo se ne renda conto anche il Presidente della Repubblica.