Gli italiani hanno rispettato la quarantena. Ma il nulla futuro ci sconforta - Affaritaliani.it

I Hate Milano

Gli italiani hanno rispettato la quarantena. Ma il nulla futuro ci sconforta

La quotidiana conferenza stampa della Protezione Civile è ormai ridotta a uno sketch dei Monthy Piton

Gli italiani hanno rispettato la quarantena. Ma il nulla futuro ci sconforta

"Accoronati", la nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza

Il problema non è mai stato il rispetto della quarantena.
Salvo una minoranza di pirla gli italiani hanno da subito dimostrato di aver capito benissimo la gravità della situazione: i cittadini di Vo e Codogno hanno rispettato le istruzioni alla lettera, e infatti hanno sconfitto il virus per primi. E tutti gli altri, da subito, si sono preoccupati eccome, se è vero che già dal primo giorno arrivavano le immagini delle persone in coda a fare la spesa (insultati da quei pirla degli intellettualoni nostrani e trattati come cavernicoli).
Il problema, semmai, è non essere stati in grado di proporre altro. Annunciare prima due settimane, poi altre due settimane, poi altre due settimane ancora senza però offrire nient’altro che quella retorica biliosa sul “ne usciremo migliori”, ha avuto un effetto alienante sulle persone che ora scontano l’alienazione psicologica non di chi è costretto in casa, ma di chi non ha la più pallida idea di che cosa sarà del proprio futuro.
Prendiamo la quotidiana conferenza stampa della Protezione Civile, ormai ridotta a uno sketch dei Monthy Piton. Ogni giorno si ripete sempre uguale, con i due burocrati che sciorinano cifre che loro stessi sanno prive di ogni valore statistico, e i giornalisti a elaborare titoli basati sul nulla.
Ieri, per esempio, il Corriere ha titolato per la milionesima volta, “Giù i contagi”: Peccato che il numero dei tamponi fosse diminuito drasticamente – in Lombardia addirittura del 52% - e quindi quel titolo e quel dato non avessero altra utilità se non quella di riempire lo spazio della home page che altrimenti resterebbe vuota.
Come si può prendere per buono il dato sui 56 nuovi contagi di Milano se a Milano hanno fatto meno tamponi e se, soprattutto, i tamponi stessi li fanno solo a chi ha la febbre alta?
Un tizio che conosco ha 37.5 di febbre, ha chiesto di fare il tampone e gli hanno buttato giù il telefono: però con 37.5, nei Paesi in cui ti prendono la temperatura per salire sui mezzi o entrare al supermercato a far la spesa, ti spediscono immediatamente a casa trattandoti come un appestato.
E allora come possiamo considerare anche solo minimamente quel dato sui 56 contagi affidabile? Come si può “immaginare il futuro” se persino uno studente ripetente delle medie capisce che quel dato è assolutamente privo di valore?
L’unica cosa che si può notare, piuttosto, è che da oltre due settimane i dati sono sempre uguali. Non calano e non salgono, e se lo fanno, lo fanno soltanto in base alle fluttuazioni del dato sui tamponi.
Questo, allora, indica che più di così il lock down di una democrazia liberale non può fare.
Come raccontato nella nostra intervista  a un ragazzo italiano che vive in Cina, la quarantena da quelle parti è stata ben diversa della nostra, con una camionetta dell’esercito ad ogni incrocio e arresto immediato, con carcere, per i trasgressori.
Quel tipo di lock down ha portato ad un azzeramento di contagi, ma visto che da noi quel modello non è evidentemente perseguibile, è ora di rendersi conto che gli italiani il loro lo hanno fatto, sono stati in casa come richiesto, ma questo non basta per vincere la battaglia contro il virus.
E allora, invece di fare titoli sui numeri dei Monthy Piton, il Paese dovrebbe unirsi nel chiedere quelle maledette strategie su cui ogni altra nazione occidentale è ormai molto più avanti di noi, dal tracciamento digitale dei contagi ai tamponi a tutta la popolazione per arrivare a sapere, finalmente, il numero reale dei contagiati e non quello rivelato ogni sera dai due portinai della Protezione Civile.
Peccato che questo non accada perchè le domande non le fa nessuno (basta vedere questo video sul question time di Trump incalzato da una giornalista CNN per capire che cosa sia il giornalismo e che cosa sia quel surrogato che abbiamo noi) e le conferenze stampa si risolvono in spottoni acchiappalike su cui i citrulli di Instagram ci ricavano i loro meme idioti. 
E così si continua a parlare di assurdità tipo “tenere le distanze di sicurezza sui mezzi pubblici” - roba che può scriverla e pensarla soltanto qualcuno che non abbia preso un mezzo pubblico in Italia in vita sua – o ci si trincea di nuovo dietro la retorica pelosa e insopportabile tipo “riapriamo le librerie perchè i libri sono vita” quando perfino molti librai non hanno riaperto, sia perchè impossibilitati a rispettare le norme sia perchè tanto, in questo momento, non sarebbe nemmeno conveniente da un punto di vista economico.
E nell’incredulità generale si sviluppa anche una surreale discussione sulla ripresa del campionato di calcio a fine maggio, e si pone la questione su quale sia il numero di tamponi adeguato da far arrivare ai club di Serie A, nello stesso momento in cui gli stessi tamponi mancano nelle RSA, negli ospedali, nei pronto soccorso, ovunque.
Di questo passo non ne usciremo mai.