I Hate Milano
Elezioni: cinque cose che ho imparato. La satira di I Hate Milano
Numero uno: la rivoluzione arancione non è mai esistita
1) La Rivoluzione Arancione non è mai esistita.
Ci hanno raccontato, per cinque anni, di una città in cui era avvenuta una Rivoluzione, di un signore di professione avvocato che un giorno, ricevuta una chiamata divina, iniziò a predicare alle lontre sulle rive del Naviglio per poi mettersi alla guida di un Esercito del Bene con cui sconfisse il Male una volta per tutte.
Chi ci segue (sia qui, sia un tempo sul blog) sa bene quanto siamo stati sempre critici con questa lettura della realtà unta di retorica peggio che la pizza di Spontini. I dati dell’Istituto Cattaneo sono sempre stati chiarissimi: Pisapia nel 2011 prese meno voti del candidato di centro-sinistra del 2006 e la sua vittoria si spiegava, principalmente, con la diserzione dell’elettorato di centro-destra - che la Moratti non la poteva vedere nemmeno sui cartelloni pubblicitari in cui si travestiva da vigilessa - cui faceva da contraltare l’ottimo lavoro politico fatto in città dal Partito Democratico - dimostrato dai lusinghieri risultati in termini di preferenze raccolti da Maran, Majorino, Boeri e via dicendo.
Altro che Eroi e Rivoluzione: i numeri hanno sempre raccontato altro, ma in molti hanno fatto finta di non saperlo.
Perché? Perché faceva comodo. Intere carriere politiche (o professionali, nel caso dei sedicenti “esperti di comunicazione” che per cinque anni sono andati a rivendersi la vittoria di Pisapia in note cattedrali dell’aria fritta note come “Iulm” o “Ied”) sono nate o si sono rilanciate nel mito della Rivoluzione Arancione, e stamattina - quando arriveranno i dati relativi alle preferenze - per molti il risveglio sarà amaro. Oh, se sarà amaro.
2) Un mistero chiamato Giuliano Pisapia
Che il mito della “Rivoluzione Arancione” fosse una storiella con cui mettere a letto i bambini era quindi un fatto acclarato. Purtroppo però, invece che ai bambini, questa storiella se la sono raccontata così tanto, ma così tanto, che alla fine se ne sono convinti anche loro. E soprattutto se n’è convinto lui, Pisapia, che un anno fa - nel suo libro - scrisse “sarò ricordato come un Liberatore”. Noi scrivemmo un pezzo in cui cercavamo di spingerlo alla Ragione, ma fu inutile. Abituato ad essere trattato da giornalisti e faccendieri non come un Sindaco ma come un Papa, Giuliano Primo ha iniziato a pensare che la sua successione non dovesse essere regolata dai meccanismi della politica (ovvero quelli che ne avevano determinato l’elezione) ma da quelli del Diritto Divino.
Prima, sempre nel suo libro, il tentativo di azzoppare i candidati alle primarie, cominciando con il suo stesso assessore Majorino. Poi la sparizione dalla scena politica, per la quale si prese l’appellativo di “Comandante Schettino” da D’Alfonso, per poi rispuntare fuori a Roma dove, accompagnato da una maestrina scorbutica residente a Genova, disse a Renzi che quella maestrina - di nome “Balzani” - sarebbe stata il nuovo sindaco di Milano. In base a chi, o a che cosa, questa signora dovesse fare il sindaco a Milano, non è mai stato chiaro. Ma il bello è che poi Giuliano non si dannò nemmeno l’anima per sostenerla, lasciandola sostanzialmente sola. E quando le primarie le vinse Sala promise che, da quel momento, avrebbe lavorato “pancia a terra” per il bene del centro-sinistra, salvo poi sparire di nuovo.
Così, mentre la città rischia concretamente di tornare nelle mani delle stesse persone da cui dovremmo essere stati salvati per mano del “Liberatore”, se si guarda alla stagione Arancione di Milano, la sensazione è “triste, solitaria y final”.
Nessun erede, nessuna idea, nessun lascito. Solo tanto, tantissimo Ego le cui conseguenze rischiano di essere pagate da tutti.
3) Il Partito della Nazione? Ma ci facci il piacere.
