I Hate Milano
Coronavirus, riaprire per fasce d’età? In Italia si paralizzerebbe il Paese
Coronavirus, riaprire per fasce d’età? Buona idea, se non fosse che in Italia vige la gerontocrazia
Coronavirus, riaprire per fasce d’età? In Italia si paralizzerebbe il Paese
"Accoronati", la nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza
Una delle proposte avanzate tanto in Europa quanto negli Stati Uniti per la riapertura è la cosiddetta riapertura per fasce d’età: siccome il virus colpisce con maggiore violenza le persone più anziane, allora gli individui sotto i 50 anni non contagiati o guariti potrebbero riprendere a lavorare prima degli altri.
Sulla carta sembra ragionevole, in pratica ci sono valide ragioni per pensare si tratti di un azzardo: quello che ci interessa, tuttavia, è constatare che una proposta del genere sottolineai quanto il nostro Paese sia un’anomalia a livello planetario, e non certo a causa del corona virus.
Da noi i 20enni sono considerati infanti privi di opinione, i 30enni giovanotti che forse un giorno si faranno. E non va meglio con i 40enni, relegati, al massimo, al ruolo delle brillanti promesse.
Ricordo, tempo fa, un’intervista al direttore del giornale per cui lavoravo: aveva 39 anni, una moglie e due figli, e nell’articolo veniva definito più volte “giovane direttore”, come se si trattasse di una cosa normale. L’episodio mi colpì parecchio, perché nel frattempo lavoravo negli Stati Uniti per una società dove tutte le decisioni erano prese dall’amministratore delegato: aveva 37 anni e nessuno si sarebbe sognato di definirlo “giovane”.
Una proposta come quella delle fasce d’età, di fatto, in Italia paralizzerebbe il Paese, perché nei gangli decisivi del potere non c’è praticamente nessuno che abbia meno di 50 anni (ma trovarne uno che ne abbia meno di 60 è altrettanto complicato). Del resto, non c’è dato che fotografi meglio la realtà delle cose che quello relativo all’età media dei giornalisti: 58 anni, un record mondiale.
Un Paese di vecchi, insomma, dove comandano i vecchi e che viene raccontato da vecchi.
Non c’è da stupirsi, allora, se il quadro politico attuale varia dalle implorazioni al “cuore immacolato della Vergine Maria” a un’ipotetica manovra economica che umilia le fasce più attive e dinamiche della popolazione: come già detto, le crisi rivelano la natura dei fenomeni, e il maggior impatto che ha e che soprattutto avrà l’emergenza nel nostro Paese si spiega anche e soprattutto con il nostro essere, fondamentalmente, una gerontocrazia – per nulla illuminata.
Certo sarebbe fantastico se, come in un fantasia di Italo Calvino, domani dovessimo svegliarci e scoprire che una riapertura “per fasce d’età” fosse effettivamente entrata in vigore.
Sognare, almeno quello, siamo ancora liberi di farlo.
P.S. A proposito di gerontocrazia, segnaliamo il ritorno di Luciano Fontana, che sul Corriere verga un editoriale pasquale dal titolo “Coronavirus: cambiare passo è necessario”.
All’interno si legge “abbiamo visto... pezzi del potere pubblico nazionale e locale che non hanno capito cosa stava accadendo, hanno preso misure dannose, non hanno fatto tutto il necessario per tutelare la salute dei cittadini”.
Si tratta dello stesso Luciano Fontana che il 29 febbraio - quando pezzi del potere pubblico nazionale e locale (ovvero il Governo e la Regione Lombardia) avevano preso immediate misure d’emergenza, e mentre gli ospedali erano già sul punto di esplodere come soltanto 48 ore dopo avrebbe dichiarato sul suo giornale il professor Galli - scriveva “abbiamo avuto la sensazione di una politica impegnata a prendere le decisioni più estreme, a lanciare allarmi, a individuare precauzioni eccessive per non prendersi la responsabilità”.
I casi sono due: o il direttore è stato sostituito da qualcuno che firma al suo posto, oppure urge immediatamente fare un test.
Ma non per il coronavirus: per l’alzheimer.