I Hate Milano
Coronavirus, torna il disprezzo della vita umana dei nazisti

L'Economist si è chiesto “per quanto tempo potremo dire che una vita umana non ha prezzo?”. Davvero stiamo tornando a questo?
Coronavirus, torna il disprezzo della vita umana dei nazisti
"Accoronati", la nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza
Oggi ci sarebbero molti spunti di cui parlare. Ci sarebbe, per esempio, l’articolo della CNN sulle tensioni sociali al sud da sventolare in faccia a Travaglio, secondo cui le minacce di rivolta erano una fake news per sabotare il Conte-Casalino dalle cui labbra pende il Nostro.
Ci sarebbe la fantomatica “Regola dei 6 Secondi”, ovvero il nuovo metodo per non rischiare di infettarsi secondo il Corriere, una baggianata nuova di zecca che fa un po’ Hokuto No Ken e un po’ Mio Cuggino di Elio e le Storie Tese (“mio cuggino sa un colpo segreto che se te lo da dopo tre giorni muori”).
E ovviamente ci sarebbe anche la virologa che è stata ospite un po’ dappertutto, forse anche nel vostro tinello, che ha detto che “possiamo scordarci” che il virus scompaia in estate: visto come sono andate le altre sue previsioni, è lecito sperare in bene.
Ma oggi non ci si può non occupare dell’articolo dell’organo di stampa ufficiale del neoliberismo, il settimanale britannico “The Economist”, che si è chiesto, riprendendo il Governatore di New York Cuomo, “per quanto tempo potremo dire che una vita umana non ha prezzo?”.
Cioè: a Wuhan la quarantena che è riuscita a fermare il virus è durata otto settimane. Noi siamo chiusi in casa da quattro, l’Inghilterra da nemmeno due: eppure i giornalisti dell’Economist cominciano a fare discorsi sul prezzo della vita umana.
Fossero passati i 56 giorni di isolamento osservati dai cinesi uno potrebbe perlomeno discuterne. Ma scrivere una cosa del genere oggi, quando non siamo nemmeno a metà dell’esperienza cinese, equivale a una manifestazione di disprezzo per la vita delle persone, in particolare quelle più deboli, come non se ne vedevano da quelle osservate negli anni ’30 a Berlino.
Mi ero sempre domandato come dovesse essere vivere in Germania negli anni ’30, ovvero come fosse stato possibile che un intero popolo avesse imbracciato un’ideologia come quella nazista. Come avevano potuto, i tedeschi, aderire in modo così entusiasta a un progetto politico, sociale e culturale così inumano?
Dopo aver letto l’articolo dell’Economist le cose mi sono sembrate subito molto più chiare.
E’ ora di rendersi conto che al mondo esistono rispettabilissime persone, con alle spalle ottimi studi e vestite in maniera impeccabile, per le quali – tuttavia - la vita umana, specie dei più deboli, è un parametro da misurare e di cui, a determinate condizioni, si può anche pensare di liberarsi.
In altre parole, è ora di rendersi conto che al mondo esistono persone assai simili a quelle che comandavano a Berlino negli anni ’30: quelle che credevano nella svastica, queste nel segno più davanti all’indice del borsino finanziario di riferimento, ma la differenza tra i due gruppi sta solo nel grado, e di certo non nella sostanza.
E la cosa peggiore è che invece di essere emarginate, tipo i nazisti dell’Illinois, questi scrivono nelle redazioni dei giornali più influenti e indirizzano il dibattito politico di alcune delle democrazie più grandi della Terra.
E alla maggior parte delle persone, probabilmente, tutto questo sembra pure normale.