I Hate Milano
Coronavirus, qualche consiglio (non richiesto) ai cacciatori di bufale
Più che preoccuparsi delle fake news il coronavirus ha mostrato in modo inappellabile che il vero problema sono le news
Coronavirus, qualche consiglio (non richiesto) ai cacciatori di bufale
"Accoronati", la nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza
A Palazzo Chigi hanno creato una “task force contro le fake news”: è il caso di dire “era ora!”.
Pensando quindi di fare cosa gradita ai nuovi vigilantes dell’informazione italiana, segnaliamo un po’ di clamorose fake news che abbiamo trovato nell’ultimo mese, che certamente hanno contribuito a creare quel clima di caos e di sfiducia che la task force vuole combattere.
1) Impossibile non partire dall’editoriale “La normalità da riconquistare” di Luciano Fontana, pubblicato dal Corriere della Sera in data 29 febbraio.
Proprio oggi tra l’altro, sullo stesso giornale, c’è un’inchiesta sullo scandalo della mancata “zona rossa” nel bergamasco. In essa si racconta di come proprio il 29 febbraio la situazione negli ospedali fosse completamente fuori controllo e si accusa il sindaco Gori di aver rilanciato il video “Bergamo riparte” in quella data.
Si spera quindi che la “task force” intervenga subito contro un editoriale in cui, lo stesso giorno, si leggevano frasi come queste - “si guarisce senza problemi nell’80-90% dei casi, molto contagioso ma con tassi di mortalità bassissimo e legato spesso a patologie concomitanti, come nel caso dell’influenza” – che contribuivano in modo decisivo a diffondere la delittuosa fake news convinzione che il COVID-19 fosse una normale influenza.
2) A proposito del Corriere, c’è anche questa gigantesca fake news pubblicata il 22 febbraio e firmata dalla giornalista Giusi Fasano. Si intitola “Il paziente zero arrivato da Shangai” e sostiene che il fantomatico “paziente zero” – che sarebbe stato fondamentale individuare – fosse un tizio chiamato Donato.
Peccato che il povero Donato non fosse niente di tutto questo: anche qui, ci auguriamo che la “task force” prenda i necessari provvedimenti.
3) L’altro ieri Repubblica ha pubblicato un’inchiesta di Gad Lerner sui morti insabbiati al Pio Albergo Trivulzio. L’Albergo ha smentito le cifre date dal buon vecchio Gad, diffidando il quotidiano. Siccome si tratta di una vicenda mostruosa, la task force ha il dovere di indagare per capire se ha ragione Gad o ha ragione l’albergo, perchè l’opinione pubblica (non parliamo dei parenti degli ospiti della struttura) non può certo essere lasciata col dubbio.
Potremmo proseguire per giorni, ma sarebbe tutta fatica sprecata.
Già, perchè come è stato specificato da Palazzo Chigi la task force non ha come campo d’azione l’informazione nel suo complesso ma solo “le notizie che girano sul web”.
I Difensori del Vero, insomma, attenzionano solo i poveri sfigati, i bufalari tipo Sputnik e via dicendo - quelle robe che se ci credi è anche un po’ colpa tua – o gli audio whatsapp che diventano virali all’insaputa degli autori.
Non c’è nessuna minaccia, insomma, per i noti “professionisti dell’informazione”: loro sono liberi di continuare a spalmare approssimazione in ogni dove, affermando tutto e il contrario di tutto senza mai prendersi la responsabilità di nulla.
Evidente la ratio di un’operazione come questa, che riflette quella mentalità tutta italiana secondo cui il web non è una risorsa ma un problema, e che parte dal presupposto che quello che si trovi sul web necessiti di essere “controllato”, mentre strapagati direttori possono vergare perle di ignoranza del tutto indisturbati.
Peccato che il coronavirus abbia dimostrato l’esatto contrario: se la gente si è preoccupata e ha evitato di causare danni maggiori lo dobbiamo esclusivamente agli audio whatsapp allarmisti, diventati virali in un momento in cui i “professionisti dell’informazione” scrivevano che non c’era problema.
Più che preoccuparsi delle fake news, insomma, il coronavirus ha mostrato in modo inappellabile che il vero problema sono le news. E, soprattutto, l’impreparazione di chi le produce.
P.S. A proposito di cose trovate sul web, tuttavia, suggeriamo agli esperti della task force di occuparsi di questo articolo.
E’ un’inchiesta della CNN che racconta come non ci sia accordo, tra gli scienziati, sul fatto che l’epidemia sia scoppiata in un mercato di animali selvatici di Wuhan, e su come la stessa cosa sia stata scritta dalla rivista scientifica Lancet, una delle più famose nel mondo.
Segnaliamo, inoltre, che la CNN riporta anche l’opinione del dottor Richard Ebright della Rutgers University, secondo cui “non possiamo e non dovremmo escludere che il virus sia stato trasmesso agli umani a causa di un incidente in un laboratorio”.
Chissà che magari qualche membro della task force - tra quelli non ancora acciecati dal proprio ego – si renda conto che parlare di “verità”, mai come adesso, è una follia ancora peggiore delle fake news di Sputnik.