I Hate Milano
Il coronavirus ha sepolto definitivamente il liberismo senza regole
Tra finanza ed economia non c’è più ufficialmente alcun collegamento e si tratta di due pianeti separati all’interno dei quali si obbedisce a regole diverse
Il coronavirus ha sepolto definitivamente il liberismo senza regole
"Accoronati", la nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza
Negli Stati Uniti, l’indice dow jones – dopo essere precipitato a marzo – è risalito costantemente, ed è al momento sui livelli del gennaio 2019: oltre 24 mila punti, una cifra comunque altissima se si pensa che all’inizio della Presidenza Trump lo stesso indice viaggiava stabile sui 17-18 mila.
Sta accadendo insomma quello che a prima vista sembra un paradosso: da un lato ci sono milioni di disoccupati e crolli del PIL che fanno paura; dall’altra il listino più importante del mondo procede in rialzo come se nulla fosse.
Questa apparente contraddizione rivela due fenomeni di portata storica.
Il primo è che tra finanza ed economia non c’è più ufficialmente alcun collegamento e si tratta di due pianeti separati all’interno dei quali si obbedisce a regole diverse. Ne consegue che qualunque politico che utilizzerà, in futuro, la borsa come argomento elettorale, che cerchi insomma di costruire il proprio consenso anche sulla base delle performance dei mercati, mentirà sapendo di mentire, dal momento che i vantaggi pratici per il 99% dei cittadini derivanti dalle grandi performance dei listini sono nulli.
Il secondo è che il sistema capitalista, nel secondo decennio del ventunesimo secolo, è stato salvato dal comunismo - o se preferite, perché la parola vi fa paura, da una serie di misure stataliste che nemmeno Sanders e Corbyn messi insieme avrebbero avuto il coraggio di immaginare.
Gli Stati Uniti hanno iniettato nel sistema una quantità gigantesca di denaro, 2.2 trilioni di dollari, che probabilmente crescerà ancora. Il leader politico più liberista del mondo, Macron, annuncia che non si farà problemi a nazionalizzare temporaneamente interi settori economici (la stessa cosa, per intenderci, che accadeva nei Paesi del blocco Sovietico) per non farli fallire. E i Paesi che soffrono, come quelli del sud Europa, sono proprio quelli che misure simili non se le possono permettere, perché altrimenti le avrebbero già approvate: e in ogni caso, l’unico motivo per cui i nostri titoli di Stato non sono ancora stati retrocessi a spazzatura è solo perché la BCE ha iniziato ad acquistarli in massa, come durante la crisi dello spread.
Lo Stato, insomma, ha salvato i mercati, gli stessi mercati che per decenni hanno chiesto l’abolizione di ogni intervento dello Stato.
Va da se che nel mondo post coronavirus risulterà assai difficile immaginare quel liberismo senza regole che abbiamo conosciuto dagli anni ’80 in poi. Gli stessi paradisi fiscali “light” tipo l’Olanda o l’Irlanda, che permettono alle multinazionali di evadere le tasse, creando ammanchi di denaro pubblico che si traducono in meno posti letto in ospedale, molto probabilmente saranno finalmente abbattuti e si ritornerà a un sistema più equo: quel sistema che ricorda bene chi, nel 2001, era in piazza al G8 di Genova a protestare contro la globalizzazione senza regole, e veniva inseguito dalla polizia come fosse un terrorista.
Lo ha detto con sintesi perfetta Romano Prodi: in futuro dovrà esserci più politica in Europa e più Stato nell’economia, perché come si è visto basta che un tizio in un mercato cinese mangi un pipistrello (ammesso che sia andata così, ma cambia poco) perché il sistema liberista senza rete di salvataggio statale si sciolga come neve al sole, nel giro di un paio di settimane. Che ridere allora, e che beffa, per quei liberisti in maniche di camicia che, piano piano, hanno infestato la politica fino a corromperla, attraverso la menzogna dello “Stato azienda” da gestire esclusivamente con la logica del profitto. La cosa importante saraà sbarazzarsi anche di loro.
P.S. Questo scenario generale, declinato in salsa locale, spazza via quella retorica sul “Secolo delle Città” e altre castronerie assortite che abbiamo dovuto sorbirci in questi anni, quelle panzane che un tempo – quando le diceva Bossi – facevano orrore tra le persone per bene e che invece oggi, ripitturate dalle mani sapienti del marketing e delle agenzie di comunicazione, sono diventate mainstream.
La crisi economica ha mostrato, senza appello, come nemmeno le Regioni siano in grado di occuparsi autonomamente di Sanità, e come nemmeno gli Stati nazionali riescano a rimanere competitivi sullo scenario economico mondiale a meno che non abbiano alle spalle dei giganti come la FED o la BCE.
Se qualcuno, in futuro, parlerà ancora di “Secolo delle città” bisognerà chiamare immediatamente la neurodeliri.