Ma torniamo all’Istituto Cattaneo, una di quelle eccellenze italiane di cui - come tutte le eccellenze italiane - non si parla a meno che non siano robe da mangiare. Sono anni che l’Istituto mostra, in tutte le analisi, come in Italia solo due cose siano certe: che la benzina costa sempre di più e che le elezioni non le vinci rubando elettori ai tuoi avversari, ma mobilitando i tuoi. Per un motivo che ignoriamo questa verità - su cui si fondava la Prima Repubblica - è stata abbandonata nella Seconda, ed è dal 1994 che assistiamo a tentativi spericolati di scavallamenti di campo tutti finiti a ramengo.
Come si è potuto pensare che l’ex manager di Letizia Moratti potesse portare al voto i variopinti mondi “de sinistra” che gravitano a Milano - che sono vivissimi, basta andare una sera a bere al Frida per capirlo - è e rimane a giudizio di chi scrive un errore politico, che dimostra una scarsa conoscenza del famoso “territorio”.
Forse, qualcuno, avrebbe dovuto parlare al puparo di Firenze e dirgli che il canovaccio che in qualche osteria toscana o trattoria romana pareva a prova di bomba applicato alla realtà milanese era un azzardo da non correre.
Fatto sta che ora si è tutti appesi ai voti di Basilio Rizzo, uno che in cinque anni si è preso più pernacchie e torte in faccia di Paolo Villaggio nella sua intera filmografia.
Ecco, un partito che a Roma insegue Denis Verdini e a Milano ha bisogno di Basilio - che da qui al 19 giugno avrà il telefono occupato - è un partito che ha qualche serio problema al suo interno, secondo noi.
4) Il Paninaro che Milano conosce benissimo.
La Lega che sognava il sorpasso a Forza Italia prende da Forza Italia 8 punti di sutura e il Felpa di Ferro evita accuratamente di farsi vedere. Ora partiranno tutti i distinguo e le dichiarazioni del caso, ma per Matteo Salvini, che cinque anni fa prese più preferenze di De Corato (in un derby tipo Darth Vader-Voldemor) il risultato è una mazzata, perché cristallizza gli equilibri di centro-destra in città come fosse ancora il 1996, con una Forza Italia dominante e una Lega subalterna.
E questo nonostante il leader di Forza Italia voti a Roma e dorma a El Cairo, nella tomba di Tutankhamen.
Del resto, mentre a Bologna un gruppo di gente con molto poco da fare lo contesta credendolo un pericoloso lepenista, noi a Milano Salvini lo conosciamo bene. Ce lo ricordiamo prima al Leonkavallo, poi in curva nella Fossa dei Leoni, poi a gridare contro i Napoletani terremotati che col sapone non vi siete mai lavati. Un velinone da copertina di Oggi a petto nudo insomma, un moderno paninaro mano nella mano alla sfitinzia troppo giusta, con il gusto di apparire e far casino. Tanto rumore per poco.
5) Marciaindietro a Cinque Stelle
Chi scrive ha diversi amici di vecchia data che militano a vario titolo nel PD. Per anni, li ha visti scrivere nei confronti dei sostenitori del Movimento Cinque Stelle ogni genere di improperio: dai punti esclamativi che diventano 1, alle accuse di fascismo (cosa che dimostra, al massimo, scarsa conoscenza del fascismo) all’eterno ritorno dell’omicidio colposo di Grillo - che nelle versioni più concilianti viene chiamato “assassino”.
Ecco, da ieri sera, quando ancora a sinistra credevano di essere avanti, improvvisamente il M5S è diventato una forza “da rispettare”, con cui ci sono “evidenti punti di contatto”.
Suvvia. Si mantenga almeno una parvenza di dignità. La politica non sarà come l’amore - dove vince chi fugge - ma certo andare col piattino in mano non ha mai aiutato nessuno, anzi. Di solito, ha generato effetti contrari.
E in questo caso, gli effetti contrari, vogliono dire Riccardino De Corato assessore alla sicurezza fino al 2021.
Cercate di fare i bravi.
Ps menzione speciale a una rediviva Lia Quartapelle. Su Affaritaliani, ieri sera, la Parlamentare PD ha rilasciato una dichiarazione fiume sulla base di un Exit Poll, officiando il funerale del centro-destra. Benedetta fanciulla, ma tra un master all’estero e una commissione parlamentare, ancora non sai che commentare gli exit poll porta sfiga?